Ordinanza n.1140 del 1988

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ORDINANZA N.1140

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 del r.d. 9 settembre 1941 (Ordinamento giudiziario militare di pace e di guerra e norme complementari) e dell'art. 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace) promossi con dodici ordinanze del Tribunale militare di Padova emesse il 3 e il 5 maggio 1988 ed iscritte ai nn. 304, 331, 332, 333, 337, 338, 339, 340, 341, 342, 343 e 344 del registro ordinanze 1988 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 28, 30 e 31/1a s.s. dell'anno 1988.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 dicembre 1988 il Giudice relatore Renato Dell'Andro;

udito l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

Ritenuto che il Tribunale militare di Padova, con le ordinanze indicate in epigrafe, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del r.d. 9 settembre 1941, n. 1022 (Ordinamento giudiziario militare di pace e di guerra e norme complementari) e dell'art. 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace) in riferimento agli artt. 3, 13, 28, 97, 101, 105, 107, 108 Cost.;

che, in particolare, il giudice a quo ritiene, anzitutto, che l'attuale mancanza di organi che possano adottare provvedimenti disciplinari nei confronti di magistrati militari renderebbe priva di contenuto l'intera responsabilità disciplinare e pertanto contrasterebbe con gli artt. 28, 97, primo comma, 105 e 107 Cost.;

che, in secondo luogo, a parere dello stesso giudice, detta situazione sarebbe in contrasto col principio di soggezione del giudice alla legge, fissato dall'art. 101, secondo comma, Cost. in quanto la sussistenza della sola responsabilità penale e civile non sarebbe sufficiente ad evitare violazioni di legge da parte del giudice militare;

che, in terzo luogo, sussisterebbe violazione dell'art. 3 Cost., venendosi a creare ingiustificata disparità di trattamento tra l'imputato militare giudicato dal giudice militare, ossia da un giudice non soggetto ad attuale e concreta responsabilità disciplinare, e l'imputato militare giudicato (per effetto di connessione) dal giudice ordinario assoggettabile a sanzione disciplinare e quindi più vincolato alla legge;

che, in quarto luogo, la medesima situazione potrebbe anche incidere sulla stessa libertà personale, garantita dall'art. 13 Cost., che potrebbe essere ristretta al di fuori dei casi e modi previsti dalla legge ad opera d'un giudice per il quale non esistono sufficienti garanzie di totale soggezione alla legge;

che, infine, sempre a parere del giudice a quo, la mancata previsione di meccanismi che, per l'esercizio delle funzioni giudiziarie, svincolino l'ufficiale-giudice, componente il collegio, dal potere gerarchico-disciplinare, al quale è sottoposto per lo svolgimento della sua ordinaria attività extragiudiziaria, determinerebbe violazione dell'art. 108, secondo comma, Cost., in quanto non sarebbero sufficientemente garantite le condizioni d'indipendenza dello stesso ufficiale-giudice;

Considerato che tutte le predette ordinanze propongono identiche questioni e possono, pertanto, essere congiuntamente decise;

che non sempre, per l'esistenza dell'obbligo giuridico, è essenziale la previsione di sanzioni per la violazione del medesimo o di organi che infliggano e realizzino sanzioni predisposte dalla legge per la predetta violazione;

che, invero, nel sistema dell'ordinamento giuridico statale, è espressamente previsto che per alcuni soggetti, investiti di particolari funzioni, la titolarità di determinati obblighi giuridici non è condizionata né all'esistenza di specifiche sanzioni né tantomeno alla funzionalità di organi realizzatori di sanzioni predisposte per l'ipotesi di violazione degli stessi obblighi;

che quanto ora osservato va ritenuto valido anche per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali: sicché la soggezione dei giudici (soltanto) alla legge, di cui al secondo comma dell'art. 101 Cost., deve affermarsi permanere intatta anche in mancanza di organi d'attuazione delle previste sanzioni disciplinari da infliggere agli stessi giudici;

che le ordinanze di rimessione danno per scontato un indissolubile nesso tra corretto esercizio della funzione giurisdizionale ed esposizione dei soggetti titolari della stessa funzione a responsabilità disciplinare;

che il predetto nesso va invece decisamente escluso, tenuto conto che la funzione giurisdizionale dello <ius dicere>, sulla quale questa Corte è chiamata a decidere (e che trova già controlli, oltre che nella stessa struttura triadica del processo, nei mezzi processuali di riesame delle relative decisioni) va nettamente distinta dall'attività (ad es. comportamento, rendimento ecc.) censurabile in sede amministrativo-disciplinare;

che, anche quando dovesse ritenersi che la responsabilità disciplinare contribuisca all'ottimale esercizio della funzione giurisdizionale, da nessuno dei parametri costituzionali invocati può desumersi che l'impossibilita d'effettiva, attuale, applicazione di sanzioni disciplinari ai magistrati militari limiti a tal punto il corretto esercizio dello <ius dicere> da dover dichiarare costituzionalmente illegittimo l'intero apparato giudiziario militare;

considerato altresì che l'eventuale illegittimo controllo dell'attività giurisdizionale del militare-giudice, da parte del potere disciplinare al quale il medesimo è soggetto in quanto militare (e per il suo comportamento di militare e non di giudice) va censurato in sede di controllo giurisdizionale amministrativo;

e che la mera eventualità d'un eccesso di potere da parte di organi amministrativo-disciplinari non può certo condurre alla dichiarazione d'illegittimità costituzionale della partecipazione di militari-giudici alla formazione di collegi di Tribunali militari; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle cinque ordinanze emesse in data 3 maggio 1988 dal Tribunale militare di Padova (Reg. Ordd. nn. 304/88; 333/88; 337/88; 338/88; 339/88) e dalle sette ordinanze emesse in data 5 maggio 1988 dallo stesso Tribunale (Reg. ordd. nn. 331/88; 332/88; 340/88; 341/88; 342/88; 343/88; 344/88).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 22 Dicembre 1988.