Sentenza n. 459 del 1989

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SENTENZA N.459

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3, 4, 6, quinto e sesto comma, 7, primo e secondo comma, e 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, recante: <Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonchè modificazioni di alcune norme del testo unico sulla circolazione stradale, aggiornato con d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393>, promossi con ricorsi della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Trento e della Regione Lombardia, notificati rispettivamente il 4 e il 6 maggio 1989, depositati in cancelleria l'11 e il 16 maggio successivi ed iscritti ai nn. 37, 38 e 39 del registro ricorsi 1989.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avv. Alberto Predieri per la Regione Emilia-Romagna, l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia di Trento, l'avv. Roberto Gianolio per la Regione Lombardia e l'avv. dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con ricorso in via principale la Regione Emilia-Romagna ha impugnato gli artt. 3, secondo comma, e 6, sesto comma (rectius quarto), della legge 24 marzo 1989 n. 122, che, nel quadro di un programma straordinario perseguito da detta legge per potenziare i parcheggi per le auto nelle aree urbane maggiormente popolate, prevedono che le regioni debbano approvare i programmi comunali dei parcheggi urbani, rispettivamente entro 30 e 60 giorni dal loro ricevimento.

Ad avviso della regione ricorrente le norme denunciate violerebbero <gli artt. 117 e 118, in relazione agli artt. 3 e 97> della Costituzione perchè, a causa della irragionevole brevità dei termini anzidetti, impedirebbero di fatto l'esercizio delle competenze regionali in materia di assetto del territorio, in quanto i programmi comunali presentano connessioni con i sistemi della viabilità e dei trasporti collettivi, e, quindi, la loro approvazione suppone complessi adempimenti istruttori, mentre l'infruttuoso decorso dei termini anzidetti equivale, per espressa statuizione della legge, a tacita approvazione del programma e costituisce quindi variante agli strumenti urbanistici vigenti.

Con il medesimo ricorso viene anche impugnato per violazione degli stessi parametri costituzionali l'art. 9 della suddetta legge, nell'assunto che esso consente ai proprietari di immobili ed ai Comuni una indiscriminata utilizzazione del territorio per la realizzazione dei parcheggi, a prescindere dalla localizzazione degli interventi in zone di espansione extraurbane o nei centri storici, prevedendo che restino fermi solo i vincoli paesaggistici ed ambientali e non anche gli altri vincoli, come quelli con cernenti le zone sismiche e quelli idrogeologici, affidati essi pure alle competenze regionali.

La regione ravvisa altresì il contrasto dello stesso art. 9 della legge con gli artt. 9, 117 e 118 della Costituzione, perchè, per la brevità del termine di novanta giorni previsto per il rilascio delle autorizzazioni e dei nulla osta in materia paesaggistica ed ambientale e decorrente dalle richieste di localizzazione dei parcheggi, trascorso il quale si formerebbe il silenzio- accoglimento della richiesta, verrebbero lese le competenze regionali in materia di assetto del territorio e soprattutto in quella di tutela del paesaggio che e un valore primario dell'ordinamento.

A sua volta la Provincia autonoma di Trento impugna gli artt. 1, 3 e 4 della legge medesima, nell'assunto che essi, creando un meccanismo centralizzato di finanziamento ed affidando allo Stato di disporre in ordine ai singoli interventi previsti nei programmi comunali, si porrebbero in contrasto con il titolo VI dello Statuto speciale di autonomia (d.P.R. n. 670 del 1972) e, in particolare, con gli artt. 78 e 79, nonchè l'art. 119 della Costituzione che garantiscono l'autonomia finanziaria della Provincia presupponendo che essa, e non i Comuni, sia destinataria dei finanziamenti, specie in una materia, quale quella della viabilità e dei lavori pubblici, che gli artt. 8, n. 17 e 16 dello Statuto affidano alla competenza esclusiva della provincia ricorrente.

Sotto altro profilo viene denunciato lo stesso art. 3, che reca la procedura per la predisposizione e l'approvazione dei programmi nonchè per la determinazione degli interventi da ammettere al finanziamento. La provincia ricorrente assume violati gli artt. 8 n. 17 e 16 dello Statuto speciale di autonomia che espressamente contemplano le materie della viabilità e dei lavori pubblici, nonchè le norme di attuazione in materia di urbanistica e opere pubbliche (d.P.R. n. 381 del 1974) che non riservano allo Stato alcuna competenza in materia di parcheggi, mentre la norma denunciata precluderebbe alla provincia una effettiva programmazione dei parcheggi dei Comuni nel suo territorio a motivo della brevità dei termini ivi previsti e della formazione del silenzio accoglimento nel caso del loro infruttuoso trascorrere, incidendo cosi in materie di esclusiva competenza provinciale.

Con un terzo ricorso, infine, la Regione Lombardia impugna gli artt. 3, comma sesto, 4, comma primo, e 7, primo e secondo comma, della legge in parola, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, perchè essi, affidando agli organi governativi dello Stato la determinazione dei singoli interventi da ammettere al finanziamento in materie, quali <l'urbanistica, la viabilità ed i lavori pubblici> definite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, determinerebbero in concreto lo stravolgimento dei programmi comunali approvati dalla regione ed inciderebbero altresì nel settore del credito che l'art. 109 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 affida alle competenze regionali.

La Regione Lombardia impugna anche l'art. 6, quinto comma, di detta legge per violazione dei medesimi parametri costituzionali, perchè esso, implicitamente demandando agli organi dello Stato l'approvazione dei programmi comunali in caso di disaccordo tra Comune e Regione, sarebbe invasivo di competenze regionali in materia di urbanistica, viabilità e lavori pubblici, come delineate negli artt. 80 e 87 del citato d.P.R. n. 616 del 1977.

2. - I ricorsi, in quanto connessi, possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

Il giudizio instaurato con il ricorso della Regione Lombardia deve essere dichiarato estinto per intervenuta rinunzia, formalizzata nel corso dell'udienza di trattazione mediante deposito della deliberazione n. 42839 del 16 maggio 1989 della Giunta della regione medesima (dichiarata esecutiva dalla Commissione di controllo in data 23 maggio 1989), che ha revocato la precedente deliberazione avente per oggetto la proposizione del ricorso.

3.-Preliminarmente deve poi essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso della Provincia di Trento, sostenuta dall'Avvocatura generale dello Stato, sotto un profilo appena adombrato nella memoria di costituzione in giudizio.

L'eccezione viene prospettata esprimendosi qualche riserva circa l'ammissibilità del ricorso, in relazione a quanto disposto nei commi primo e terzo dell'art. 98 dello Statuto del Trentino-Alto Adige. La riserva stessa non ha pero trovato svolgimento negli ulteriori scritti difensivi e quindi non può essere presa in considerazione per genericità.

Deve quindi passarsi ad esaminare l'altra eccezione di inammissibilità dello stesso ricorso svolta nella memoria difensiva depositata in vista della trattazione in udienza pubblica, eccezione che muove dall'assunto <che non sarebbe consentito invocare una pronunzia manipolativa che investe soltanto la norma che individua negli organi dello Stato i soggetti erogatori dei finanziamenti, senza impugnare la norma (art. 26 della legge) che fa gravare tali finanziamenti a carico del bilancio dello Stato>.

Gli aspetti, così prospettati, attengono alla fondatezza della questione proposta che consiste appunto nello stabilire se lo Stato possa o meno assegnare in concreto i finanziamenti previsti nel proprio bilancio o se debba conferirli alle regioni e alle province autonome, per cui anche questa eccezione deve essere disattesa.

4.1.- Nel merito non e fondata la censura svolta, in senso sostanzialmente analogo sia dalla Regione Emilia-Romagna che dalla Provincia autonoma di Trento, nei confronti dell'art. 3 della legge impugnata e dalla Regione Emilia-Romagna anche nei confronti dell'art. 6, quarto comma, in relazione alla irragionevole brevità dei termini ivi indicati che impedirebbero di fatto alla regione e alla provincia di esercitare i poteri di propria competenza. In proposito va rilevato che la prima disposizione (art. 3, secondo comma) prevede che la regione o la provincia debbano approvare il programma inviato da ciascun comune nel termine di trenta giorni, trascorso il quale, senza che intervenga la deliberazione di rigetto, tale programma si intende approvato, e la seconda disposizione (art. 6, quarto comma) contiene analoga previsione in relazione ai programmi da predisporsi dai 15 comuni nominativamente indicati nella legge stessa.

Osserva al riguardo la Corteche, dall'esame degli atti preparatori e dall'intero contesto della legge 24 marzo 1989, n. 122, risulta che le disposizioni in essa contenute costituiscono un programma di interventi del tutto straordinario, deliberato dal Parlamento nazionale su iniziativa del Governo per ovviare ad <una situazione di grave disagio e di concreti danni> divenuta <all'improvviso polo di riferimento dell'attenzione collettiva>, come si esprime la relazione governativa che aveva accompagnato il disegno di legge e come risulta confermato dal dibattito parlamentare che ha preceduto l'approvazione della legge. In detta relazione e stato rilevato come il problema <per le dimensioni e per la gravità che nelle aree a grande intensità é venuto assumendo, specie in questi ultimi anni, e soprattutto a seguito dell'aumento dei veicoli circolanti, travalica i confini comunali e richiede la necessaria attenzione del Governo centrale del Paese ... Non é quindi questione di realizzare singole opere ma di ridisegnare le aree urbane più intensamente abitate, attraverso una programmazione razionale ed organica dei parcheggi che tenga conto delle esigenze ambientali> in quanto, si soggiunge, <la paralisi della circolazione nelle maggiori città italiane, rallentando i tempi delle comunicazioni e del trasporto, influisce direttamente e negativamente sulla produzione nazionale ... danneggia lo svolgimento degli affari e delle relazioni commerciali ... mette a rischio le stesse condizioni di salute dei cittadini a cagione dell'aumento dell'inquinamento atmosferico e di quello acustico>, onde ci si trova <di fronte ad una vera e propria emergenza che, se non viene tempestivamente ed efficacemente affrontata, può compromettere in modo serio e forse irreparabile lo sviluppo dell'intero Paese ed il benessere, non soltanto fisico, dei suoi abitanti>; appare perciò evidente quanto in tale occasione ribadito, che la legge e diretta <a consentire la realizzazione e l'organizzazione di un servizio essenziale per le città e per i loro abitanti>.

Da quanto precede non può ritenersi irragionevole che, in presenza di una emergenza che postula l'esigenza di interventi rapidi ed immediati a salvaguardia di esigenze primarie dei singoli e dell'intera collettività nazionale, il legislatore, nel predisporre un programma di provvidenze straordinarie ed eccezionali, abbia previsto termini brevi per lo svolgimento delle relative procedure, termini perciò che potrebbero considerarsi ostacolare di fatto l'esercizio delle funzioni regionali o provinciali nell'ambito delle rispettive competenze, solo se dovessero risultare in modo macroscopico in tale senso impeditivi.

Poichè non sarebbe possibile pero in questa sede stabilire quale altro termine possa essere considerato congruo, l'unica possibile pronunzia di illegittimità costituzionale della norma potrebbe riguardare questa in toto ma essa verrebbe a paralizzare l'attuazione di un intervento generalmente riconosciuto come indispensabile per l'interesse del Paese, sotto i molteplici aspetti teste posti in evidenza, sol perchè qualche regione e la Provincia autonoma di Trento non si reputano in grado di sopperire con sollecitudine ad una così improrogabile esigenza, in relazione alla quale la legge impugnata ha fissato alle regioni i termini, rispettivamente di trenta e di sessanta giorni, che appaiono, diversamente da quanto dedotto, ictu oculi ragionevoli ai fini dell'esame dei programmi all'uopo predisposti dai Comuni.

4.2. - Va in proposito difatti considerata la ragionevole previsione, esattamente evidenziata dall'Avvocatura generale dello Stato, che i programmi predisposti da ciascun Comune non perverranno tutti nello stesso giorno alla regione o alla provincia competente, che potrà quindi da un canto scaglionarne l'esame e dall'altro potenziare in modo adeguato, mediante la temporanea utilizzazione del personale a propria disposizione presso le strutture amministrative, gli uffici preposti a questo particolare compito del tutto temporaneo e straordinario.

D'altronde, la scansione temporale del procedimento descritto nell'art. 3 della legge, oggetto di impugnativa sia da parte della Regione Emilia Romagna che della Provincia autonoma di Trento, consente di prevedere che ciascuna regione o provincia possa giungere non del tutto impreparata al momento di ricevimento dei vari programmi da parte dei Comuni, perchè ognuna di essa, entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, é tenuta ad individuare i Comuni che devono predisporre il programma per poter partecipare all'intervento straordinario previsto dalla legge; il che suppone che la regione o la provincia, per aver un cosi lungo termine a disposizione, pervengano alla individuazione di quei Comuni attraverso una indagine che tenga conto della situazione propria di ciascuno di essi, con la conseguenza di avere già cognizione di un complesso di elementi da utilizzare in sede della successiva valutazione dei programmi concreti da approvare.

Infine va considerato che i tempi previsti per le attività da svolgersi da parte dei Comuni per la predisposizione del programma (sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento regionale o provinciale di individuazione ed ulteriori trenta giorni per l'invio alla regione o alla provincia) consentono ad esse di seguire da vicino, durante lo svolgimento, la compilazione dei programmi da parte di ciascun Comune da esse stesse indicato, il che, con un minimo di efficienza organizzativa, può certamente agevolare ed accelerare con graduale e piena cognizione delle varie situazioni, la successiva fase approvativa.

5. - Alle stesse conclusioni devesi a maggior ragione pervenire per quel che riguarda l'art. 6, quarto comma (impugnato dalla sola Regione Emilia-Romagna) della stessa legge, il quale, come si e detto, ha direttamente individuato 15 Comuni tenuti a formulare il programma, fissando il termine di sessanta giorni per l'approvazione regionale e prevedendo che la mancata deliberazione di rigetto entro tale termine equivale ad approvazione del programma.

Orbene - anche se in relazione a questa particolare categoria di Comuni (costituiti dalle maggiori città italiane e tutte, tranne la città di Catania, capoluogo di regione), che sono stati direttamente individuati dalla legge, la regione non ha a disposizione il precedente termine di 150 giorni previsto dall'art. 3 per l'individuazione dei Comuni - va rilevato che la legge fissa a ciascuna delle città, in tal modo individuate, il termine di 150 giorni per la predisposizione del programma, cioé un periodo tale da consentire alla regione di seguire i lavori di compilazione del programma da parte del Comune tenendosi aggiornata del loro corso ed essere così in condizione di utilizzare i dati, in tal modo gradualmente acquisiti, in sede di procedimento approvativo, rispetto al quale il termine di sessanta giorni per la sua conclusione appare pienamente ragionevole tenuto conto che, tranne che per la Sicilia per la quale la legge ha indicato due città, come Palermo e Catania, per ogni altra delle regioni interessate ed in particolare per quella ricorrente, e stato individuato il solo comune capoluogo.

6.-Anche la questione che investe l'art. 9 della legge non é fondata, dato che l'impugnativa della Regione Emilia-Romagna muove da una interpretazione della norma che non é consentita dalla sua formulazione. La regione ricorrente da un lato ritiene che tale articolo, menzionando solo i vincoli paesaggistici ed ambientali, non abbia fatto salvi gli altri vincoli anch'essi di competenza regionale e, dall'altro, che i poteri delle regioni relativi a quelli paesaggistici ed ambientali debbano essere esercitati entro novanta giorni, trascorsi i quali le richieste dei privati dovrebbero intendersi positivamente assentite da parte delle autorità regionali.

Dalla lettura della norma entrambe tali premesse appaiono errate, perchè, ponendosi a raffronto il primo comma (oggetto di censura) con il secondo comma, risulta come solo quest'ultimo, che disciplina il procedimento per il rilascio della autorizzazione comunale (di carattere urbanistico), prevede che l'istanza per ottenere tale autorizzazione si intenda accolta qualora il sindaco non si pronunci nel termine di sessanta giorni dalla data della richiesta.

Il primo comma, invece, che concerne, come si é già detto, i nulla osta e le autorizzazioni in materia paesaggistica ed ambientale, prevede solo che <restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali, da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni>.

Orbene, costituisce principio generale pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, che per potersi attribuire un contenuto significativo al silenzio della pubblica amministrazione ed in particolare un significato positivo, occorre che ciò sia espressamente stabilito dalla legge, come é appunto previsto nel secondo comma dell'art. 9 per le autorizzazioni comunali, altrimenti il silenzio deve essere interpretato come rifiuto.

Escluso dunque in modo inequivocabile che, in mancanza di espressa previsione, possa ritenersi che, per le autorizzazioni o i nulla osta nella materia paesaggistica ed ambientale, le richieste dei privati, per effetto dell'infruttuoso trascorrere del termine anzidetto possano intendersi positivamente assentite dalle autorità regionali (e statali) competenti, l'intera disposizione assume un significato del tutto diverso. Con essa infatti si e voluto stabilire che, in dette materie, il silenzio-rifiuto si considera formato con il solo trascorrere di novanta giorni complessivi dal momento della proposizione dell'istanza da parte dei privati, e cioé con una previsione analoga a quella dell'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765. La regola generale invece, desunta dalla giurisprudenza amministrativa dall'art. 25 del testo unico 10 gennaio 1957, n. 3, e che per il formarsi del silenzio- rifiuto, ai fini della proposizione del ricorso giurisdizionale, occorre che, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, l'interessato notifichi all'organo competente una diffida a provvedere entro l'ulteriore termine di trenta giorni.

Del tutto ininfluente, ai fini del problema interpretativo cosi risolto, appare poi la formula dell'art. 9 citato, secondo cui i poteri attribuiti alle autorità competenti in tali materie debbano essere esercitati <motivatamente> nel suddetto termine di 90 giorni. In proposito va rilevato che costituisce principio ricevuto dalla giurisprudenza che, in tema di autorizzazioni e provvedimenti simili, l'obbligo della motivazione, salvo che non sia diversamente previsto dalla legge, sussista solo per gli atti di diniego. L'art. 9 in questione, con lo stabilire che in tema di parcheggi i poteri in materia paesaggistica ed ambientale debbano essere esercitati <motivatamente>, ha voluto sancire l'obbligo che la motivazione occorra anche in caso di provvedimento positivo e ciò, evidentemente, proprio per evitare che in una materia, rispetto alla quale l'intera collettività e ogni giorno più attenta, possa pervenirsi al rilascio di autorizzazioni o di nulla osta che potrebbero compromettere quei valori, senza quella adeguata ponderazione che solo l'obbligo di una puntuale motivazione può rendere effettiva.

Le considerazioni che precedono inducono perciò a disattendere anche l'altra censura formulata dalla regione ricorrente nell'assunto di una pretesa soppressione dei vincoli, di competenza regionale, diversi da quelli paesaggistici ed ambientali. La circostanza secondo cui l'art. 9 citato non ne abbia fatto menzione non può assumere tale significato, proprio in virtù della ratio della disposizione in precedenza individuata e consistente nell'intento di porre una particolare disciplina per quel che riguarda la formazione del silenzio rifiuto in tema di autorizzazioni e nulla-osta nella materia paesaggistica ed ambientale. La mancata menzione degli altri vincoli sta, dunque, solo a significare che in ordine ad essi il silenzio-rifiuto, relativamente alle richieste di autorizzazioni o nulla-osta di competenza regionale, si forma non con il solo trascorrere di un termine, bensì secondo la regola generale della presentazione della istanza e della successiva notifica della diffida a provvedere.

7.- Parimenti non fondata e la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla Provincia autonoma di Trento, che censura per invasività delle proprie competenze il meccanismo centralizzato di finanziamento delle iniziative previste dalla legge in esame, per cui verrebbe affidata in tal modo ad organi dello Stato la scelta di singoli interventi che riguardano materie di interesse provinciale quali la viabilità, le opere pubbliche e l'urbanistica, sconvolgendo peraltro programmi riguardanti i parcheggi oggetto di specifici provvedimenti legislativi già emanati dalla provincia.

In proposito la Corte ritiene utile qui richiamare quanto già precisato in precedenza, in occasione dell'esame della questione concernente l'art. 3 della legge, circa il carattere del tutto straordinario ed eccezionale del programma di interventi previsti dalla legge censurata, diretti a fronteggiare un'emergenza che coinvolge interessi che riguardano l'intera collettività quali la salute e l'economia nazionale in termini di utilità sociale, essendo stata segnalata in sede di dibattito sulla legge l'esigenza che la loro soddisfazione, in relazione all'enorme diffusione dei mezzi meccanici in circolazione, specie nelle grandi città, debba avvenire in modo quanto più e possibile uniforme in qualunque parte del Paese.

Non si é dunque in presenza di interessi esclusivamente legati alle materie cui fa riferimento la provincia ricorrente, quali la viabilità, i lavori pubblici di interesse provinciale, l'urbanistica, le opere pubbliche, rispetto alle quali rivendica la competenza, perchè si tratta invece di soddisfare esigenze di più ampia portata connesse a valori costituzionali primari (artt. 32, 41, 42 e 43 della Costituzione).

Di fronte ad emergenze di questo tipo la giurisprudenza anche recentissima di questa Corte (sentenza n. 324 del 1989) ha riaffermato la possibilità di un diretto intervento dello Stato, quando sia <destinato ad affrontare una situazione eccezionale con mezzi straordinari>. Nel caso ora in esame la legge impugnata intende realizzare un programma interessante l'intero territorio nazionale e diretto ad affrontare una situazione eccezionale entro tempi brevi, in modo che, tenuto conto della limitatezza dei mezzi finanziari disponibili, la priorità degli interventi da finanziare venga determinata mediante un giudizio comparativo di tutte le iniziative programmate, compiuto sulla base di un raffronto della gravita delle varie situazioni. Tale comparazione non può, per le enunciate caratteristiche degli scopi perseguiti dalla legge, essere compiuta che in una sede idonea a valutare l'interesse primario riguardante l'intero contesto nazionale, il che può avvenire solo da parte di un organo centrale dello Stato.

Questa competenza statale appare perciò pienamente giustificata sulla base di principi affermati dalla Corte (sentenza n. 217 del 1988), la quale ha appunto ritenuto che la sussistenza di esigenze unitarie, tali da giustificare il diretto intervento dello Stato, si ha quando esse siano insuscettibili di frazionamento; quando lo specifico interesse invocato sia cosi imperativo e stringente (oppure così urgente) da giustificare l'intervento anche in aree che in via di principio gli sono sottratte; quando la disciplina posta in essere dallo Stato, considerata nei suoi concreti svolgimenti e nelle sue particolari modalità, sia non solo contenuta nei precisi limiti delle reali esigenze sottostanti all'interesse invocato, ma appaia anche essenziale o necessaria per l'attuazione del medesimo interesse: presupposti questi tutti certamente presenti nel caso in esame.

Il carattere autonomo dell'intervento dello Stato o anzi aggiuntivo, rispetto a quello delle regioni, comprese quelle (come la provincia ricorrente) dotate di autonomia differenziata, che secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 217 del 1988 cit.) rende compatibile la legge impugnata con i parametri costituzionali invocati, toglie pregio anche all'altra censura formulata dalla provincia ricorrente per avere essa già predisposto ed approvato un programma di interventi dello stesso tipo (da ultimo con la legge provinciale n. 44 del 1988). Difatti, avendo la legge dello Stato predisposto provvidenze straordinarie e quindi aggiuntive, spetta alla provincia autonoma-che in base all'art. 3, secondo comma, della legge impugnata, ha centocinquanta giorni di tempo per individuare i Comuni obbligati a formulare il programma-di decidere se coordinare il proprio piano già approvato con gli interventi previsti nella legge impugnata e destinati a far fronte all'emergenza nell'intero territorio nazionale e quindi di avvalersi anche delle provvidenze statali, oppure di rinunziarvi qualora li ritenga incompatibili con le proprie iniziative già deliberate.

Ma una volta che la provincia autonoma dovesse optare per la prima alternativa, essa non potrebbe che assoggettarsi alle regole generali che, essendo previste dalla legge in un quadro unitario ed insuscettibile di frazionamento, non possono subire deroghe.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

1) dichiara estinto il giudizio promosso dalla Regione Lombardia, per intervenuta rinunzia al ricorso;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma secondo, 6, comma sesto (rectius: quarto) e 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonchè modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3 e 4 della legge 24 marzo 1989, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 8, n. 17, 16 e al titolo VI dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, alle norme di attuazione approvate con d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e all'art. 119 della Costituzione, dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE  - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 27/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE