Sentenza n. 388 del 1989

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SENTENZA N.388

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5 del decreto- legge 4 maggio 1977, n. 187, convertito, con modificazioni, nella legge 11 luglio 1977, n. 395 (Revisione generale dei prezzi dei medicinali), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 10 luglio 1988 dal Pretore di Catania nel procedimento civile vertente tra Guarnaccia Sossio e la Cassa di assistenza per il personale della Cassa di Risparmio V.E. iscritta al n. 641 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47/1a Serie Speciale dell'anno 1988;

2) ordinanza emessa il 30 settembre 1988 dal Pretore di Lucca nel procedimento civile vertente tra Sodini Luciano e l'E.N.P.A.F. iscritta al n. 794 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2/1a serie speciale dell'anno 1989.

Visti gli atti di costituzione di Guarnaccia Sossio, di Sodini Luciano e dell'E.N.P.A.F. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi gli avvocati Paolo Barile per Guarnaccia Sossio e Sodini Luciano, Massimo S. Giannini e Walter Prosperetti per l'E.N.P.A.F. e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-Le questioni sollevate con le ordinanze in epigrafe sono connesse.

Infatti esse concernono la legittimità costituzionale della medesima norma, e cioè quella - contenuta nell'art. 5, secondo comma, del decreto-legge 4 maggio 1977, n. 187, convertito, con modificazioni, nella legge 11 luglio 1977, n. 395 - con la quale e stabilito che le < farmacie> corrispondano all'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei farmacisti (E.N.P.A.F.) lo 0,90% dell'importo lordo da esse richiesto agli istituti ed enti erogatori dell'assistenza di malattia (oggi erogata dal Servizio sanitario nazionale) per i medicinali forniti agli assistiti in regime di assistenza diretta. E la norma é impugnata in riferimento a parametri e sotto profili in parte coincidenti. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e definiti con unica decisione.

2. - La norma impugnata - tenuto conto che tanto i farmacisti titolari di imprese farmaceutiche che quelli dipendenti da imprese farmaceutiche corrispondono all'E.N.P.A.F. contributi previdenziali di misura eguale per entrambe le categorie e che l'E.N.P.A.F., in relazione a tali contributi, eroga prestazioni previdenziali di base di misura eguale per entrambe le categorie determinerebbe un’ingiustificata discriminazione sfavorevole (art. 3 della Costituzione) in danno dei farmacisti titolari di imprese farmaceutiche. Soltanto i farmacisti appartenenti a tale categoria sarebbero infatti tenuti verso l'E.N.P.A.F. a un contributo ulteriore - quello, appunto, previsto dalla norma impugnata - senza per questo aver diritto a prestazioni previdenziali ulteriori (ordinanza del Pretore di Catania).

La previsione del contributo determinerebbe altresì ingiustificata disparità di trattamento (art. 3 della Costituzione) in danno dei titolari di farmacie < rurali> rispetto ai titolari delle altre farmacie, per essere il contributo stesso gravante sul <fatturato convenzionato>, e cioè sul ricavo delle vendite ad enti assistenziali di medicinali destinati all'assistenza diretta e per essere tale fatturato costitutivo pressoché dell'intero reddito delle prime, laddove il reddito delle altre sarebbe costituito prevalentemente dal < fatturato> libero, e cioè dal ricavo delle vendite di medicinali a privati (ordinanza del Pretore di Lucca).

L’imposizione di un contributo commisurato (percentualmente) all’ammontare lordo del ricavo, compresa l'aliquota I.V.A. (imposta sul valore aggiunto), sarebbe infine in contrasto con l'art. 53 della Costituzione, per essere il contributo non correlato alla capacità contributiva (ordinanza del Pretore di Catania) e ancora con l'art. 3 della Costituzione, per essere il contributo stesso irragionevolmente variabile in relazione alle variazioni dell’aliquota I.V.A. (Pretore di Lucca).

3.-Le questioni attinenti alle denunciate discriminazioni sfavorevoli dei farmacisti titolari di imprese farmaceutiche rispetto ai farmacisti dipendenti da tali imprese non sono fondate.

L'assoggettamento di una soltanto delle due categorie inserite nel medesimo sistema previdenziale - inserimento in se non censurato - a un ulteriore contributo, e quindi a un maggiore sacrificio, non compensato dalla percezione di maggiori prestazioni previdenziali, deriva dall'adozione del principio di solidarietà piuttosto che di quello della rigorosa proporzionalità fra contributi e prestazioni, adozione che questa Corte ha più volte ritenuto esente da analoghe censure espresse nei confronti dei sistemi previdenziali concernenti altre categorie professionali (sentenze nn. 146 del 1972, 62 del 1977, 132, 133 del 1984, 431 del 1987), almeno fino a che sia varcato il limite della ragionevolezza (sentenza n. 1008 del 1988). Limite da ritenere superato nel caso che nel trattamento previdenziale complessivamente considerato una data categoria sia assoggettata a mancata percezione o a grave decurtazione dei benefici previdenziali o ad imposizione di maggiori sacrifici assolutamente ingiustificata. Ed è evidente che qui non ricorre alcuno dei due casi, giacché ai professionisti titolari di imprese farmaceutiche sono assicurate prestazioni previdenziali di misura eguale a quella riconosciuta agli altri, mentre l'imposizione solo ad essi del contributo trae la sua giustificazione dalla percezione del reddito di impresa.

4.-La questione concernente la denunciata discriminazione sfavorevole dei farmacisti titolari di farmacie rurali rispetto ai farmacisti titolari di altre farmacie é, anche essa, non fondata.

Anzitutto la circostanza dalla quale deriva la maggiore incidenza del contributo sui redditi delle farmacie rurali - e cioè l'essere il < fatturato convenzionato> la parte di gran lunga prevalente del loro reddito globale - non é frutto di una discriminazione operata dalla legge in danno delle farmacie rurali, ma semmai della stipulazione della convenzione da parte dei titolari di esse. E tale stipulazione: a) é prevista da una legge qui non impugnata; b) non può considerarsi imposta (la disposizione, contenuta nel primo comma dell'art. 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, secondo la quale < l'unità sanitaria locale eroga l'assistenza farmaceutica attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate secondo i criteri e le modalità di cui agli artt. 43 e 48>, si limita a far carico all'unita sanitaria locale di erogare l'assistenza farmaceutica attraverso le farmacie, sia < pubbliche> che < private>, e quindi di promuovere convenzioni secondo eguali criteri e modalità con entrambe tali categorie senza distinzione fra loro); c) in ogni caso, non sarebbe imposta ai titolari delle sole farmacie rurali, ma ai titolari di tutte le farmacie.

Senza dire che la prospettata causa prossima della prevalente effettuazione di vendite convenzionate da parte delle farmacie rurali (quelle, cioè, aventi sede in comuni, frazioni o centri abitati non superiori a cinquemila abitanti, ai sensi dell'art. 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221), e particolarmente il reddito medio non elevato della clientela stanziale - tenuto conto che l'assistenza sanitaria farmaceutica non e riservata ai meno abbienti e che in ogni caso il carattere non elevato del reddito medio della clientela stanziale può ipotizzarsi anche per farmacie non rurali (si pensi a quelle ubicate in grandi agglomerati urbani a carattere industriale) - non appare elemento di cui la norma impugnata avrebbe dovuto necessariamente tener conto per non incorrere in irragionevolezza.

5. - Le questioni concernenti le denunciate violazioni dell'art. 53 e dell'art . 3 della Costituzione in riferimento alla commisurazione del contributo al ricavo lordo delle vendite convenzionate comprensivo dell’aliquota I.V.A. sono parimenti non fondate.

La commisurazione percentuale di un contributo a un reddito al lordo dell'aliquota I.V.A. null'altro importa che la determinazione di una misura più elevata del contributo stesso.

Mentre la circostanza che l'aliquota sia variabile (nel tempo) nulla cambia, ove si consideri che il reddito stesso é un'entità variabile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dell'art. 5, secondo comma, del decreto-legge 4 maggio 1977, n. 187, convertito, con modificazioni, nella legge 11 luglio 1977, n. 395 (Revisione generale dei prezzi dei medicinali), sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 11/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE