Sentenza n. 308 del 1989

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SENTENZA N.308

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 76 della legge 20 maggio 1982, n. 270 (Revisione della disciplina del reclutamento del personale docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica, ristrutturazione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1986 dal T.A.R. della Toscana sui ricorsi riuniti proposti da Giuntini Silvia contro il Ministero della Pubblica Istruzione ed altri, iscritta al n. 671 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 1989 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

 

Considerato in diritto

 

 

1. - L'art. 76 della legge 20 maggio 1982, n. 270 (Revisione della disciplina del reclutamento del personale docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica, ristrutturazione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente) dispone l'indizione di apposite sessioni di esami, ai soli fini del conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nelle suddette scuole, riservate agli insegnanti sprovvisti di abilitazione che siano stati in servizio negli anni scolastici 1980-81 e 1981-82 in qualità di supplenti nelle scuole statali ovvero, con nomina di durata almeno annuale, negli istituti e scuole non statali pareggiati o legalmente riconosciuti.

Giudicando sull'annullamento dell'ammissione a tali sessioni riservate di esami di un insegnante supplente di lingua e letteratura francese presso un istituto tecnico parificato, motivata dall'essere costei in possesso di un titolo di studio (laurea in scienze politiche) non idoneo - in base al decreto ministeriale 2 marzo 1972-al conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento delle lingue straniere, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha sollevato, con l'ordinanza indicata in epigrafe, una questione di legittimità costituzionale del citato art. 76, assumendone il contrasto con gli artt. 3, 35 e 97 Cost.

A sostegno dell'impugnativa, il giudice a quo richiama la norma di cui all'art. 3 della legge 14 agosto 1974, n. 358 che, introducendo il sistema dei corsi abilitanti in luogo dell'esame di Stato, consenti l'ammissione ad essi, ai fini dell'abilitazione in lingue straniere, dei soggetti in possesso di titoli di studio (lauree in giurisprudenza, scienze politiche ecc.) riconosciuti validi - in base ai d.P.R. 29 aprile 1957, n. 972 e 21 novembre 1966, n. 1298-anteriormente al decreto ministeriale 2 marzo 1972, purché conseguiti (come nel caso di specie) anteriormente alla pubblicazione di questo. A suo avviso, la mancata inclusione, nell'impugnato art. 76, di un'analoga disposizione di deroga alla normativa generale sulle classi di abilitazione, da un lato contraddice all'intento di ampia e genera le sanatoria delle posizioni dei docenti precari perseguite dal legislatore del 1982; dall'altro determina la perdita del posto di lavoro da parte di soggetti con numerosi anni di servizio e perciò dotati di notevole esperienza didattica, impedendo loro di dimostrare di aver acquisito, pur in carenza di specifico titolo di studio, una preparazione sufficiente ad ottenere l'abilitazione all'insegnamento: il che, realizzerebbe, ad un tempo, un'irragionevole discriminazione in loro danno e la compromissione del buon andamento dell'amministrazione.

2. - La questione non é fondata.

La regola della necessaria, < stretta attinenza> tra i titoli di studio che danno accesso agli esami di abilitazione e le discipline oggetto dell'insegnamento e oggi nell'ordinamento scolastico un principio generale, affermato dal legislatore già con la legge 6 dicembre 1971, n. 1074 (art. 1, settimo comma); ed e in attuazione di esso che si è provveduto, col decreto ministeriale 2 marzo 1972, ad escludere che all'insegnamento delle lingue straniere potesse pervenirsi in base a titoli, come la laurea in giurisprudenza o scienze politiche, rispetto ai quali tale nesso e palesemente carente.

Tale principio é espressione dell'esigenza di ragione che vuole che la validità dell'insegnamento-e quindi dell'apprendimento dei discenti- sia assicurata dallo Stato mediante un'idonea, specifica preparazione culturale dei docenti. Il fatto, perciò, che nel caso qui in esame il legislatore abbia salvaguardato tale esigenza non confligge, ma e anzi pienamente coerente col precetto di buon andamento dell'amministrazione dettato nell'art. 97 Cost.

Né può dirsi leso il principio di tutela del lavoro (art. 35 Cost.), genericamente invocato dal giudice a quo, dato che esso, nel caso in esame, va coordinato con quello del buon andamento del servizio scolastico (artt. 33 e 97 Cost.). Del resto, lo stesso T.A.R. rimettente ammette che un affidamento sulla continuità dell'insegnamento precario di lingue straniere non poteva fondatamente nutrirsi da parte di chi era munito di titolo di studio dichiarato invalido fin dal 1972 e che, dopo la transitoria deroga introdotta con l'art. 3 della legge n. 358 del 1974, tale era restato in proseguo di tempo, per effetto della legge 9 agosto 1978, n. 463, abrogativa di quest'ultimo disposto (art. 33).

Né maggior fondamento ha la censura, se riferita all'art. 3 Cost.

Innanzitutto, non giova alla tesi del giudice a quo il richiamo all'ora ricordato art. 3 della legge del 1974. Trattasi, invero, di norma dichiaratamente provvisoria (cfr. artt. 1, 2 e 5, legge n. 358 cit.) e per di più strettamente correlata - come sottolinea l'Avvocatura e la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 1982, n. 570)-alla funzione di integrazione della formazione iniziale degli abilitandi cui era preordinato il sistema dei corsi abilitanti, introdotto dalla citata legge del 1974 e poi abrogato con la legge n. 463 del 1978.

Tale disposizione perciò, sia perché transitoria ed inserita in un sistema di reclutamento diverso da quello della legge n. 270 del 1982, sia perché derogatoria rispetto ad un principio da questa mantenuto, non può essere assunta a parametro ne acquisire valore di principio cui l'ulteriore norma derogatoria contenuta nell'art. 76 di tale legge debba necessariamente attenersi.

Sul piano, poi, del rapporto tra le due fattispecie-quella contenuta e quella esclusa dal testo dell'impugnato art. 76 - e evidente la loro disomogeneità, dato che esse si differenziano proprio in relazione al possesso, o meno, di un titolo di studio specifico per l'insegnamento cui la conseguenda abilitazione e preordinata. La razionalità di tale differenziazione emerge dal già cennato rilievo che alla preparazione culturale specifica va assegnato nel quadro di un ordinato assetto della funzione docente. Se, in quali casi ed in che misura essa sia surrogabile con l'esperienza didattica é questione che non può che essere rimessa alla ponderata e non arbitraria valutazione del legislatore.

Questa Corte ha d'altra parte già sottolineato (cfr. sentenza n. 209 del 1986 e ordinanza n. 687 del 1988) i caratteri, oltre che di transitorietà, di eccezionalità dell'impugnato art. 76, segnalati anche dal suo travagliato iter parlamentare (assente nel progetto originario ed introdotto dal Senato, esso aveva in una prima fase suscitato diffuse perplessità ed era stato perciò soppresso dalla Camera). Da una norma siffatta, per sua natura delimitata alle ipotesi espressamente previste, non può perciò desumersi - come pretende il giudice a quo -l'intenzione del legislatore di pervenire ad un'indiscriminata sanatoria di tutte le pregresse posizioni di precariato; e conseguentemente, non può ascriversi a difetto di coerenza il fatto che si sia voluto tenere fermo il principio della specificità del titolo di studio ai fini dell'abilitazione all'insegnamento.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 76 della legge 20 maggio 1982, n. 270 (Revisione della disciplina del reclutamento del personale docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica, ristrutturazione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana con ordinanza del 5 novembre 1986.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/05/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 26/05/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE