Ordinanza n. 380 del 1989

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ORDINANZA N.380

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 26 d.l. 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), promosso con ordinanza emessa il 27 giugno 1988 dalla Commissione tributaria di primo grado di Catania nel procedimento civile tra Spampinato Giovanni e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 149 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1989 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Catania, sui ricorsi riuniti proposti da Spampinato Giovanni, rappresentato dal curatore del suo fallimento Salemi Antonio, contro l'Ufficio I.V.A. della stessa città, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, recante <Norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria>, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui consente la notificazione dell'avviso di accertamento o di rettifica da parte dell'Ufficio finanziario sino alla data di presentazione della dichiarazione integrativa, anziché sino alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legge n. 429/82;

che, secondo il giudice a quo, la normativa impugnata, rimettendo al potere dell'ufficio finanziario la facoltà, introdotta dalla legge di conversione, di notificare l'accertamento oltre la data di entrata in vigore del decreto legge citato, sino a quello della dichiarazione integrativa, discriminava ingiustificatamente i contribuenti che, pur trovandosi nella stessa situazione, sarebbero stati-secondo criteri rimessi al mero arbitrio dalla pubblica amministrazione-assoggettati ad un’attività accertatrice dell'ufficio esercitabile in modo differente sotto l'aspetto temporale, potendo cosi subire un trattamento illegittimamente diverso in ordine alla determinazione del quantum dovuto a titolo del c.d. condono tributario;

che inoltre, sempre secondo il giudice remittente, un’ulteriore diseguaglianza si determinava tra i contribuenti, in quanto mentre per alcuni tributi (imposte dirette, registro, successioni, donazioni, ecc.) non era possibile notificare accertamenti dopo l'entrata in vigore del decreto legge sul condono, tale preclusione era invece prevista per l'I.V.A.;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque non fondata.

Considerato che la Corte si é recentemente pronunciata in materia dichiarando non fondata, rispetto al medesimo tributo, l'identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 cit., sul rilievo che le peculiari caratteristiche dell'I.V.A., e in particolare l’estrema difficoltà e la notevole complessità dell'accertamento definitivo, rendono pienamente legittima l’impugnata disciplina sulla notificazione di detto accertamento (sent. n. 575 del 1988, ribadita poi dalle ordd. nn. 1075 del 1988, 119 e 121 del 1989);

che l'ordinanza de qua non solleva profili di incostituzionalità nuovi e, non sussistendo motivo alcuno di discostarsi da detta giurisprudenza, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 del decreto legge 10 luglio 1982 n. 429, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 1982, n. 516, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di Catania con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 06/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco SAJA, REDATTORE