Sentenza n. 456 del 1989

 

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SENTENZA N.456

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 18, primo comma, prima parte e 20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico- edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e dell'art. 343-bis del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 dicembre 1988 dal Pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Brunotti Sandro ed altri, iscritta al n. 212 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti gli atti di costituzione di Brunotti Sandro e Meregalli Piergiorgio, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 1989 il Giudice relatore Ettore Gallo;

uditi gli avvocati Dino Luigi Bonzano per Brunotti Sandro, Ennio Amodio, Rinaldo Bonatti ed Alfredo Angelucci per Meregalli Piergiorgio e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Due sono le questioni sollevate dal Pretore di Milano.

La prima in ordine logico riguarda l'art. 343-bis del codice di procedura penale, nella parte in cui <potrebbe> rendere vincolante, nel prosieguo del giudizio, il principio di diritto che la Corte di cassazione ha affermato nell'ambito di un procedimento incidentale, concernente la legittimità del sequestro penale di immobili disposto dal Pretore. Si e detto <prima> tale questione sul piano logico giacche, se quanto il Pretore ipotizza avesse affettivo fondamento giuridico, la forza vincolante del principio statuito in sede di legittimità dalla Cassazione renderebbe inutile la trattazione della questione di merito.

La seconda, riguardante appunto il merito del giudizio principale, non si riferisce direttamente alle norme denunziate (art. 18, primo comma, e 20 lettera c) della legge 20 febbraio 1985, n. 47) ma piuttosto all'interpretazione che ne ha data la Corte di cassazione nel predetto procedimento incidentale. Interpretazione secondo cui non può essere configurato reato di lottizzazione abusiva in presenza di un atto di concessione della pubblica amministrazione: salvo il caso ovviamente che questo sia frutto di attività criminosa.

2.-Per quanto concerne la prima questione, é singolare che il Pretore la sollevi in forma di ipotesi nel momento stesso in cui afferma di disconoscerla, così come, del resto, é pacificamente esclusa da dottrina e giurisprudenza.

La questione é perciò inammissibile perchè meramente ipotetica, e fuori, per di più, di ogni previsione scientifica e giurisprudenziale.

Quando, infatti, il dubbio di compatibilità con i principi costituzionali cada su una norma ricavata per interpretazione da un testo di legge e indispensabile che il giudice a quo prospetti a questa Corte l'impossibilita di una lettura adeguata ai detti principi; oppure che lamenti l'esistenza di una costante lettura della disposizione denunziata in senso contrario alla Costituzione (cosiddetta <norma vivente>).

Altrimenti tutto si riduce ad una richiesta di parere alla Corte costituzionale, incompatibile con la funzione istituzionale di questo Collegio (cfr. la sentenza n. 123 del 1970).

Va peraltro soggiunto che inammissibile la questione sarebbe stata, comunque, quand'anche l'ipotesi, cosi singolarmente prospettata, avesse avuto effettivo fondamento giuridico.

Se il principio, infatti, espresso dalla Corte di cassazione nel procedimento incidentale, facesse stato in quello principale, come il Pretore ipotizza, e come effettivamente si verifica-ad esempio-nel campo dei conflitti di giurisdizione e di competenza ex art. 54, quarto comma, codice di procedura penale, esso avrebbe autorità di cosa giudicata e perciò resisterebbe, nei limiti del processo de quo, anche all'eventuale declaratoria d'illegittimità costituzionale della norma denunziata.

3.-Quanto, poi, alla questione principale, deve rilevarsi che occorre chiarire il senso ed i limiti della funzione assegnata a questa Corte, in relazione al controllo incidentale di legittimità costituzionale delle leggi, e degli atti aventi forza di legge. Controllo che riguarda appunto la compatibilità delle leggi denunziate con i principi della Costituzione, e che non può, quindi, sostanziarsi in una revisione, in grado ulteriore, delle interpretazioni offerte dalla Corte di cassazione. Proprio in virtù del principio di esclusiva soggezione del giudice alla legge (art. 101, secondo comma, della Costituzione), invocato nell'ordinanza, a tutti gli Organi giurisdizionali spetta, in piena indipendenza ed autonomia, una indeclinabile funzione interpetrativa.

Solo allorquando il giudice ritenga-come si é rilevato-che nella giurisprudenza si sia consolidata una reiterata, prevalente e costante lettura della disposizione, é consentito richiedere l'intervento di questa Corte affinchè controlli la compatibilità dell'indirizzo consolidato con i principi costituzionali .

Nulla di tutto questo si verifica, però, nella specie, nella quale, anzi, é evidente che lo stesso giudice, lungi dal ritenersi vincolato da una giurisprudenza che egli non considera per nulla consolidata, prende decisa posizione nei confronti della interpretazione offerta dalla Corte di cassazione diffusamente criticandola.

In tali condizioni, non si spiega perchè il rimettente non abbia tratto dalle sue censure le opportune conclusioni per l'ulteriore procedere, preferendo sollevare una questione di legittimità costituzionale che assume pregnante valore di reclamo avverso la decisione della Corte di cassazione.

Ma quand'anche, superando l'impasse, si volesse interpretare tutto questo come una sostanziale denunzia delle norme in discussione per carenza di ragionevolezza, in quanto non avrebbero previsto il reato di lottizzazione abusiva anche per i casi in cui venga comunque mutata la destinazione d'uso degli immobili costruiti rispetto alla concessione del Sindaco, la questione sarebbe parimenti inammissibile.

Intanto perchè, nonostante la diffusissima motivazione, non é stato opposto un solo argomento nei confronti del punto decisivo e convincente della motivazione della Corte di cassazione a Sezioni Unite penali: quello dove si fa notare che, se qualsiasi mutamento nella destinazione d'uso dovesse tradursi nella fattispecie di lottizzazione abusiva, come il Pretore pretende, non si spiegherebbe perchè mai il legislatore avrebbe, invece, espressamente limitato siffatta conseguenza alla sola ipotesi di mutamento di destinazione d'uso nei riguardi degl'immobili vincolati. In ordine a tale decisivo argomento, il Pretore si limita a dichiarare di non avere capito il riferimento, e perciò sul punto la motivazione dell'ordinanza sarebbe soltanto apparente.

Ma soprattutto perchè, comunque, il giudice rimettente verrebbe cosi a proporre a questa Corte un intervento additivo in materia penale, in guisa da estendere la punibilità del cittadino oltre i casi e i limiti previsti dalla norma impugnata. Intervento sicuramente inammissibile, come già ribadito anche dalla sentenza n. 148 del 1983.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, primo comma, e 20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e dell'art. 343-bis del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 25, 101 e 102 della Costituzione, sollevate dal Pretore di Milano con ordinanza 7 dicembre 1988.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 27/07/89.

 

Francesco SAJA ,PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE