Sentenza n.1113 del 1988

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SENTENZA N.1113

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, della legge 29 novembre 1962, n. 1680 (<Esenzione dall'imposta di successione e da quella sul valore globale dell'asse ereditario netto per i fondi rustici già coltivati direttamente dal defunto>), promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1987 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Enna sul ricorso proposto da Di Benedetto Gaetano ed altri, iscritta al n. 255 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24/1a serie speciale dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Considerato in diritto

1.-La Commissione tributaria di secondo grado di Enna denuncia (R.O. n. 255 del 1988) l'illegittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 1, ultimo comma, della legge 29 novembre 1962, n. 1680, recante <Esenzione dall'imposta di successione e da quella sul valore globale dell'asse ereditario netto per i fondi rustici già coltivati direttamente dal defunto>, nella parte in cui prevede un trattamento tributario agevolato nei confronti dei soli eredi testamentari beneficiari di un fondo rustico coltivato dalla famiglia almeno per i cinque anni precedenti l'apertura della successione e non anche nei confronti degli eredi legittimi.

L'art. 1 della legge n. 1680 del 1962, abrogata con l'art. 58 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, dispone ai primi due commi che nelle successioni, anche a titolo di legato, sono esenti dalla imposta sul valore globale e da quella di successione le quote relative a fondi rustici già coltivati dal defunto o dai suoi familiari, devolute in linea retta o al coniuge, quando i chiamati siano coltivatori diretti o facciano parte del nucleo familiare del defunto o traggano sostentamento da lavoro agricolo subordinato o da prestazione d'opera nell'allevamento del bestiame, ovvero, per le eredi o legatarie, se coniugate con coltivatore diretto o salariato agricolo.

L'ultimo comma dell'art. 1 estende tali esenzioni ai mezzadri, agli affittuari coltivatori diretti ed agli altri lavoratori agricoli che, <con atto mortis causa>, siano beneficiari del fondo rustico coltivato da essi o dalla loro famiglia per almeno cinque anni antecedenti l'apertura della successione.

Secondo il giudice a quo, la mancata previsione nell'ultimo comma dell'art. 1 di un trattamento analogo per gli eredi legittimi coltivatori diretti che abbiano coltivato il fondo per almeno un quinquennio sarebbe lesiva del generale principio di eguaglianza.

2. - La questione non è fondata.

Dall'esame dell'art. 1 della legge n. 1680 del 1962 si ricava agevolmente che il primo comma pone a base del beneficio -nell'ambito di una ristretta categoria di successibili (i discendenti in linea retta ed il coniuge), senza precisare peraltro il titolo della successione mortis causa, che può essere quindi tanto legittima che testamentaria - una qualità personale del chiamato: quella di coltivatore diretto (o comunque di lavoratore agricolo subordinato ovvero dedito all'allevamento del bestiame) o di componente del nucleo familiare del defunto.

L'ultimo comma, denunciato dal giudice a quo, assume invece quale presupposto dell'esenzione un particolare rapporto con il fondo oggetto della trasmissione: l'avere il chiamato o la famiglia di lui coltivato il fondo, per cinque anni almeno, prima dell'apertura della successione. Con ciò volendosi premiare o stimolare-come risulta dai lavori preparatori- l'attività prestata sul fondo dai soggetti ora indicati.

Orbene, sempre che ricorra il particolare rapporto ora descritto con il fondo, rapporto che costituisce - come si è detto - il presupposto del beneficio, non è dato ravvisare ragioni obbiettive per escludere da questo gli eredi legittimi. Sicché l'esclusione non può argomentarsi, secondo quanto fa il giudice a quo, che dall'espressione testuale utilizzata dalla legge: <con atto mortis causa>.

Tali considerazioni, ivi compresa l'omessa indicazione, al primo comma, dello specifico titolo ereditario (successione legittima ovvero testamentaria), inducono a ravvisare nella locuzione <atto mortis causa> una espressione ellittica, non infrequente nel linguaggio legislativo, giustificata dalla circostanza che tra i beneficiari della esenzione sono compresi anche soggetti (mezzadri, affittuari etc.) generalmente estranei al defunto, e quindi eredi non legittimi, per i quali costituisce ovviamente titolo necessario per la successione mortis causa il testamento ovvero un legato.

La norma va dunque interpretata nel senso che essa comprende nella esenzione, sempre che ricorra il particolare rapporto col fondo sopra illustrato, gli eredi legittimi. E, così interpretata, essa non incorre nel vizio denunciato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, della legge 29 novembre 1962, n. 1680 (<Esenzione dall'imposta di successione e da quella sul valore globale dell'asse ereditario netto per i fondi rustici già coltivati direttamente dal defunto>), in riferimento all'art. 3 Cost., sollevata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Enna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 20 Dicembre 1988.