Ordinanza n. 1035 del 1988

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ORDINANZA N.1035

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, terzo comma, 11, l2 e l3 del d. l. l2 gennaio l988, n. 2, intitolato: .Modifiche alla legge 28 febbraio l985, n. 47, concernente nuove norme in materia di controllo dell'attività urbanistico - edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive>, promosso con ricorso della Regione Umbria, notificato il l2 febbraio l988, depositato in cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi l988.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

Ritenuto che la Regione Umbria, con il ricorso di cui in epigrafe, ha sollevato numerose questioni di legittimità costituzionale avverso il decreto-legge 12 gennaio 1988, n. 2 (<Modifiche alla legge 28 febbraio 1985 n. 47, concernente nuove norme in materia di controllo dell'attività urbanistico - edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive>);

che, innanzitutto, la Regione dubita della legittimità costituzionale del decreto-legge nel suo complesso, perché, essendo stato adottato in assenza dei requisiti prescritti e costituendo il sesto provvedimento di contenuto identico ad altri decreti non convertiti, violerebbe l'art. 77 Cost.;

che, inoltre, la Regione dubita della legittimità costituzionale degli artt. 4, terzo comma, 11, 12 e 13, primo comma, del decreto legge impugnato;

che, in particolare, ad avviso della ricorrente, l'art. 4, terzo comma, il quale rimette ad un decreto ministeriale la determinazione degli accertamenti da eseguire al fine della certificazione richiesta dal secondo comma, lettera b, dell'art. 35 della legge n. 47 del 1985, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., in relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, allegato A, in quanto incide sulla funzione di vigilanza, sia preventiva che successiva all'inizio dei lavori, sulle costruzioni in zone sismiche, di sicura competenza regionale;

che l'art. 11, secondo il quale agli effetti della tabella allegata alla legge n. 47 del 1985 si considerano conformi agli strumenti urbanistici vigenti anche le opere conformi a strumenti adottati entro la data del 2 ottobre 1986, anche se non ancora approvati, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., in quanto esclude la rilevanza dell'approvazione degli strumenti urbanistici da parte dei competenti organi regionali, e l'art. 3 Cost., in quanto irragionevolmente prevede che gli stessi effetti vengano prodotti da strumenti urbanistici approvati e da strumenti urbanistici solo adottati, determinando, altresì, la possibilità per soggetti che si trovano in situazioni differenti di ottenere il condono mediante il pagamento di una somma computata con i medesimi criteri;

che l'art 12, nel suo complesso, in quanto prevede un sistema di gestione del vincolo paesaggistico - ambientale non idoneo a garantire l'attuazione del valore primario del paesaggio, secondo quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 151 del 1986, violerebbe l'art. 9 Cost., mentre il terzo comma del medesimo art. 12 violerebbe l'art. 77 Cost., in relazione agli artt. 117 e 118 Cost., in quanto il continuo spostamento del termine per la presentazione delle domande, determinato dalla reiterazione dei decreti legge non convertiti, vanifica, anche attraverso il semplice decorso del termine, gli eventuali pareri negativi espressi dalla regione, nell'esercizio delle competenze ad essa attribuite dalle leggi nn. 47 e 431 del 1985 (ritenuta, quest'ultima, con la citata sentenza, conforme al principio cooperativistico, come applicato nei rapporti tra Stato e regioni);

che, infine, l'art. 13, primo comma, il quale attribuisce al Ministro dei lavori pubblici il potere di stabilire i criteri e gli indirizzi per il coordinamento delle politiche di risanamento delle zone interessate dall'abusivismo, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., in quanto consente un intervento statale, caso per caso, in una materia di sicura competenza regionale;

che si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, eccependo la inammissibilità delle questioni proposte in riferimento a disposizioni costituzionali non direttamente attributive di competenza alle regioni, e chiedendo che le altre questioni siano dichiarate non fondate.

Considerato che il ricorso della Regione Umbria solleva questioni identiche a quelle proposte dalla Regione Toscana avverso il medesimo decreto legge e decise con la sentenza n. 302 del 10 marzo 1988, con la quale é stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 12 del decreto legge n. 2 del 1988, la inammissibilità delle questioni proposte in riferimento ai soli artt. 77, 3 e 9 Cost., e la infondatezza delle restanti questioni concernenti gli artt. 4, 11 e 13 del predetto decreto legge;

che, peraltro, successivamente alla citata sentenza, il decreto legge impugnato e stato convertito, con modificazioni, con la legge 13 marzo 1988, n. 68;

che le modificazioni, rilevanti ai fini del presente giudizio, apportate in sede di conversione, concernono gli artt. 4, terzo comma, 12, e 13, primo comma;

che, in particolare, l'art. 4, terzo comma, e stato integrato con la previsione che il decreto del Ministro dei lavori pubblici debba essere adottato entro il termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione;

che l'art. 12 é stato interamente sostituito, prevedendosi che il parere di cui all'art. 32, primo comma, della legge n. 47 del 1985, sia espresso in base al meccanismo di cooperazione fra regioni e Stato previsto dall'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dal d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con legge 8 agosto 1985, n. 431;

che, del pari, l'art. 13 e stato interamente sostituito, prevedendosi, al primo comma, che gli indirizzi per il recupero edilizio, urbanistico ed ambientale delle zone interessate dal l'abusivismo siano fissati dal Ministro dei lavori pubblici, sentite le Regioni, le quali possono anche fornire indicazioni per la predisposizione di programmi di interventi per le zone maggiormente interessate;

che, secondo la pregressa giurisprudenza di questa Corte in tema di rapporti tra decreto-legge e legge di conversione, l'impugnativa proposta nei confronti del decreto-legge si estende anche alle corrispondenti disposizioni della legge di conversione (v., in tal senso, sentt. nn. 75 del 1967 e 151 del 1986);

che, conseguentemente, la questione di legittimità costituzionale dell'intero decreto-legge, sollevata in riferimento all'art. 77 Cost., già dichiarata inammissibile con la sentenza n. 302 del 1988, va dichiarata manifestamente inammissibile, costituendo, anzi, l'intervenuta conversione un ulteriore ed autonomo motivo di inammissibilità (v., da ultimo, sent. n. 1033 del 1988);

che, parimenti, manifestamente inammissibili devono essere dichiarate le questioni concernenti l'art. 12 del decreto-legge n. 2 del 1988, innanzitutto, in quanto, un'identica questione, sollevata in riferimento all'art. 9 Cost., é già stata dichiarata inammissibile con la sentenza n. 302 del 1988; in secondo luogo, in quanto le questioni sollevate in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. hanno dato luogo a una dichiarazione d'illegittimità costituzionale pronunziata con la sentenza da ultimo citata; e, in fine, in quanto le nuove disposizioni introdotte dalla legge di conversione richiamano norme (art. 82, comma nono, del d.P.R. n. 616 del 1977 introdotto dal d.l. n. 312 del 1985, convertito con l. n. 431 del 1985) radicalmente diverse da quelle impugnate e sulle quali, peraltro, questa Corte si é già pronunziata nel senso dell'infondatezza dei dubbi sollevati sulla loro incostituzionalità (sent. n. 151 del 1986);

che la questione concernente l'art. 4, terzo comma, del d. l. n. 2 del 1988, come convertito con la legge n. 68 del 1988, deve essere dichiarata manifestamente infondata, in quanto identica questione e già stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 302 del 1988, mentre le modificazioni apportate in sede di conversione non incidono in alcun modo sul contenuto precettivo della disposizione impugnata;

che le questioni concernenti l'art. 11 del citato decreto legge, non modificato dalla legge di conversione n. 68 del 1988, vanno dichiarate l'una - quella proposta in riferimento all'art. 3 Cost. - manifestamente inammissibile, in quanto già dichiarata inammissibile con la citata sentenza n. 302 del 1988, e l'altra - quella proposta in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. -manifestamente infondata, in quanto già dichiarata non fondata con la predetta sentenza, senza che la Regione Umbria abbia addotto elementi tali da indurre ad una differente valutazione;

che, infine, la questione concernente l'art. 13, primo comma, nel testo risultante dalla legge di conversione, va dichiarata manifestamente infondata, in quanto la questione relativa alla disposizione contenuta nel decreto legge e stata già dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., mentre le modificazioni introdotte, pur apportando sensibili innovazioni, non appaiono tali, tuttavia, da indurre ad escludere l'effetto estensivo della impugnativa, potendosi anzi dire che, se infondata era la questione di legittimità costituzionale della originaria disposizione, a maggior ragione lo sarebbe quella concernente le disposizioni introdotte dalla legge di conversione, che hanno previsto la partecipazione delle regioni all'attività ivi disciplinata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 25 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legge 12 gennaio 1988, n. 2 (<Modifiche alla legge 28 febbraio 1985 n. 47, concernente nuove norme in materia di controllo dell'attività urbanistico - edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive>), convertito, con modificazioni, con legge 13 marzo 1988, n. 68, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost., dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 12 del decreto legge 12 gennaio 1988, n. 2, convertito con legge 13 marzo 1988, n. 68, sollevate, rispettivamente, in riferimento all'art. 3, e agli artt. 9, 117, 118, e 77 Cost., dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, terzo comma, 11 e 13, primo comma, del decreto legge 12 gennaio 1988, n. 2, convertito con legge 13 marzo 1988, n. 68, sollevate, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27/10/88.

 

Francesco SAJA - Antonio BALDASSARRE

 

Depositata in cancelleria il 15/11/88.