Sentenza n.1129 del 1988

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SENTENZA N.1129

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 215 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 9 gennaio 1974 dal Tribunale di Frosinone nel procedimento civile vertente tra Di Folca Filomena e l'I.N.A.I.L., iscritta al n. 283 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 dell'anno 1983.

Visti gli atti di costituzione di Di Folca Filomena e del l'I.N.A.I.L.;

udito nell'udienza pubblica del 29 novembre 1988 il giudice relatore Ugo Spagnoli;

udito l'Avv. Enrico Ruffini per l'I.N.A.I.L..

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Frosinone dubita che contrasti con gli artt. 3, 35, primo comma e 38, secondo comma, Cost., l'art. 215 d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) nella parte in cui subordina la corresponsione della rendita per inabilita permanente parziale conseguente ad infortuni sul lavoro in agricoltura alla sussistenza di una riduzione dell'attitudine al lavoro di grado superiore al 15%.

Ciò, a suo avviso, darebbe luogo ad ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli infortuni occorsi ai lavoratori del l'industria-cui la rendita è corrisposta in caso di riduzione dell'attitudine al lavoro superiore al 10(5o (art .74 del medesimo T.U.) - e determinerebbe, conseguentemente, un'inadeguata protezione previdenziale dal rischio infortunistico, non corrispondente alle esigenze di vita dei lavoratori.

2. - La questione è fondata.

Giova premettere che la disparità di trattamento lamentata dal giudice a quo è stata eliminata con l'art. 5 della legge 8 agosto 1972, n. 457, con il quale il grado di invalidità permanente che da titolo alla corresponsione della rendita in caso di infortunio sul lavoro in agricoltura e stato fissato <in misura superiore al 10 per cento>, pari, cioè, a quella prevista dall'art. 74, secondo comma, T.U. n. 1124 del 1965 per gli infortuni sul lavoro nell'industria.

Disponendo tale equiparazione, il legislatore ha indubbiamente riconosciuto che le due attività, agricola ed industriale, non possono essere differenziate ne quanto ad entità del rischio ad esse inerente, ne quanto ad incidenza della riduzione della capacita lavorativa sulla residua capacita di guadagno. Si tratta, quindi, di accertare se la diversa valutazione effettuata dal legislatore delegato nel 1965 possa o meno trovare razionale giustificazione.

La disposizione del T.U. impugnato non puo, invero, essere considerata come mera riproduzione delle previgenti disposizioni in materia, il cui nucleo normativo essenziale-concernente la considerazione, nel settore agricolo, della sola inabilita di grado superiore al 15 per cento - risale all'art. 3, secondo comma, del d.l. lgt. 23 agosto 1917, n. 1450. L'ampiezza della delega contenuta nell'art. 30 della legge 19 gennaio 1963, n. 15-diretta ad introdurre <modifiche, correzioni, ampliamenti> delle norme vigenti, ivi compresa la <revisione dei criteri valutativi delle inabilita> ed il <miglioramento delle prestazioni>-rende infatti palese che si e qui in presenza non di una mera novazione della fonte, ma di una precisa scelta del legislatore delegato diretta ad escludere l'equiparazione poi realizzata dal legislatore del 1972: scelta -è da notare- che si appalesa contrastante con quella implicita in molteplici disposizioni innovative del titolo II del T.U. che, attraverso il frequente rinvio a quelle corrispondenti del titolo I, testimoniano di un indirizzo generale tendenzialmente volto a realizzare un'equiparazione di normativa tra settore industriale e settore agricolo.

3.-Così precisati i termini della questione, va qui ribadito che dal principio di uguaglianza discende che a parità di inabilita deve corrispondere parità di tutela previdenziale (cfr. sent. n. 246 del 1986). Una volta, cioè, che si riconosca che inabilita permanente tra l'11 ed il 16% sono tali da non consentire una normale esplicazione dell'attività lavorativa e quindi da ridurre in misura significativa la capacita biologica di guadagno, e in linea di principio incongruo che la tutela previdenziale sia riconosciuta solo per talune delle attività riconosciute meritevoli di protezione e non per altre.

Non par dubbio, innanzitutto, che già all'epoca dell'emanazione del T.U. n. 1124 del 1965 la meccanizzazione dell'agricoltura avesse raggiunto un ambito di diffusione tale da non consentire una netta separazione, sotto il profilo dei livelli di rischio, tra attività agricole ed industriali: e ciò tanto più se si considera che l'art. 1, quinto comma del T.U ammette a fruire dell'assicurazione obbligatoria non solo gli addetti alle macchine, ma anche gli occupati in lavori complementari e sussidiari compiuti in locali diversi e separati da quelli in cui si svolge la lavorazione principale. Ma ciò che più conta, ai fini in discorso, e che la riduzione dell'attitudine al lavoro, ai fini del riconoscimento della prestazione assicurativa, va riferita- secondo quanto comunemente si ritiene -al lavoro generico e non a quello specifico. Perciò, rispetto ad un'attività agricola non più essenzialmente manuale, resta priva di dimostrazione l'assunzione-su cui la norma impugnata si fonda - dell'irrilevanza sulla residua capacita di guadagno del lavoratore agricolo di riduzioni della capacita lavorativa tra l'11 ed il 16%.

Devono ritenersi violati, di conseguenza, tanto l'art. 3- per il deteriore trattamento ingiustificatamente riservato rispetto a chi operi nel settore industriale-quanto l'art. 38, secondo comma, Cost., per il mancato apprestamento di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di inabilita da infortunio del grado considerato. Resta così assorbita la censura riferita all'art. 35, primo comma, Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 215, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) nella parte in cui, per i casi di infortunio sul lavoro in agricoltura, richiede, ai fini della corresponsione della rendita, un grado di inabilita permanente parziale superiore al quindici per cento, anziché al dieci per cento.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 22 Dicembre 1988.