Ordinanza n. 463 del 1989

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ORDINANZA N.463

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 556, 564, secondo comma e 751 del codice civile, promosso con l'ordinanza emessa il 9 maggio 1985 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel procedimento civile vertente tra Gaglione Margherita e Gaglione Giuseppe ed altri, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 aprile 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio di riduzione per lesione di legittima, nel quale il coerede convenuto ha chiesto la rivalutazione di una somma di danaro donata dal de cuius all'attore senza dispensa dall'imputazione, il Tribunale di S.

Maria Capua Vetere ha sollevato questione di legittimità costituzionale <degli artt. 556, 564, secondo comma, cod. civ., nelle parti in cui richiamano l'art. 751, e dello stesso art. 751, in riferimento all'art. 3 della Costituzione>;

che il giudice remittente ritiene irrazionale l'applicazione del principio nominalistico in materia di riunione fittizia e di imputazione del danaro donato, ai fini del calcolo della legittima, oppure di collazione ereditaria, considerato che <il bene donato non viene in considerazione come mezzo di adempimento di una obbligazione, ma come rappresentativo di una parte del patrimonio ereditario>, attribuita al donatario a titolo di anticipo sulla quota ereditaria spettantegli, di guisa che la donazione di danaro, come ogni altra donazione, non può sottrarsi a valutazione alla stregua del valore di corso della specie monetaria donata al momento dell'apertura della successione;

che nel giudizio davanti alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, perchè, come ha già rilevato la sentenza n. 230 del 1985 pronunziando sulla medesima questione, si chiede alla Corte una sentenza additiva non rientrante nei suoi poteri istituzionali in quanto postula una scelta tra varie possibilità di modificazione della norma impugnata; é comunque infondata, perchè <tra i beni mobili e immobili e il bene moneta non esiste alcuna omogeneità>.

Considerato che, non essendo ipotizzabile una soluzione rigida, che nell'art. 751 cod. civ. sostituisca incondizionatamente il principio valoristico al principio nominalistico, la sollevata questione non può essere interpretata se non nel senso che viene chiesta alla Corte una sentenza modulatrice della normativa di cui é causa mediante l'inserimento della previsione di certe condizioni di fatto in presenza delle quali non troverebbe applicazione il principio nominalistico;

che inoltre una simile previsione comporterebbe, nella parte dispositiva, l'ulteriore scelta tra due possibili criteri di commisurazione del valore da imputare, l'uno riferito alla somma rivalutata secondo gli indici di deprezzamento della moneta, l'altro riferito al valore di mercato, al momento dell'aperta successione, dei beni in cui la somma é stata investita;

che tali scelte tra varie soluzioni astrattamente possibili, le quali coinvolgono valutazioni non solo di equità, ma anche di politica monetaria dello Stato, esulano dai poteri istituzionali di questa Corte, essendo riservate al legislatore.

Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 556, 564, secondo comma, e 751 del codice civile, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 27/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE