Sentenza n. 535 del 1989

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SENTENZA N.535

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), convertito in legge 26 aprile 1989, n. 155 promossi con ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana, notificati il 31 marzo e il 27 maggio 1989, depositati in cancelleria l'11 aprile e il 2 giugno 1989 ed iscritti ai nn. 23, 25, 42 e 43 del registro ricorsi 1989.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 1989 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

uditi l'avv. Alberto Predieri per le Regioni Emilia-Romagna e Toscana e l'avv. dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. -I ricorsi concernono identica questione; i giudizi vanno riuniti, pertanto, per formare oggetto di un'unica pronuncia.

2.1 - Con l'art. 5 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, recante disposizioni in materia di finanza pubblica e convertito, senza modificazioni sul punto, nella legge 26 aprile 1989, n. 155, venne stabilito - limitatamente all'anno 1989-l'individuazione da parte del C.I.P.E. delle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, per le quali é consentito alle amministrazioni e agli enti pubblici, e nel limite del 50 per cento delle somme autorizzate, stipulare contratti o assumere impegni a carico di esercizi futuri.

2.2-Col successivo art. 6, quanto alle spese correnti resto, invece, determinato che nel primo semestre di ciascun esercizio possono essere assunti dalle amministrazioni e dagli enti del settore pubblico allargato impegni in misura non superiore al 50 per cento del relativo stanziamento.

2.3-Le ricorrenti si dolgono di una presunta lesione, in conseguenza, della loro autonomia finanziaria: le disposizioni impugnate, infatti, violerebbero, oltre all'art. 81 Cost., indicato come genericamente compresso in uno alle regole poste dalle leggi di contabilità pubblica, direttamente i principi (artt. 117, 118, 119) a garanzia dell'autonomia regionale.

3.1 - Giova puntualizzare al proposito che la normativa tende, nel quadro di una manovra generale, al solo e limitato scopo di adeguare il volume della massa spendibile alle effettive capacita di rendere operanti, in termini di concreta attuazione, le spese medesime: manovra questa d'evidente ordine gestionale, volta cioé a regolare, nel quadro delle procedure di erogazione, i flussi della spesa, col proposito di evitare, per quanto possibile, ristagni e conseguenti appesantimenti d'ordine contabile.

Giova ancora precisare, per quanto attiene all'impugnato art. 5, concernente interventi statali di finanziamento di settore, che la logica del limite imposto per il 1989, si colloca, proprio nel quadro della contabilità pubblica, in evidente raccordo con le nuove norme in materia di bilancio e di contabilità dello Stato (legge 23 agosto 1988, n. 362), segnatamente in ordine alle leggi di spesa pluriennale, ivi previste.

Tuttavia, ancorché gli enti di cui trattasi possano restarne coinvolti, i connotati della delineata norma non intaccano né le scelte, né la destinazione delle risorse, determinate a monte della complessiva regolamentazione contabile qui indicata.

3.2 - Per quel che attiene, poi, alle regole per la spesa corrente (art. 6) vale ricordare, ribadendo quanto sin qui osservato, come la Corte abbia già avuto modo di considerare la non censurabilità di normative le quali, senza porre vincoli d'ordine sostanziale, abbiano a disciplinare solo le relative erogazioni.

3.3-Conclusivamente, le norme sospettate di illegittimità non risultano aver inciso, per la loro circoscritta origine e puntuale finalità qui descritte, sull'autonomia finanziaria regionale, determinata secondo i relativi principi di garanzia costituzionale.

E' il caso comunque di ricordare che con recente disegno di legge (Atto Senato n. 1894 del 30 settembre 1989) si intenderebbe provvedere, tra l'altro, all'allentamento dei vincoli settoriali imposti ai flussi di spesa regionale, nel senso di volersi evitare, nell'esercizio di manovre di <contenimento della spesa statale>, aspetti <differenziati tra i diversi livelli>.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1989, n. 155, sollevata-in relazione agli artt. 81, 117, 118 e 119 Cost. - dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana con i ricorsi in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30/11/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 11/12/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE