Ordinanza n. 477 del 1989

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ORDINANZA N.477

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), che ha modificato la legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promossi con due ordinanze emesse il 17 ottobre 1988 e il 7 novembre 1988 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nei procedimenti di sorveglianza relativi a La Fleur Rosina e Ferraro Carlo, iscritte ai nn. 98 e 99 del registro ordinanze 1989 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 luglio 1989 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, con due ordinanze del 17 ottobre 1988 e del 7 novembre 1988, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nel testo modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, <nella parte in cui consente ai condannati che siano stati ristretti in stato di custodia cautela re (e che abbiano goduto un periodo di libertà serbando comportamento tale da consentire un giudizio positivo circa l'affidamento in prova al servizio sociale) di essere affidati al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare senza il previo inizio di esecuzione della sentenza di condanna>;

che il giudice a quo <intende denunciare l'ingiustificato privilegio introdotto a favore dei condannati a pena detentiva sino a tre anni che, avendo sofferto un periodo di custodia cautelare, possono accedere all'affidamento in prova al servizio sociale senza rientrare in carcere>;

e che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, riportandosi all'atto difensivo prodotto nel giudizio instaurato dallo stesso Tribunale con ordinanza del 18 maggio 1987 e definito da questa Corte con ordinanza di manifesta inammissibilità n. 1091 del 1988.

Considerato che i giudizi riguardano identiche questioni e vanno, pertanto, riuniti;

che, quanto alla dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, la diversa posizione dei condannati già assoggettati a custodia cautelare rispetto a quella dei condannati rimasti sempre in libertà durante il processo di cognizione vale ad escludere che sia palesemente irrazionale (e, quindi, fonte di <ingiustificato privilegio>) la previsione di una disciplina diversificata che ammette solo gli uni e non anche gli altri all'affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione in istituto, misura che, ai sensi dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, quale modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, richiede, appunto, la precedente privazione - sia pure a diverso titolo -della libertà personale, dovendo il tribunale di sorveglianza verificare se il condannato abbia successivamente tenuto durante il periodo di libertà un comportamento positivo tale <da consentire il giudizio di cui al precedente comma 2>;

e che risulta rispettato anche il precetto dell'art. 27 della Costituzione, in quanto la finalità rieducativa della pena potrebbe, invece, essere ostacolata proprio da una nuova sottoposizione al regime carcerario del condannato già in custodia cautelare.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), quale modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Torino con due ordinanze del 17 ottobre 1988 e del 7 novembre 1988.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 31/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE