Ordinanza n. 520 del 1989

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ORDINANZA N.520

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati) e dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in relazione all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308, ed all'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345, cosi come interpretati dall'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, promossi con tre ordinanze emesse il 14 dicembre 1988 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, iscritte rispettivamente ai nn. 300, 301 e 302 del registro ordinanze 1989 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 1989 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che nel corso di alcuni giudizi in cui gli appellanti, già magistrati ordinari, avevano ricorso avverso il mancato riconoscimento, da parte delle sentenze di primo grado, del loro diritto a percepire una serie di emolumenti, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con tre ordinanze d'identico contenuto emesse in data 14 dicembre 1988, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, in riferimento agli artt. 24, 102 e 103 della Costituzione; b) dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97, in relazione all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed all'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (cosi come interpretati dall'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425), nonché, per quanto di ragione del medesimo art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione;

che il giudice a quo rileva come il legislatore abbia imposto una soluzione contraria alle pronunce giurisdizionali sino a quel momento intervenute, rilevando inoltre che i ricorrenti, in quanto cessati dal servizio anteriormente al 1° gennaio 1983, hanno subito soltanto gli effetti sfavorevoli e non anche quelli positivi della legge 6 agosto 1984, n. 425;

che il giudice rimettente, nel segnalare l'irrazionalità insita nella differenziazione di trattamento tra le varie categorie di magistrati e, nel richiamare analoghe ordinanze di rimessione del Consiglio di Stato sollecita il riesame, da parte di questa Corte, delle questioni già dichiarate infondate con la sentenza n. 413 del 1988;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, il quale ha chiesto la declaratoria d'infondatezza.

Considerato che i giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica ordinanza;

che questa Corte, con la sentenza n. 413 del 1988, ha già dichiarato l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, escludendo, in particolare, la lesione degli artt. 24, 102 e 103 della Costituzione sulla base della ratio della norma impugnata, la quale, oltre ad eliminare incertezze interpretative, é volta a costituire <l'indispensabile presupposto logico e organizzatorio della ristrutturazione del trattamento economico per tutte le categorie dei magistrati>;

che tale principio é stato altresì ribadito nelle ordinanze n. 1047 del 1988, n. 48 del 1989 e, soprattutto, n. 1083 del 1988;

che in quest'ultima decisione la Corte ha dichiarato manifestamente infondata anche la questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 9, secondo comma, della legge n. 97 del 1979, sollevata dal Consiglio di Stato con le ordinanze richiamate dal giudice a quo;

che tale conclusione é stata raggiunta in quanto nel complesso della normativa si é ravvisato l'esercizio di discrezionalità legislativa finalizzata alla realizzazione del principio di eguaglianza o di ragionevolezza;

che il rimettente Consiglio non prospetta argomenti ulteriori o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, limitandosi in sostanza a richiedere un riesame delle suddette affermazioni; che le questioni sono pertanto manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati), sollevata, in riferimento agli artt. 24, 102 e 103 della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con le ordinanze di cui in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in relazione all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed all'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (cosi come interpretati dall'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425), nonché, <per quanto di ragione>, del medesimo art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con le ordinanze di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/11/89.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 30/11/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE