Sentenza n. 102 del 1989

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SENTENZA N.102

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della legge della Provincia autonoma di Trento riapprovata il 18 luglio 1988 dal Consiglio provinciale, avente per oggetto: <Norme generali in materia di assetto della disciplina del rapporto di impiego del personale della Provincia> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 4 agosto 1988, depositato in cancelleria l'11 successivo ed iscritto al n. 22 del registro ricorsi 1988.

Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;

udito nell'udienza pubblica del 29 novembre 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il ricorrente, e l'Avvocato Sergio Panunzio per la Provincia.

 

Considerato in diritto

 

1.-Il Presidente del Consiglio dei Ministri dubita della legittimità costituzionale della legge della Provincia di Trento, dal titolo <Norme generali in materia di assetto della disciplina del rapporto d'impiego del personale della Provincia>, che e stata approvata dal Consiglio provinciale il 18 gennaio 1988 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 18 luglio dello stesso anno. In particolare, il ricorrente sospetta d'incostituzionalità: a) gli artt. 1 e 2, n. 6, i quali esorbiterebbero dalla sfera di autonomia costituzionalmente attribuita alla Provincia, in quanto fanno riferimento, il primo, ai dipendenti degli enti pubblici operanti nel territorio della Provincia, anziché ai soli dipendenti provinciali, e, il secondo, a una generica disciplina, da attuarsi con un successivo atto normativo, concernente <le garanzie del personale in ordine all'esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali>; b) gli artt. 3 e 4, settimo comma, i quali, nel prevedere che l'impiego pubblico provinciale sia regolato, per gli aspetti ivi indicati, da accordi sindacali da rendere esecutivi con decreto del Presidente della Giunta, violerebbero l'art. 8, n. 1, dello Statuto, che, attribuendo alla Provincia una competenza legislativa esclusiva sulla materia, presupporrebbe l'esistenza di una riserva di legge; c) l'art. 5, primo comma, il quale, nel de mandare agli accordi sindacali provinciali il compito di stabilire distinte discipline per le categorie del personale medico e di quello veterinario, contrasterebbe con l'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in virtù del quale il trattamento economico e normativo del personale del servizio sanitario nazionale dev'essere disciplinato in base ad accordi nazionali, resi esecutivi da decreti del Presidente della Repubblica.

2. - Va, innanzitutto, dichiarata l'inammissibilità della questione di costituzionalità relativa all'art. 2, n. 6, in quanto tale motivo di ricorso era contenuto nell'atto di rinvio, non già come una vera e propria censura, ma, più semplicemente, come un'osservazione che il Governo ha espresso in spirito di leale cooperazione verso il legislatore provinciale.

Con giurisprudenza da tempo consolidata (v. sentt. nn. 8 del 1967, 147 del 1972, 123 e 132 del 1975, 212 del 1976, 107 del 1983, 72 del 1985, 217 del 1987, e 38 del 1989), questa Corte ha affermato che tra il rinvio governativo per il riesame e il successivo ricorso per illegittimità costituzionale deve sussistere una sostanziale corrispondenza dei motivi addotti, in quanto l'uno e l'altro atto costituiscono, a norma dell'art. 127 della Costituzione, due distinte fasi funzionalmente collegate dal fine di esercitare un controllo sulla legittimità della legge regionale o provinciale. Poiché la ratio di tale principio risiede nella garanzia che la regione o la provincia la cui legge sia sottoposta al controllo dev'essere messa in condizione di poter conoscere sin dall'inizio i dubbi di legittimità prospettati, al fine di poterli eliminare in sede di riesame della legge ovvero di contestarne la fondatezza con la riapprovazione ed, eventualmente, con la resistenza in giudizio, da ciò discende che le osservazioni formulate dal Governo a fini diversi da quello del controllo e non costituenti, pertanto, vere e proprie censure, comportanti un vincolo di riesame per il Consiglio regionale o provinciale, non possono essere validamente riprese e sviluppate nel ricorso come motivi d'incostituzionalità della legge impugnata. E che i rilievi concernenti l'art. 2, n. 6, non costituiscano vere e proprie censure é detto espressamente dal Governo nell'atto di rinvio. In esso, infatti, dopo che sono stati esposti gli altri profili d'illegittimità, si legge testualmente: <per tali motivi Governo habet rinviato legge at nuovo esame Consiglio provinciale. Governo habet inoltre osservato con riguardo at articolo 2, punto f (rectius: 6) (...) che tale disciplina debet intendersi limitata at ambito competenza legislativa provinciale>. Appare, dunque, chiaro che l'ultimo dei rilievi non rientra tra i motivi per cui il Governo ha effettuato il rinvio della legge e, in conseguenza di ciò, non può validamente costituire motivo di ricorso.

3.-Infondate nei termini appresso indicati sono le questioni relative agli artt. 1 e 5, primo comma, della legge impugnata.

Secondo il ricorrente l'art. 1, nell'individuare per la legge impugnata l'obiettivo <della graduale omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, della perequazione e trasparenza dei trattamenti economici del proprio personale con quelli del personale degli enti pubblici operanti nel territorio della Regione Trentino Alto-Adige>, esorbiterebbe dai confini dell'autonomia provinciale, in quanto assumerebbe come proprio oggetto anche i trattamenti economici del personale di enti diversi da quelli provinciali.

In realtà, stando anche al semplice tenore letterale della disposizione impugnata, il riferimento agli altri dipendenti degli enti pubblici operanti nel territorio regionale e chiaramente operato come termine di comparazione per la graduale omogeneizzazione e la perequazione dei trattamenti economici dei dipendenti provinciali, e non già come oggetto di disciplina della legge medesima.

Del pari infondata nei sensi di cui in motivazione e la questione relativa all'art. 5, primo comma. Secondo il ricorrente, tale articolo, nel prevedere che gli accordi sindacali provinciali conterranno distinte disposizioni <in relazione alle categorie del personale medico, veterinario e dei vigili del fuoco dipendenti dalla Provincia>, si porrebbe in contrasto con l'art. 8, n. 1, dello Statuto, come attuato dall'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, per il quale il trattamento economico e normativo di tutto il personale dipendente dal servizio sanitario nazionale, compreso quello operante nella provincia di Trento, e disciplinato mediante un accordo nazionale unico reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Non v'é dubbio che, contrariamente a quanto sostiene la Provincia di Trento, l'art. 47 della legge n. 833 del 1978 e diretto a stabilire una disciplina uniforme per tutto il personale dipendente dal servizio sanitario nazionale, compreso quello operante nelle province autonome di Trento e di Bolzano, come del resto e dimostrato, tra l'altro, dal riferimento, al penultimo comma dell'articolo, alle garanzie per la parificazione delle lingue italiana e tedesca nella provincia di Bolzano. Tuttavia, deve escludersi che con tale articolo si ponga in contrasto la norma impugnata, in quanto quest'ultima si riferisce espressamente <alle categorie del personale medico, veterinario (...) dipendenti dalla Provincia>, e non al personale operante all'interno del servizio sanitario nazionale.

Circoscritto, così, il suo ambito di operatività, l'art. 5, primo comma, non può minimamente entrare in collisione con il ricordato art. 47 della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale e non appare, pertanto, esorbitare dai limiti costituzionalmente posti alla competenza legislativa provinciale.

4.-Infondata é, infine, la censura prospettata dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti dell'art. 3 e dell'art. 4, settimo comma.

Tali articoli stabiliscono, per il trattamento economico e normativo dei dipendenti della Provincia, il principio della disciplina in base ad accordi provinciali, ripetendo, persino nella formulazione letterale, le norme previste all'art. 3 della legge quadro sul pubblico impiego (legge 29 marzo 1983, n. 93).

Secondo il ricorrente, tali disposizioni contrasterebbero con l'art. 8, n. 1, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, che a suo dire, nell'attribuire alla Provincia di Trento una competenza legislativa esclusiva sull'ordinamento degli uffici pubblici e del personale, prevederebbe una riserva assoluta di legge.

Tuttavia, l'interpretazione che il ricorrente da alla norma statutaria invocata come parametro non e corretta. L'art. 8, nel determinare le materie oggetto della competenza legislativa esclusiva della Provincia di Trento, non mira a definire la ripartizione delle competenze fra gli organi interni alla Provincia stessa, ma ha piuttosto lo scopo di stabilire, nelle materie indicate, la linea del confine esterno tra le competenze provinciali e quelle dello Stato o di altre autonomie regionali o provinciali. La ripartizione dell'ambito di competenza da riconoscere alla legge rispetto ai regolamenti e agli atti amministrativi avviene necessariamente, anche in relazione alle attribuzioni provinciali, sulla base dei principi costituzionali regolanti il rapporto tra le fonti normative nelle materie interessate. E, poiché in tema di organizzazione degli uffici pubblici l'art. 97 della Costituzione dispone, come questa Corte ha più volte affermato (v. sentt. nn. 221 del 1976, 161 del 1982), una riserva di legge relativa, ne consegue che non può considerarsi costituzionalmente illegittima una norma che, stabilendo i principi e i criteri che devono presiedere alla disciplina del rapporto d'impiego provinciale, demandi quest'ultima a una procedura complessa, basata sugli accordi con le categorie interessate e culminante nella recezione degli stessi da parte di un decreto del Presidente della Giunta provinciale, previa deliberazione della Giunta medesima.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, n. 6, della legge della Provincia di Trento (Norme generali in materia di assetto della disciplina del rapporto d'impiego del personale della Provincia), riapprovata il 18 luglio 1988, sollevata, in riferimento all'art. 8, n. 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto Speciale della Regione Trentino-Alto Adige), dal Presidente del Consiglio dei Ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5, primo comma, della suddetta legge della Provincia di Trento, sollevate, in riferimento all'art. 8, n. 1 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto Speciale della Regione Trentino-Alto Adige), dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4, settimo comma, della suddetta legge della Provincia di Trento, sollevate, in riferimento all'art. 8, n. 1 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto Speciale per il Trentino-Alto Adige), dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/02/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 09/03/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE