Sentenza n. 242 del 1989

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SENTENZA N. 242

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettere d, e, h, p; dell'art. 5, secondo comma, lettere e f g; dell'art. 12, quinto comma, lettera b e settimo comma; dell'art. 13, primo comma, lettere b e secondo comma; dell'art. 19, primo comma, lettera p; dell'art. 23, sesto comma; e dell'art. 24, primo comma, lettera c, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), promossi con ricorsi della Provincia di Trento, della Regione Friuli-Venezia Giulia, della Provincia di Bolzano, della Regione Sardegna, della Regione Veneto e della Regione Trentino-Alto Adige, notificati 11 e il 12 ottobre 1988, depositati in cancelleria il 18 e il 19 ottobre 1988 ed iscritti rispettivamente ai nn. 29, 30, 31, 32, 33 e 34 del registro ricorsi 1988.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1989 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi gli Avv.ti Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento, Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia, Sergio Panunzio e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano, Sergio Panunzio per la Regione Sardegna, Giorgio Berti per le Regioni Veneto e Trentino-Alto Adige e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-I sei ricorsi indicati in epigrafe pongono varie questioni di legittimità costituzionale, le quali concernono numerose disposizioni o norme della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri). Poiché le questioni proposte hanno lo stesso oggetto o sono tra loro connesse, si rende opportuno riunire i relativi giudizi affinché siano discussi e decisi con un'unica sentenza.

2.-Preliminare a ogni altro é l'esame dell'eccezione d'inammissibilità presentata dall'Avvocatura dello Stato in relazione alla censura riguardante l'art. 2, terzo comma, lett. d.

Secondo l'Avvocatura, i ricorsi, anziché vere e proprie questioni di legittimità costituzionale, porrebbero meri problemi d'interpretazione delle disposizioni impugnate.

L'eccezione va respinta.

Non v'é dubbio che, anche nel giudizio di legittimità costituzionale instaurato in via principale, la Corte non può essere validamente investita di questioni palesemente astratte o del tutto pretestuose. Come giudice della costituzionalità delle leggi dotato di poteri volti a dichiarare la cessazione dell'efficacia di determinate disposizioni legislative ritenute effettivamente lesive di norme costituzionali, la Corte non può essere validamente chiamata a interpretare in astratto le leggi o la Costituzione e, quindi, a risolvere questioni poste in modo tale che il loro obiettivo primario sia costituito dall'interpretazione di determinate disposizioni, ma può soltanto essere investita di una puntuale richiesta di illegittimità costituzionale sorretta dalla pretesa lesione di determinati parametri costituzionali. Il carattere non-astratto del giudizio di costituzionalità comporta che, anche nel caso in cui i dubbi di legittimità investano particolari significati o particolari norme deducibili da un determinato testo legislativo, non e ammissibile prospettare questioni involgenti interpretazioni totalmente al di fuori della gamma delle possibilità applicative plausibilmente collegabili alle disposizioni impugnate, poiché, ove fosse vero il contrario, il giudizio finirebbe per riguardare questioni astratte o di mera interpretazione, se non proprio pretestuose.

Nel caso di specie, i ricordati limiti di ammissibilità non sono stati superati dalle parti ricorrenti. Anche in considerazione del fatto che si tratta di una legge complessa, che tocca uno dei punti nevralgici del sistema di governo delineato dalla Costituzione e sulla quale non si sono ancora potute formare prassi interpretative in grado di modellare e di restringere il raggio delle astratte potenzialità applicative, non é possibile affermare che le interpretazioni addotte dalle parti ricorrenti a sostegno dei loro dubbi di costituzionalità siano cosi poco plausibili e così irragionevolmente scollegate dalle disposizioni legittimamente impugnate da indurre questa Corte a considerare le questioni poste come del tutto astratte o, addirittura, pretestuose.

3.-Va invece dichiarata l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia nei confronti dell'art. 2, terzo comma, lett. p, nella parte in cui, riferendo l'annullamento straordinario ivi previsto agli atti amministrativi degli enti dipendenti dalla regione e degli enti locali, si porrebbe in contrasto tanto con l'art. 4, n. 1, dello Statuto, che attribuisce alla ricorrente la potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione, quanto con gli artt. 5 e 60 del medesimo Statuto, che conferiscono alla stessa regione la competenza legislativa concorrente per la disciplina del controllo sugli atti degli enti locali.

Poiché la ricorrente non adduce alcun motivo a sostegno della propria censura, la relativa questione di costituzionalità va dichiarata inammissibile per vizio formale del ricorso in parte qua, per il fatto che, sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte, l'assoluta carenza di motivazione del ricorso impedisce al giudice costituzionale tanto l'inequivoca determinazione dell'oggetto sottoposto al proprio giudizio, quanto la completa ed effettiva verifica della sussistenza in concreto dell'interesse a ricorrere e dell'eventuale prospettazione di dubbi di costituzionalità del tutto astratti, arbitrari o pretestuosi (v., da ultimo, sentt. nn. 517 del 1987, 998 del 1988).

Nel caso di specie, in particolare, la mancanza di una pur succinta motivazione non fa minimamente comprendere se l'attribuzione statutaria alla regione di competenze legislative in materia di ordinamento degli enti dipendenti dalla regione stessa e in materia di controllo sugli atti degli enti locali e invocata al fine di contestare in radice il conferimento al Governo del potere di annullamento straordinario in quanto potere per sua natura inconciliabile con l'autonomia riconosciuta alla regione o con quella degli enti locali (nel qual caso, limitatamente agli enti regionali, si ricadrebbe nell'ipotesi decisa dalla sentenza n. 229 del 1989) ovvero se e invocata al fine di contestare la disposizione legislativa impugnata perché conferisce al Governo un potere che, pur essendo ritenuto per sua natura non incompatibile con l'autonomia riconosciuta a quegli enti, dovrebbe o potrebbe essere imputato alla regione in virtù delle norme statutarie richiamate (nel qual caso la questione si porrebbe in modo diverso dalla precedente ipotesi). Poiché si tratta di due possibilità aventi un significato differente o, fors'anche, contrario e poiché tutte e due appaiono logicamente riconducibili ai termini della questione ora considerata in mancanza di motivi diretti a specificarne il senso, si rende impossibile per questa Corte identificare precisamente il thema decidendum e comprendere quale sia con esattezza il petitum che la ricorrente intendeva prospettare.

4 - Manifestamente inammissibili debbono, poi, essere dichiarate le questioni di legittimità costituzionale concernenti l'art. 2, terzo comma, lett. p, nella parte in cui si riferisce all'annullamento degli atti amministrativi delle regioni e delle province ricorrenti. Le questioni sono state sollevate: a) dalla Regione Veneto in riferimento agli artt. 117, 118 e 125 della Costituzione, come attuati dagli artt. 41-54 della legge 10 febbraio 1953 n. 62; b) dalla Provincia autonoma di Trento in riferimento agli artt. 5, 116, 125, 126 e 134 della Costituzione (anche in relazione all'art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87), 3, terzo comma, 8, 9, 16, 52 e 98 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché agli artt. 19 e 24 del d.P.R. 1° febbraio 1973, n. 49; c) dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in riferimento agli artt. 4, 5 e 60 del proprio Statuto speciale; d) dalla Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 5, 6, 116, 125 e 134 della Costituzione, e agli artt. 3, terzo comma, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 81, 78, 87, 88, 90, 91, 92, 98, 103, 104, 107 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), nonché all'art. 10 del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430); e) dalla Regione Sardegna, in riferimento all'art. 134 della Costituzione (anche in relazione all'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87) e agli artt. 3 e 6 del proprio Statuto speciale; J) dalla Regione Trentino-Alto Adige, in riferimento all'art. 116 della Costituzione e agli artt. 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 del proprio Statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), anche in relazione agli artt. 32 e ss. e 42 e ss. del d.P.R. 1° febbraio 1973, n. 49.

Poiché con sentenza n. 229 del 1989 questa Corte s'é già pronunziata nel senso dell'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, le relative questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili.

5.-Venendo al merito delle questioni, tutte le regioni e le province ricorrenti contestano la legittimità costituzionale dell'art . 2, terzo comma, lett. d, in riferimento agli stessi parametri indicati nel numero precedente, ad eccezione dell'art. 125 della Costituzione, per quanto riguarda il ricorso della Regione Veneto, e dell'art. 98 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, per quanto riguarda il ricorso della Provincia autonoma di Trento.

Secondo le ricorrenti, tale disposizione, nel sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri < gli atti di indirizzo e di coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni e, nel rispetto delle disposizioni statutarie, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano>, porrebbe una norma che, ove dovesse essere considerata come la fonte del potere statale di indirizzo e di coordinamento, sarebbe in contrasto con le disposizioni statutarie relative alle molteplici forme di raccordo fra Stato e regioni (partecipazione del Presidente regionale alle sedute del Consiglio dei ministri, commissioni paritetiche, etc.), nonché con le disposizioni costituzionali che giustificano quel potere, come interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte, per la quale quel potere, quando e esercitato in via amministrativa, deve basarsi su una previa norma di legge diretta a delimitarne l'oggetto, le finalità, i principi e i criteri direttivi.

La questione non é fondata.

I dubbi di costituzionalità sollevati dalle ricorrenti si basano su una premessa errata, vale a dire sulla convinzione che l'art. 2, terzo comma, lett. d, della legge n. 400 del 1988 costituisca la norma che attribuisce al Governo la competenza ad esercitare per via amministrativa la funzione di indirizzo e coordinamento e che, come tale, innovi il diritto positivo abrogando le preesistenti disposizioni dirette a regolare l'attribuzione e l'esercizio della predetta funzione. In realtà, la norma impugnata mira semplicemente a determinare, all'interno della complessa istituzione del Governo, l'organo attributario in via diretta e immediata della competenza a deliberare gli atti di indirizzo e di coordinamento governativi, individuandolo nel Consiglio dei ministri, nell'organo, cioè, che, a norma degli artt. 92 e 95 della Costituzione (come ribadito dallo stesso art. 2 della legge n. 400 del 1988), é competente a determinare, ai fini dell'attuazione della politica generale del Governo, l'indirizzo generale dell'azione amministrativa.

In altri termini, nel riordinare le competenze dei vari organi interni all'istituzione Governo, la legge n. 400 del 1988, al pari della successiva legge 9 marzo 1989 n. 86 (art. 9, comma sesto), ha confermato, per l'aspetto ora considerato, la disposizione contenuta nell'art. 3, primo comma, della legge 22 luglio 1975, n. 382, secondo la quale la funzione statale di indirizzo e di coordinamento per via amministrativa e esercitata < mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri>. Errano, dunque, le ricorrenti a ipotizzare che la disposizione impugnata intenda regolare ex novo la funzione statale di indirizzo e di coordinamento, ridisciplinandone l'attribuzione, il fondamento, le modalità di esercizio ed i limiti, poiché é vero esattamente il contrario, cioè che la disposizione impugnata ha lasciato intatta la disciplina preesistente e, in particolare, non ha inteso eliminare le previsioni normative vigenti al momento della sua entrata in vigore, relative alle modalità di esercizio della predetta funzione (principio di legalità < sostanziale>, possibilità di delega secondo le modalità previste dalle leggi vigenti, partecipazione del Presidente regionale alle relative sedute del Consiglio dei ministri nei casi in cui sia richiesta dagli Statuti speciali, etc ).

6.-Per ragioni analoghe va pure rigettata la questione di legittimità costituzionale posta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia in relazione all'art. 2, terzo comma, il quale violerebbe l'art. 44 dello Statuto speciale friulano e l'art. 4 del d.P.R. 25 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello Statuto Speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), allorché, nel disporre che gli atti elencati nelle lettere successive < sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei ministri>, omette di far salva la partecipazione del Presidente della Giunta alle sedute del Consiglio dei ministri in tutte le ipotesi statutariamente previste.

Oltre alla considerazione concernente la natura procedurale della norma impugnata, concorre alla medesima conclusione il rilievo che il vincolo costituzionale relativo alla partecipazione del Presidente regionale alle sedute del Consiglio dei ministri si impone di per se, senza bisogno di ulteriori specificazioni o di particolari forme attuative messe in opera dalla legislazione ordinaria. Di modo che l'omissione in quest'ultima della clausola di salvezza relativa alla menzionata partecipazione non può essere minimamente considerata come un'ipotesi di contrasto con le norme statutarie che prevedono quel raccordo.

7.-La natura procedurale dell'art. 2, terzo comma, lett. h, il quale sottopone alle deliberazioni del Consiglio dei ministri < le linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria>, conduce al rigetto, in base a considerazioni analoghe a quelle già svolte, delle relative questioni poste dalle Regioni Veneto e Trentino-Alto Adige, che lamentano, rispettivamente, la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione agli artt. 1 e 5 della legge 22 luglio 1975, n. 382 e 6 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e quella degli artt. 116 della Costituzione, 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 dello Statuto.

Anche in tal caso, peraltro, si tratta di una disposizione che non innova affatto la preesistente disciplina, limitandosi soltanto a confermare, per l'aspetto considerato, una competenza già spettante, in via diretta e immediata, al Consiglio dei ministri.

8.-La disposizione contenuta nell'art. 2, terzo comma, lett. d, relativa alla sottoposizione alla deliberazione del Consiglio dei ministri degli atti di indirizzo e di coordinamento governativo, e impugnata sotto un ulteriore profilo dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Regione Sardegna.

Quest'ultima, partendo dal presupposto che il proprio Statuto non fa esplicita menzione della funzione statale di indirizzo e di coordinamento e ricordando che le norme di attuazione dello Statuto circoscrivono il campo di applicazione della predetta funzione alle materie assegnate alla competenza di tipo concorrente, ritiene che la disposizione impugnata, nel riferire la ricordata funzione anche alle regioni a statuto speciale, debba essere considerata contrastante con gli artt. 3 e 6 dello Statuto, ove dovesse intendersi applicabile anche alle materie assegnate alla competenza di tipo esclusivo.

La Provincia autonoma di Bolzano, invece, contesta la disposizione impugnata per l'esplicito e diretto riferimento all'estensione della funzione statale di indirizzo e di coordinamento alle attività amministrative della Provincia stessa, asserendo che il silenzio in proposito dello Statuto e delle norme di attuazione, oltreché l'assoluta peculiarità dell'autonomia riconosciuta alla ricorrente - legata sia al suo fondamento in atti di diritto internazionale, sia alla propria specifica ragion d'essere, consistente nella tutela delle minoranze linguistiche che vivono nella provincia (tutela che l'art. 4 dello Statuto definisce di < interesse nazionale>)-renderebbero inapplicabile la funzione di indirizzo e di coordinamento alle attività amministrative ad essa spettanti o, quantomeno, a quelle ad essa assegnate in relazione a competenze di tipo esclusivo. In via subordinata, la stessa Provincia chiede che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata in quanto non prevede la concorrenza dell'interesse nazionale comportante la tutela delle minoranze linguistiche locali (art. 4, primo comma, dello Statuto) con quello posto a base dell'estensione della funzione statale di indirizzo e di coordinamento alla Provincia di Bolzano.

Le questioni proposte dalla Regione Sardegna e dalla Provincia autonoma di Bolzano non possono essere accolte.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la funzione statale di indirizzo e di coordinamento, pur se viene in concreto delineata da leggi ordinarie, ha un diretto fondamento nella Costituzione, nel senso che, come e stato precisato in numerose pronunzie, rappresenta il risvolto in termini positivi o di articolazione programmatica degli interessi unitari -e, come tali, insuscettibili di frazionamento e di localizzazione territoriale - sottostanti ai limiti costituzionalmente previsti alle competenze regionali (v. spec. sentt. nn. 39 del 1971, 138 del 1972, 191 del 1976, 150 del 1982, 307 e 340 del 1983, 357 del 1985, 177 e 195 del 1986, 107 del 1987, 177, 560 e 564 del 1988). Non si tratta, pertanto, di un limite < ulteriore> rispetto a quelli già previsti direttamente dalle norme costituzionali sulle competenze regionali, ma piuttosto di un’esplicazione di questi stessi limiti nei confronti delle funzioni amministrative delle regioni e delle province autonome, che, in ragione del suo stesso fonda mento, incide tanto sulle attività amministrative connesse alle competenze concorrenti, quanto su quelle attinenti alle competenze di tipo esclusivo (v. spec. sentt. nn. 340 del 1983, 177 del 1986, 107 del 1987, 177 e 564 del 1988).

Ciò non significa, tuttavia, che, rispetto alla precisa individuazione dei limiti costituzionali relativi all'applicazione della funzione di indirizzo e di coordinamento, non abbia alcuna rilevanza la distinzione tra competenze di tipo concorrente e competenze di tipo esclusivo. A1 contrario, proprio perché manifestazione dei limiti costituzionalmente prefissati alle potestà regionali (o provinciali), la funzione statale di indirizzo e di coordinamento riflette l'ampiezza prevista per i limiti costituzionali cui e di volta in volta collegata, di modo che, quando abbia di fronte a se attività amministrative connesse con competenze esclusive, non può esser esercitata al di 1a dei più ristretti confini costituzionalmente stabiliti per i poteri statali incidenti sulle predette competenze (v. spec. sentt. nn. 340 del 1983, 357 del 1985, 177 del 1986).

Da ciò consegue che, contrariamente a quanto suppongono le ricorrenti, nessun rilievo può esser accordato al fatto che i rispettivi Statuti non facciano esplicito riferimento alla funzione statale di indirizzo e di coordinamento nei confronti delle competenze assegnate alla loro autonomia.

Pertanto, le censure, per le quali l'art. 2, terzo comma, lett. d, sarebbe illegittimo in quanto non farebbe cenno a tali presunte deroghe, appaiono prive di fondamento, dal momento che non tengono conto del fatto che la funzione di indirizzo e di coordinamento ha il suo riconoscimento costituzionale implicito, ma non perciò meno positivo, proprio nei limiti costituzionalmente posti alle competenze concorrenti ed esclusive delle Regioni (o delle Province autonome).

8.1 - Oltre che sui motivi appena esaminati, la stessa censura di cui si é ora parlato -vale a dire la pretesa incostituzionalità dell'art. 2, terzo comma, lett. d, nella parte in cui non esclude l'applicazione della funzione statale di indirizzo e di coordinamento all'ordinamento autonomo della ricorrente - é argomentata dalla Provincia di Bolzano, come si é prima ricordato, anche sul particolare fondamento della propria autonomia su accordi di carattere internazionale e sulla peculiare ratio della stessa, la quale consisterebbe nell'essere l'ordinamento provinciale la forma giuridica della tutela delle minoranze linguistiche residenti in quel territorio.

Anche sotto tali ulteriori profili, la censura prospettata dalla Provincia di Bolzano non appare fondata nei termini appresso indicati.

Non vi può esser dubbio alcuno che l'autonomia riconosciuta alla Regione Trentino-Alto Adige e, in particolare, quella concessa alla Provincia di Bolzano si ricolleghino storicamente alle vicende internazionali intercorse in conseguenza delle due guerre mondiali e, più precisamente, all'obbligo internazionale, che lo Stato italiano ha contratto con l'Austria mediante il c.d. Accordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 (reso esecutivo con d. lg. C.p.S. 28 novembre 1947, n. 1430), di concedere alle popolazioni di lingua tedesca residenti nelle zone della Provincia di Bolzano e dei vicini comuni bilingui della Provincia di Trento < l'esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo, nell'ambito delle zone stesse>. Né si può, del pari, dubitare che l'Assemblea Costituente, allorché ha definito i caratteri della specialità della Regione Trentino-Alto Adige, abbia tenuto nel debito conto quel patto. Tuttavia, appare altrettanto indubbio che, dal punto di vista del diritto interno, l'autonomia riconosciuta alla Provincia di Bolzano ha il proprio diretto fondamento giuridico nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 5, successivamente modificata con la l. cost. 23 novembre 1971, n. 1), il quale é stato votato dall'Assemblea Costituente, come si addice a ogni deliberazione di natura legislativa, quale espressione di un'autonoma e libera determinazione.

Considerata sotto un profilo squisitamente giuridico, l'autonomia della Provincia di Bolzano non ha, dunque, un fondamento costituzionale di natura diversa da quello proprio delle altre regioni (o province) a statuto speciale, né e soggetta a limiti costituzionali concettualmente e qualitativamente diversi da quelli cui sono sottoposte le altre regioni (o province) ad autonomia differenziata. Sotto tale aspetto, pertanto, sussistono tutti i presupposti perché anche nei confronti della Provincia di Bolzano valgano quelle esigenze unitarie insuscettibili di frazionamento o di localizzazione territoriale, che sottostanno ai limiti costituzionalmente previsti verso le competenze regionali (o provinciali) e che autorizzano lo Stato a esercitare nei confronti delle autonomie regionali (o provinciali) una funzione di indirizzo e di coordinamento.

8.2 - Cio non toglie, tuttavia, che nel panorama autonomistico nazionale la Regione Trentino-Alto Adige e, in particolare, la Provincia di Bolzano posseggano caratteri del tutto peculiari, che concernono essenzialmente la natura e l'ampiezza delle materie sulle quali sono attribuiti i poteri di autonomia, la strutturazione dell'organizzazione regionale e provinciale e, soprattutto, il valore riconosciuto alla tutela delle minoranze linguistiche locali e alla salvaguardia dell'eguaglianza dei cittadini e dei gruppi linguistici, valore che costituisce il punto di riferimento primario del complesso delle disposizioni dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. Non v'é dubbio che, in relazione a tali caratteri, il già ricordato Accordo italo-austriaco del 1946, il quale e stato reso esecutivo in Italia con un atto avente valore di legge ordinaria, esercita una notevole influenza, dal momento che costituisce, come pure si ritiene in dottrina, la migliore chiave interpretativa per comprendere la specialità dell'ordinamento autonomistico realizzato nel Trentino-Alto Adige.

La peculiarità di tale ordinamento e, in particolare, l'essenziale valore riconosciuto in esso alla tutela delle minoranze linguistiche locali e alla pacifica convivenza tra i diversi gruppi etnici, se, come si è prima precisato, non possono comunque comportare una differenziazione della Regione Trentino- Alto Adige e della Provincia di Bolzano, rispetto agli ordinamenti omologhi, sotto il profilo della loro sottoponibilità ai tipi di limiti cui sono comunemente assoggettate le autonomie speciali, tuttavia hanno l'effetto di produrre una differenziazione relativa all'ampiezza e al contenuto dei limiti statali cui sono sottoposte le competenze riconosciute alla Regione Trentino-Alto Adige e, ed e quel che qui interessa, alla Provincia di Bolzano.

Ciò si deduce chiaramente dagli artt. 4, 8 e 16 dello Statuto regionale, i quali, nel ribadire la presenza degli interessi nazionali tra i limiti costituzionali alle competenze legislative e amministrative della Regione e delle Province autonome, precisano che fra essi va ricompreso anche l'interesse relativo alla tutela delle minoranze linguistiche locali. Si tratta di un principio costituzionale che, affermato in via generale dall'art. 6 della Costituzione, ha nello Statuto speciale per il Trentino- Alto Adige un significato particolarmente pregnante, dal momento che concorre a qualificare l'interesse nazionale in tutte le sue esplicazioni verso la Regione Trentino-Alto Adige e le Provincie autonome e, quindi, per la parte che lo concerne, anche in relazione all'esercizio dei poteri statali di indirizzo e di coordinamento. Sotto questo profilo, pertanto, tali poteri, nei loro concreti svolgimenti nei confronti degli ordinamenti considerati, non possono non subire attenuazioni e non assumere contenuti tali che ne risulti soddisfatto il principio statutario per il quale la tutela delle minoranze linguistiche locali costituisce, ad un tempo, un aspetto fondamentale dell'interesse nazionale e il valore primario di riferimento dell'autonomia differenziata riconosciuta alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province di Trento e di Bolzano.

Queste considerazioni non possono condurre, tuttavia, a una dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma , lett. d, per la parte in cui questo non prevede la tutela delle minoranze linguistiche come interesse concorrente con quello nazionale posto a base dell'esercizio della funzione statale di indirizzo e di coordinamento. Infatti, come si é già precisato ad altro proposito (v. sopra n. 6), il principio costituzionale appena ricordato, secondo la propria natura, si impone di per se e non esige che debba essere richiamato dalle leggi ordinarie ogni volta che queste, implicitamente o esplicitamente, vi si riferiscano. Per tali ragioni, il silenzio in proposito della disposizione impugnata non può essere interpretato come un contrasto con le norme statutarie invocate dalla ricorrente. E tantomeno lo può essere, se si considera che la disposizione impugnata, come si é prima precisato, é semplicemente diretta a ribadire la competenza, in via diretta e immediata, del Consiglio dei ministri a deliberare gli atti di indirizzo e di coordinamento governativo.

9. - Per motivi in parte analoghi a quelli da ultimo ricordati e in parte diversi, va pure respinta la richiesta di dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, quinto comma, lett. b, avanzata tanto dalla Provincia di Bolzano, quanto dalla Regione Sardegna per violazione degli stessi parametri invocati per la questione di cui al precedente punto 5.

Le ricorrenti basano la loro richiesta sulla convinzione che le norme costituzionali che definiscono la specialità dell'autonomia loro concessa -rispettivamente gli artt. 116 della Costituzione, 8, 9 e 16 dello Statuto del Trentino-Alto Adige e gli artt. 116 della Costituzione, 3 e 6 dello Statuto della Sardegna - risultino violate da una disposizione, come quella impugnata, che, attribuendo alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome il compito di dare pareri < sui criteri generali relativi all'esercizio delle funzioni statali di indirizzo e di coordinamento> inerenti ai rapporti fra gli enti predetti, non stabilisce alcuna differenza di disciplina in relazione alle ipotesi in cui sia coinvolta l'autonomia speciale costituzionalmente riconosciuta alle ricorrenti.

La censura ora esaminata é infondata, innanzitutto, in base alla considerazione che la disposizione impugnata contiene una norma procedurale, la quale, come si è precedentemente sottolineato, per sua stessa natura, non e diretta a modificare il fondamento e il regime dei poteri disciplinati e, pertanto, non comporta alcuna incisione sui limiti costituzionalmente imposti alla funzione statale di indirizzo e di coordinamento. In secondo luogo appare del tutto inappropriato invocare un pretesa diversità di disciplina in relazione a un potere, come quello riconosciuto dalla norma impugnata alla Conferenza Stato-Regioni, il quale consiste in un parere afferente ai criteri generali relativi all'esercizio della predetta funzione. Quest'ultimo, infatti, dev'esser prestato tanto nel caso in cui l'indirizzo e coordinamento riguardi regioni a statuto ordinario, quanto nel caso in cui concerna regioni o province ad autonomia differenziata, supponendo, semmai, in relazione alle due distinte ipotesi, una differenza nei contenuti, e non già una diversità di disciplina.

10.-Infondata e, pure, la censura sollevata dalla Regione Sardegna, per la quale l'art. 6 del proprio Statuto (che assicura alla stessa regione autonomia amministrativa nelle materie nelle quali ha potestà legislativa) risulterebbe violato dall'art. 5, secondo comma, lett. e ed f, della legge n. 400 del 1988, che attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di adottare, ai sensi dell'art. 95, primo comma, della Costituzione < le direttive per assicurare l'imparzialità, il buon andamento e l'efficienza degli uffici pubblici> e di promuovere < l'azione dei ministri per assicurare che le aziende e gli enti pubblici svolgano la loro attività secondo gli obiettivi indicati dalle leggi che ne definiscono l'autonomia e in coerenza con i conseguenti indirizzi politici e amministrativi del Governo>.

La censura é palesemente infondata sol che si consideri, come pur ammette la stessa ricorrente, che l'esplicito riferimento all'art. 95 della Costituzione, il quale attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di mantenere l'unita di indirizzo politico e amministrativo degli organi e degli enti dipendenti dai ministeri, fa chiaramente intendere che la norma impugnata si riferisce soltanto all’amministrazione statale, non già a quella delle regioni.

11. - Oggetto di ulteriori censure é l'art. 24, primo comma, lett. c, il quale, nel delegare il Governo ad adottare decreti legislativi per la riforma degli enti pubblici di informazione statistica, stabilisce, tra i principi e i criteri direttivi, < che siano attribuiti all'ISTAT compiti di indirizzo e di coordinamento>. La Regione Veneto e la Regione Trentino-Alto Adige ritengono che tale disposizione violi la sfera di autonomia costituzionale loro assicurata, in quanto, secondo l'interpretazione delle ricorrenti, la norma impugnata attribuirebbe a un ente pubblico diverso dal Governo poteri di indirizzo e di coordinamento nei confronti di tutti gli enti aventi funzioni statistiche, e quindi anche nei confronti dei relativi uffici regionali.

Oltre che per i motivi appena detti, la stessa disposizione e impugnata dalla Provincia di Bolzano, in quanto prevede poteri di sovraordinazione, anziché di coordinamento paritario, in relazione a materie strettamente strumentali ad attribuzioni amministrative della Provincia o inerenti a funzioni statistiche originariamente affidate alle Camere di commercio e spettanti ora alla Provincia (in base all'art. 3, d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017, contenente norme di attuazione dello Statuto).

Nei termini appresso indicati, le questioni non sono fondate.

Come correttamente suppongono le ricorrenti, l'art. 24 della legge n. 400 del 1988, nel determinare i principi e i criteri direttivi per il legislatore delegato, stabilisce una serie di disposizioni volte all'instaurazione di un sistema interconnesso di uffici statistici, composto da < tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta e all’elaborazione dei dati statistici a livello centrale e locale> (primo comma, lett. a).

L'istituzione di un sistema formato da una pluralità di fonti statistiche e direttamente consequenziale alla previsione costituzionale di una pluralità di centri di indirizzo politico e amministrativo-connaturata all'articolazione regionale o, più in generale, autonomistica del nostro ordinamento (art. 5 della Costituzione)-, dal momento che l'informazione statistica costituisce un potere implicito nelle competenze materiali affidate ai vari soggetti e organi pubblici. Tuttavia, tale pluralità potrebbe portare a risultati di grave inefficienza ove non si prevedesse un'istituzione statistica centrale volta ad armonizzare le definizioni, le classificazioni, i metodi di analisi e di elaborazione, le modalità di diffusione dei dati e a far sì, per tal via, che i vari fruitori delle statistiche pubbliche siano messi in condizione di operare raffronti e integrazioni dei dati ottenuti dai molteplici centri pubblici di informazione statistica.

Secondo il citato art. 24, questa funzione, volta a stabilire gli indirizzi tecnici e le misure di coordinamento che si rendano necessari al fine di omogeneizzare le metodologie statistiche, é attribuita all'ISTAT, che la esercita in un duplice modo. Nei confronti degli uffici statistici incardinati nell'amministrazione centrale dello Stato e nelle aziende autonome, l'ISTAT svolge il predetto ruolo mediante l'esercizio dei poteri di direzione conseguenti alla posizione di quegli uffici alle proprie dipendenze funzionali (art. 24, primo comma, lett. b). Nei confronti degli uffici statistici regionali e, in genere, di quelli inseriti in enti dotati di autonomia costituzionale, l'ISTAT esercita la medesima funzione grazie all'attribuzione allo stesso dei < compiti di indirizzo e di coordinamento>, stabilita, per l'appunto, dalla norma impugnata (art. 24, primo comma, lett. c).

Appare evidente che i poteri da ultimo menzionati non rientrano concettualmente nella funzione di indirizzo e di coordinamento che lo Stato esercita nei confronti delle regioni al fine di salvaguardare l'essenziale unitarietà della pluralità degli indirizzi politici e amministrativi connaturata a un ordinamento autonomistico, ma rappresentano, piuttosto, una forma di coordinamento tecnico, che ha il solo scopo di unificare o di rendere omogenee le metodologie statistiche utilizzate dai vari centri pubblici di informazione statistica e che, come tale, non incide sul potere - spettante alle regioni e alle province di Trento e di Bolzano entro i limiti di autonomia loro imposti - di programmare, dirigere e gestire l'attività dei propri uffici statistici secondo i propri bisogni.

Così interpretato, l'art . 24, primo comma, l'art. l . c, non può cadere sotto le censure delle ricorrenti, poiché, come questa Corte ha avuto già modo di precisare (v. spec. sent. n. 924 del 1988), forme di coordinamento tecnico possono essere esercitate verso uffici regionali anche da enti pubblici statali, non applicandosi ad esse le regole valide per l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento governativo. E ciò vale in particolar modo, quando, come nel caso di specie, l'ente pubblico cui e affidato il coordinamento tecnico e riconosciuto dalla legge come portatore, nello specifico campo considerato, di conoscenze e di competenze tecniche e scientifiche dotate di un particolare valore e di una particolare ufficialità.

12.-Oggetto di impugnazione sono anche varie disposizioni dell'art. 13, che concernono poteri di promozione e di proposta del Commissario del Governo.

La Provincia autonoma di Bolzano prospetta dubbi di costituzionalità nei confronti del primo comma, lett. b ed e, e del secondo comma dell'art. 13, i quali, nel prevedere che il Commissario del Governo < promuove tra i rappresentanti regionali e i funzionari delle amministrazioni statali decentrate riunioni periodiche che sono presiedute dal presidente della regione> (lett. b, seconda parte) e < propone al Presidente del Consiglio dei ministri iniziative in ordine ai rapporti tra Stato e regione, anche per quanto concerne le funzioni statali di indirizzo e coordinamento e l'adozione di direttive per le attività delegate> (lett. e), prevedrebbero poteri di coordinamento riguardanti anche le attività amministrative regionali. Secondo la ricorrente, ove tali poteri dovessero esser ritenuti applicabili alle province autonome (come afferma il secondo comma dell'art. 13, che, peraltro, fa < salva la diversa disciplina prevista dai rispettivi Statuti e relative norme di attuazione>), si porrebbero in contrasto con l'art. 87 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, il quale, nel delineare la figura del Commissario del Governo presso la Provincia di Bolzano, conferirebbe a quest'ultimo poteri di coordinamento sulle attività amministrative statali più ristretti di quelli previsti dall'art. 124 della Costituzione.

Analoghe censure sono prospettate dalla Regione Trentino-Alto Adige, per la quale, inoltre, la previsione di poteri di proposta per l'adozione di direttive alle attività delegate (art. 13, primo comma, lett. e) si porrebbe in contrasto con l'art. 41 dello Statuto, che affida al Presidente della Giunta regionale il compito di dirigere le funzioni amministrative delegate dallo Stato, e con l'art. 16 dello stesso Statuto, il quale stabilirebbe una certa rigidità del meccanismo della delega attraverso la previsione che questa sia disposta con legge. Infine, sempre secondo la regione, si porrebbe in contrasto con tali principi anche l'art. 2, secondo comma, lett. e, il quale stabilisce che le direttive per le attività delegate siano impartite < tramite il Commissario del Governo>.

Le questioni non sono fondate.

Va preliminarmente disattesa l'interpretazione delle ricorrenti, secondo la quale le disposizioni impugnate non dovrebbero essere applicate nell'ambito della Provincia di Bolzano e della Regione del Trentino-Alto Adige, dal momento che tale interpretazione si pone in diametrale contrasto con l'esplicita formulazione contenuta nell'art. 13, secondo comma, in base alla quale le norme previste dall'articolo considerato si applicano anche alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province di Trento e di Bolzano, salva la diversa disciplina prevista dalle disposizioni statutarie e da quelle di attuazione delle stesse. Tale clausola di salvezza, che peraltro ha un senso soltanto sul presupposto dell'applicazione alle ricorrenti delle disposizioni impugnate, e espressamente diretta a garantire le stesse ricorrenti da illegittime interferenze nell'autonomia costituzionalmente riconosciuta ad esse, interferenze che potrebbero verificarsi in seguito allo scorretto esercizio dei poteri affidati al Commissario del Governo dalle disposizioni impugnate.

Su tali basi interpretative, va dichiarata l'infondatezza della questione che la Regione Trentino-Alto Adige propone in relazione all'art. 2, secondo comma, lett. e, secondo la quale la trasmissione delle direttive governative da parte del Commissario del Governo inciderebbe sui poteri di direzione, spettanti al Presidente regionale, relativi alle attività delegate, nonché sullo statuto interno dei rapporti fra delegante e delegato, il quale sarebbe codificato con una certa rigidità dalla legge. Pur se andrebbe rilevato che, a norma dell'art. 41 dello Statuto, il potere di direzione delle funzioni delegate, di cui e titolare il Presidente regionale, riconosce a monte il potere governativo di dare istruzioni e il dovere dello stesso Presidente della Giunta regionale di conformare a queste ultime le proprie direttive, appare decisivo il rilievo che il potere di trasmissione attribuito al Commissario del Governo riguardo alle istruzioni governative e un potere meramente formale, nel senso che il Commissario funge da semplice supporto organizzativo diretto a comunicare ufficialmente al Presidente regionale le istruzioni deliberate dal Governo. Essendo questa la natura del potere contestato, non si può inferire dalla disposizione impugnata nessuna illegittima interferenza nei confronti dei poteri costituzionalmente riconosciuti all'amministrazione regionale e al suo vertice nell'ambito delle attività delegate dallo Stato.

Del pari insussistente é la lesione dell’autonomia amministrativa lamentata dalle ricorrenti per effetto dei poteri riconosciuti al Commissario del Governo dall'art. 13, secondo comma, lett. b, seconda parte, ed e. Ove siano correttamente interpretati, i poteri contestati non si pongono in contrasto con alcuna norma statutaria, per il semplice fatto che, mentre in un caso (lett. b) e semplicemente previsto un potere di promozione di conferenze o di riunioni tra i funzionari delle amministrazioni statali decentrate e i rappresentanti regionali (o provinciali) al fine di coordinare paritariamente le rispettive attività, nell'altro caso (lett. e), invece, e stabilito un potere di proposta verso il Presidente del Consiglio dei ministri in ordine all'adozione di iniziative relativamente a competenze spettanti a quest'ultimo nel campo dei rapporti fra Stato e regioni e, in particolare, per quanto concerne le funzioni statali di indirizzo e di coordinamento e quelle di direttiva o di istruzione per le attività delegate. In altre parole, mentre in un caso si versa in ipotesi di cooperazione paritaria fra Stato e regioni (e province autonome), la cui attivazione può avvenire e i cui risultati possono essere accettati soltanto sulla base di una libera e mai vincolabile decisione dei singoli soggetti che vi partecipano, nell'altro caso, invece, si tratta di poteri di semplice proposta, i cui limiti coincidono con quelli relativi alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alle quali quelle proposte vengono formulate, limiti che, come ribadisce l'art. 13, secondo comma, vanno desunti, per quanto riguarda le ricorrenti, dai rispettivi Statuti e dalle relative norme di attuazione.

In definitiva, per le cautele da esse se predisposte, le norme impugnate appaiono particolarmente rispettose delle autonomie regionali (e provinciali), incluse quelle specificamente garantite alle ricorrenti. Ne la Corte potrebbe trovare motivi di illegittimità nella previsione di poteri che- essendo ispirati, l'uno, al principio di cooperazione nella sua forma più autentica e originaria (quella paritaria) e, l'altro, all'esigenza di un adeguato coordinamento fra Commissario del Governo e Presidente del Consiglio dei ministri nella fase ascendente dei loro rapporti (dalla periferia al centro)-rappresentano una significativa attuazione di esigenze, di finalità e di principi costituzionali costantemente ritenuti dalla giurisprudenza costituzionale di fondamentale importanza al fine dell'instaurazione di più efficienti raccordi tra l'amministrazione dello Stato e quella regionale (o provinciale) (v. spec. sentt. nn. 94 del 1985, 151 e 153 del 1986, 302, 1031 e 1112 del 1988).

13. - Ancora la Provincia di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige contestano la legittimità costituzionale dell'art. 19, primo comma, lett. p, che affida al Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di < curare gli adempimenti relativi ai rapporti con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; all'esame delle leggi regionali ai fini dell'art. 127 della Costituzione; al coordinamento tra legislazione statale e regionale; all'attività dei commissari del Governo nelle regioni; ai problemi delle minoranze linguistiche e dei territori di confine>.

Oltreché per le ragioni già addotte per contestare l'applicazione della funzione di indirizzo e coordinamento nel proprio ambito territoriale, la Provincia di Bolzano ritiene le suddette disposizioni contrarie alla Costituzione in quanto attribuirebbero compiti di rilevanza politica esterna, incidenti nella sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla ricorrente, ad un organo ausiliario del Presidente del Consiglio, anziché al Governo. La Regione Trentino-Alto Adige, invece, contesta la legittimità delle stesse disposizioni in quanto sottoporrebbero le competenze legislative regionali, e in particolar modo quella esclusiva, a un potere non previsto in Costituzione, ma basato su norme di legge ordinaria.

Analoga censura e formulata dalla stessa Regione nei confronti dell'art. 23, sesto comma, in quanto prevede una delega legislativa volta ad attribuire allo < Ufficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attività normativa del Governo> il potere di avvalersi di altri organi della pubblica amministrazione e di promuovere forme di collaborazione con gli uffici delle presidenze delle giunte regionali al fine di armonizzare i testi normativi statali e regionali.

L'una e l'altra questione sono prive di fondamento.

Tanto le censure formulate dalla Regione Trentino-Alto Adige, quanto quelle prospettate dalla Provincia di Bolzano nei confronti dell'art. 19, primo comma, lett. p, partono dall'erroneo presupposto di ritenere le funzioni delineate dalle disposizioni impugnate come dotate di rilevanza esterna ed incidenti, in quanto tali, nella sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle ricorrenti. In realtà così non é, poiché gli adempimenti posti a carico del Segretario generale concernono attività interne alla Presidenza del Consiglio che, nella loro proiezione esterna, non possono non riferirsi a funzioni e competenze proprie del Presidente del Consiglio dei ministri. Questa caratterizzazione degli adempimenti considerati deriva tanto dalla natura evidentemente similare delle attività previste in altre lettere dello stesso comma, quanto dalla configurazione giuridica da riconoscere al Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, che e quella propria di un organo posto al vertice dell'amministrazione interna alla stessa Presidenza, al quale non sono mai imputati poteri o rapporti aventi una valenza politica esterna.

Le considerazioni appena svolte valgono a maggior ragione in riferimento alle analoghe censure mosse dalla Regione Trentino- Alto Adige nei confronti dell'art. 23, sesto comma, il quale attribuisce a un ufficio interno al Segretariato generale, e cioè all'Ufficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attività normativa del Governo sia poteri di avvalimento di altri organi della pubblica amministrazione, sia la promozione di forme di collaborazione con gli uffici delle presidenze delle giunte regionali. Anche in tal caso, infatti, si tratta di attività meramente preparatorie e istruttorie rispetto a quelle decisionali, che, oltretutto, quando riguardano uffici regionali, possono svolgersi soltanto ove vi consentano i presidenti delle rispettive giunte.

14.-La Provincia di Bolzano contesta, infine, la legittimità costituzionale dell'art. 12, settimo comma, il quale - nel delegare al Governo l'adozione di provvedimenti legislativi relativi al riordino e all’eventuale soppressione di organismi a composizione mista Stato - regioni in modo da accentrare le corrispondenti competenze (salvo quelle tecnicoscientifiche) nella Conferenza Stato - regioni prevista dallo stesso art. 12 e in modo da ridisciplinare la prestazione dei pareri, già di competenza delle predette commissioni, riguardo alle questioni di carattere generale per le quali debbano anche essere sentite tutte le regioni e le province autonome - si porrebbe in contrasto con le disposizioni indicate al precedente punto 4, ed in particolare con l'art. 107 dello Statuto, con la misura n. 137 del c.d < Pacchetto delle norme a favore delle popolazioni altoatesine> (approvato dal Parlamento con o.d.g. nelle sedute del 4 e 5 dicembre 1969) e con le altre norme di attuazione che prevedono l'istituzione di commissioni paritetiche per l'attuazione dello Statuto.

La questione e priva di fondamento, in quanto le disposizioni censurate non si riferiscono, certo, alle varie commissioni paritetiche, formate da rappresentanti dello Stato e da delegati della Regione Trentino-Alto Adige o delle Province autonome di Trento e di Bolzano, che operano in connessione con i compiti di attuazione dello Statuto della predetta Regione. L'art. 12, settimo comma, si riferisce, invece, alle molteplici commissioni miste previste da varie leggi al fine di svolgere, settore per settore, attività del tipo di quelle che lo stesso art. 12 tende ad accentrare nella < Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome> (art. 12, comma quinto).

In altre parole, le disposizioni impugnate compiono un'opportuna opera di razionalizzazione e di semplificazione delle procedure di raccordo previste in relazione all'adozione di atti statali interessanti direttamente le regioni, procedure che, non incidendo affatto nel campo dell'attuazione degli Statuti speciali, non possono minimamente porsi in contrasto con i parametri invocati dalla Provincia di Bolzano.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettera p, della legge 14 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), nella parte in cui si riferisce all'annullamento degli atti degli enti locali e degli enti dipendenti dalla regione, sollevata, in riferimento agli artt. 4, n. 1, 5 e 60 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia), dalla Regione Friuli-Venezia Giulia con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale relative alle disposizioni dell'art. 2, terzo comma, lettera p, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in quanto concernenti disposizioni già dichiarate incostituzionali;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettera d, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sollevate, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento:

a) agli artt. 5 e 116 della Costituzione, 3, terzo comma, 8, 9, 16, 40, ultimo comma, 52 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige), dalla Provincia autonoma di Trento;

b) all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, dalla Regione Friuli-Venezia Giulia;

c) agli artt. 5, 6, 116 e 125 della Costituzione e agli artt. 3, terzo comma, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 61, 78, 87, 88, 90, 91, 92, 98, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione, in relazione all'art. 10 del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430), dalla Provincia autonoma di Bolzano;

d) agli artt. 3 e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Regione Sardegna) e 2 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, dalla Regione Sardegna;

e) agli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione agli artt. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382 e 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, dalla Regione Veneto;

f) agli artt. 116 della Costituzione, 4, 5, 16, 41, 44, 87 ed 88 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e 32 e ss. e 42 e ss. del d.P.R. 1° febbraio 1973, n. 49, dalla Regione Trentino-Alto Adige;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nella parte in cui non prevede l'intervento del Presidente della Regione alle sedute del Consiglio dei ministri relative alle delibere indicate nello stesso articolo per le quali l'intervento sia richiesto dallo Statuto o dalle norme di attuazione dello stesso, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all'art. 44 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in relazione all'art. 4 del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469;

5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettera h, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Regione Veneto in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dagli artt. 1 e 5 della legge 22 luglio 1975, n. 382 e 6 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonché dalla Regione Trentino-Alto Adige in riferimento agli artt. 116 della Costituzione, 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670;

6) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettera d, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nella parte in cui non prevede la concorrenza dell'interesse nazionale alla tutela delle minoranze linguistiche locali, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 4, 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e alle norme interposte contenute nell'art. 10 del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430);

7) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, quinto comma, lettera b, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Regione Sardegna in riferimento agli artt. 116 della Costituzione, 3 e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e dalla Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 5, 6, 116, 125 e 134 della Costituzione, agli artt. 3, terzo comma, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 81, 78, 87, 88, 90, 91, 92, 98, 103, 104, 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e alle norme interposte contenute nell'art. 10 del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430);

8) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, secondo comma, lettere e ed f, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Sardegna in riferimento agli artt. 3 e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, come attuata dal d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250 e dall'art. 2 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348;

9) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, primo comma, lettera c, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento:

a) agli artt. 5, 6, 116, 125 e 134 della Costituzione, agli artt. 3, terzo comma, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 61, 78, 87, 88, 90, 91, 92, 98, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonché alle norme interposte contenute nell'art. 10 del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430) dalla Provincia autonoma di Bolzano;

b) agli artt. 117, 118 e 125 della Costituzione, in relazione agli artt. 41-54, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, dalla Regione Veneto;

c) agli artt. 116 della Costituzione e 4, 5, 16, 41, 44, 87, 88 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come attuati dagli artt. 32 e ss. e 42 e ss. del d.P.R. 10 febbraio 1973, n. 49 dalla Regione Trentino-Alto Adige;

10) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettera e, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Trentino-Alto Adige in riferimento agli artt 116 della Costituzione e 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come attuati dagli artt. 32 e ss. e 42 e ss. del d.P.R. 1973, n. 49; 31 agosto 1972, n. 670, nonché alle norme interposte contenute nell'art. 10 del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/04/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 28/04/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE