Ordinanza n. 155 del 1989

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ORDINANZA N.155

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, terzo comma, e 8, quarto comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1988 dalla Commissione tributaria di primo grado di Aosta sul ricorso proposto da Carrozza Ruggiero contro l'Intendenza di Finanza di Aosta, iscritta al n. 552 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1988;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Aosta, con ordinanza 9 febbraio 1989 (R.O. n. 552 del 1988) ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, terzo comma e 8, ultimo comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117;

che secondo tale ordinanza l'art. 7, terzo comma, della legge anzidetta - stabilendo che i cittadini estranei alla magistratura, i quali concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo e nei casi di colpa grave previsti dall'art. 2, comma terzo, lett. b) e c)- violerebbe l'art. 3 della Costituzione, avendo previsto per i giudici non togati un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a quello previsto per i giudici conciliatori e i giudici popolari, i quali rispondono solo in caso di dolo;

che l'art. 8, ultimo comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117-prevedendo per gli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria, che la misura della rivalsa sia calcolata in rapporto allo stipendio iniziale annuo (al netto delle trattenute fiscali) che compete al magistrato di tribunale ovvero, se l'estraneo che partecipa all'esercizio delle funzioni giudiziarie percepisce uno stipendio annuo netto o reddito di lavoro autonomo netto inferiore allo stipendio iniziale del magistrato di tribunale, in rapporto a tale stipendio o reddito, al tempo in cui l'azione di risarcimento é proposta -contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, essendo irragionevole che lo Stato possa rivalersi nella stessa misura, in termini proporzionali, sui giudici di carriera e sugli estranei che partecipano all'esercizio delle funzioni giudiziarie;

che davanti a questa Corte si é costituita l'Avvocatura generale dello Stato, la quale é intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo in via principale che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza e, in via subordinata, che sia dichiarata non fondata;

considerato che l'eccezione d'inammissibilità per difetto di rilevanza é priva di fondamento, poiché le questioni concernono norme che, regolando la responsabilità del giudice, incidono sul suo status e attengono alla <protezione> dell'esercizio della funzione, nella quale i doveri si accompagnano ai diritti (cfr. la sentenza n. 18 del 1989);

che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, terzo comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117 appare manifestamente infondata, sulla base dei principi già affermati nella citata sentenza n. 18 del 1989, con la quale questa Corte ha ritenuto non irragionevole che i cittadini estranei alla magistratura, i quali concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali, siano responsabili, a titolo di colpa, solo per i più macroscopici errori di fatto-quali sono quelli previsti dall'art. 2, terzo comma, lett. b) e c) - e solo a titolo di dolo per le violazioni di legge;

che parimenti, é manifestamente infondata la questione relativa alla determinazione della misura massima della rivalsa dello Stato nei confronti degli estranei che partecipano o concorrono a partecipare all'esercizio della funzione giudiziaria, così come disposta dall'art. 8, ultimo comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117, poiché rientra nell'esercizio della discrezionalità legislativa - non censurabile in quanto non irragionevole - la determinazione dei limiti massimi di tale rivalsa in relazione al reddito di lavoro complessivo dei giudici non togati;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, terzo comma e 8, ultimo comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevate con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1989.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 21 marzo 1989.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Gabriele PESCATORE, REDATTORE