Sentenza n. 108 del 1989

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SENTENZA N.108

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge 11 novembre 1971, n. 1046 (Modifiche ed integrazioni alla legge 4 marzo 1958, n. 179, concernente l'istituzione e l'ordinamento della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti ed abrogazione della legge 6 ottobre 1964, n. 983, recante modificazioni alla predetta legge n. 179) promosso con ordinanza emessa l'8 giugno 1988 dal Pretore di Vercelli nel procedimento civile vertente tra Zanotti Dante e la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per ingegneri e architetti ed altro, iscritta al n. 558 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

 

Considerato in diritto

 

1.-Il Pretore di Vercelli dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 2, secondo comma, della legge n. 1046 del 1971, concernente la Cassa di previdenza per gli ingegneri e architetti, nella parte in cui esclude dall'iscrizione alla Cassa gli ingegneri e architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza dell'esercizio di un'altra attività di lavoro autonomo.

La violazione del principio di eguaglianza é denunciata in base al confronto col trattamento di altre categorie professionali, e in particolare di quella forense, la cui disciplina previdenziale assoggetta all'obbligo di iscrizione alla Cassa anche gli avvocati che svolgano contemporaneamente un’attività comportante iscrizione obbligatoria a una diversa forma di previdenza. Ma, come più volte ha osservato questa Corte (sentenze n. 91 del 1972, 133 del 1984, 1008 del 1988), il confronto con altre categorie professionali non conduce a una constatazione di disparità di trattamento ai sensi dell'art. 3 della Costituzione.

Fino a quando il legislatore non provveda al riordinamento, con criteri unitari, dei trattamenti di previdenza delle categorie dei liberi professionisti, secondo la direttiva enunciata nell'art. 1 della legge n. 127 del 1980, i vari sistemi previdenziali nell'ambito delle libere professioni conservano una propria autonoma individualità, cosi che la soluzione di un problema accolta da uno di essi non può essere valutata paragonandola con la soluzione accolta da altri.

Del resto, la categoria degli ingegneri e caratterizzata, rispetto a quella forense, da una diversità di condizioni che spiega e giustifica la differente disciplina del caso di cui si discute. La gamma di attività, sia di lavoro autonomo sia di lavoro subordinato, compatibili con l'esercizio della professione di ingegnere e di gran lunga più ampia di quella delle attività (comportanti un regime previdenziale obbligatorio) compatibili con l'esercizio dell'avvocatura. Anziché assecondare il principio di solidarietà, che nel sistema della previdenza forense e sotteso all'affiliazione obbligatoria alla Cassa anche degli iscritti all'albo già tutelati da una forma diversa di previdenza obbligatoria, l'adozione della medesima disciplina per gli ingegneri avrebbe invece - come é stato osservato durante i lavori preparatori della legge n. 6 del 1987 (cfr. Senato della Repubblica, V legislatura, X Commissione, seduta del 14 luglio 1971, pag. 597)-indotto la Cassa di previdenza di questa categoria <in una condizione di squilibrio finanziario>. Invero, nella maggior parte dei casi gli ingegneri impegnati in altre forme di attività, a causa della conseguente marginalità dell'esercizio professionale, ridurrebbero il loro apporto alla Cassa al contributo minimo.

2.-La questione non appare fondata nemmeno alla stregua dell'art. 38 della Costituzione. A chi esercita la professione di ingegnere o architetto contestualmente ad altra attività di lavoro l'art. 2, secondo comma, della legge n. 1046 del 1971 non impedisce di ottenere una tutela previdenziale adeguata per l'invalidità o la vecchiaia, ma preclude soltanto, per la ragione teste esposta, l'acquisizione di una duplice posizione assicurativa nell'ambito della previdenza pubblica.

Che poi, in ragione del breve periodo di iscrizione alla Cassa artigiani e della correlativa esclusione dall'iscrizione alla Cassa ingegneri, il ricorrente non abbia maturato il diritto a pensione, ciò dipende da circostanze di fatto non chiarite nell'ordinanza di rimessione, ma comunque - come osserva giustamente l'Avvocatura dello Stato - non rilevanti ai fini della valutazione di legittimità della norma in esame. Nel periodo intercorrente tra il 1977, anno di cessazione dell'attività di artigiano e il 1980, anno di concessione della pensione poi revocata, il ricorrente poteva, mediante tempestiva reiscrizione alla Cassa di previdenza per gli ingegneri, recuperare il triennio di contribuzione perduto agli effetti della maturazione del diritto a pensione nei confronti di questa Cassa: tanto più che a quell'epoca non vigeva la condizione dell'esercizio continuativo della professione, poi introdotta dall'art. 21, primo comma, della legge n. 6 del 1981.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge 11 novembre 1971, n. 1046 (Modifiche ed integrazioni alla legge 4 marzo 1958, n. 179, concernente l'istituzione e l'ordinamento della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti ed abrogazione della legge 6 ottobre 1964, n. 983, recante modificazioni alla predetta legge n179), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Vercelli con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/03/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 16/03/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE