Sentenza n. 1010 del 1988

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SENTENZA N.1010

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4, secondo e terzo comma, della legge della Regione Sicilia 3 febbraio 1968, n. 1 (<Primi provvedimenti per la ripresa civile ed economica delle zone colpite dai terremoti del 1967 e 1968>), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 aprile 1980 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia sul ricorso proposto da Antogna Francesco ed altri contro il Presidente della Regione Sicilia ed altri, iscritta al n. 346 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 303 dell'anno 1982;

2) ordinanza emessa il 26 gennaio 1984 dal Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia sui ricorsi riuniti pro posti da Gallo Paolo ed altri contro il Presidente della Regione Sicilia ed altri, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 161 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di costituzione della Società Termale Abano Sciacca e di Badano Giovanni, nonché gli atti di intervento della Regione Sicilia;

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato Federico Sorrentino per la Società Termale Abano - Sciacca e l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per la Regione Sicilia.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze di rimessione prospettano dubbi di legittimità costituzionale concernenti la medesima disposizione.

I relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. -La disposizione impugnata e contenuta nell'art. 4, terzo comma, della legge della Regione Siciliana 3 febbraio 1968, n. 1, dovendosi ritenere che solo per errore nel dispositivo dell'ordinanza emessa dal Consiglio di Giustizia amministrativa e indicato l'art. 4, secondo comma, della medesima legge. E, infatti, l'art. 4, terzo comma, a disciplinare la fase finale del procedimento di approvazione dei piani urbanistici comprensoriali, prevedendo che gli stessi siano approvati dal Presidente della Regione, sentita la Giunta di Governo.

In entrambe le ordinanze viene prospettato il dubbio che la disposizione impugnata, nel consentire, al pari di quanto previsto dalla legge urbanistica statale per i piani regolatori generali, che, in sede di approvazione, vengano apportate al piano urbanistico comprensoriale, adottato dal consorzio di Comuni, modifiche d'ufficio che non vanno portate a conoscenza del consorzio stesso o dei singoli Comuni interessati, violerebbe gli artt. 5 (erroneamente indicato nel dispositivo dell'ordinanza del T.A.R. per la Sicilia come art. 3 Cost.), 114 e 128 della Costituzione, nonché l'art. 14 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana.

3. - La questione non é fondata.

I giudici a quibus, pur riconoscendo che i piani urbanistici comprensoriali sono diversi dai piani regolatori comunali, ritengono che la norma procedimentale posta dall'art. 10, quarto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (come modificato dalla legge 6 agosto 1967, n. 765), la quale prevede la comunicazione al Comune delle modificazioni che la Giunta regionale intende apportare, in sede di approvazione, al piano regolatore adottato, sia diretta espressione della garanzia costituzionale dell'autonomia comunale, garanzia che dovrebbe essere osservata anche nei casi in cui l'amministrazione comunale faccia parte di un consorzio. Per tali motivi, essi ritengono che la legge impugnata, non prevedendo un obbligo di comunicazione analogo a quello ora ricordato, debba esser considerata in contrasto con le norme costituzionali poste a garanzia dell'autonomia comunale.

Pur tralasciando il dubbio se dall'art. 10, quarto comma, appena citato, possa desumersi un principio generale dell'ordinamento, idoneo a vincolare la potestà esclusiva della Regione Siciliana in materia di urbanistica e di regime degli enti locali (art. 14, lett. f ed o St. Sic.), occorre rilevare che, come ha esattamente sostenuto l'Avvocatura dello Stato intervenuta nel presente giudizio a difesa della Regione Siciliana, la previa audizione dell'ente locale sulle modifiche da apportare al piano regolatore in sede di approvazione in tanto ha un proprio fondamento in quanto lo strumento urbanistico sottoposto ad approvazione sia il piano regolatore comunale.

Ove, invece, come nel caso di specie, lo strumento urbanistico sia un piano di livello superiore, in riferimento al quale predominante é l'interesse della Regione (autorità preposta all'approvazione), la questione presenta aspetti differenti.

In quest'ultima ipotesi, anche se non vi può esser dubbio che la garanzia costituzionale del principio autonomistico, prevista dagli artt. 5 e 128 della Costituzione, può dirsi rispettata ogni qual volta il procedimento finalizzato all'approvazione degli strumenti urbanistici sia articolato in modo tale da assicurare una sostanziale partecipazione allo stesso degli enti il cui assetto territoriale e determinato dagli strumenti in questione, appare del pari indubbio che l'individuazione dei modi nei quali tale coinvolgimento può avvenire é rimessa alla discrezionalità del legislatore (statale o regionale che sia), la quale può esser sindacata da questa Corte solamente sotto il profilo della sua ragionevolezza.

E, del resto, che il concreto atteggiarsi delle modalità di partecipazione degli enti locali territoriali al procedimento di formazione dei piani urbanistici rientri nella discrezionalità del legislatore, é reso evidente dalla circostanza che i giudici a quibus, pur partendo da argomentazioni coincidenti, individuano distinte modalità di partecipazione, lamentando, l'uno, la mancanza di una previsione dell'obbligo di comunicare le modifiche apportate in sede di approvazione al consorzio di Comuni e dolendosi, l'altro, della medesima mancanza in riferimento alle singole amministrazioni interessate alle modifiche.

Sta di fatto, comunque, che, sotto il profilo della ragionevolezza della scelta legislativa oggetto del presente giudizio, il procedimento delineato per la formazione dei piani urbanistici comprensoriali appare coerente con le finalità generali perseguite dalla legge regionale che lo prevede, consistenti nell'organico e programmato assetto delle zone colpite dagli eventi sismici del 1967 e del 1968, finalità che vanno realizzate anche attraverso le previsioni relative allo sviluppo e alla trasformazione degli insediamenti abitativi e produttivi (art. 2, primo e secondo comma). In altre parole, si tratta di un procedimento in se compiuto, che risponde a una logica sua propria e che, pertanto, non si presta ad integrazioni mediante il riferimento, per quanto non previsto, a una legge, come quella urbanistica dello Stato, che é in realtà ispirata, data la diversa natura dei piani ivi previsti, a finalità diverse.

Del resto, questa Corte non può sottacere che la peculiarità delle situazioni alle quali ha tentato di far fronte la legge 3 febbraio 1968, n. 1 é già stata riconosciuta da questa Corte, allorché ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Siciliana 5 novembre 1973, n. 38 (<Norme concernenti la durata dei vincoli degli strumenti urbanistici nel territorio della Regione Siciliana>), che richiama la predetta legge, proprio in virtù della temporaneità di quella normativa e dello stretto collegamento della stessa con le esigenze poste dagli eventi sismici del 1967 e del 1968 (v. sent. n. 82 del 1982).

4. - Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, appaiono privi di consistenza anche gli altri argomenti addotti dai giudici a quibus o dalle parti.

Innanzitutto, il riferimento contenuto nelle ordinanze di rimessione alle norme sul procedimento relativo all'approvazione, da parte di singoli comuni, delle varianti ai piani comprensoriali,-le quali comportano la comunicazione all'amministrazione comunale interessata delle modifiche apportate d'ufficio in sede di approvazione (artt. 8, sesto comma, e 4 della legge 27 dicembre 1978, n. 71) - non é soltanto inconferente ai fini della dimostrazione della pretesa incostituzionalità della disposizione impugnata, ma fornisce, anzi, ulteriori ragioni a sostegno della non fondatezza della questione.

A dire il vero, la disposizione attinente alle varianti é contenuta in un articolo che prevede, da un lato, la cessazione della esistenza dei consorzi ed il conseguente scioglimento delle assemblee consortili e, dall'altro, la perdurante efficacia dei piani urbanistici comprensoriali sino alla eventuale adozione, da parte dei Comuni appartenenti al consorzio, di strumenti urbanistici generali, che tengano conto delle direttive poste dal vigente piano comprensoriale. Il fatto che le varianti debbano essere approvate in base a un procedimento che dispone la comunicazione all'amministrazione comunale interessata delle modifiche apportate d'ufficio in sede di approvazione risponde, dunque, non già a un, se pur tardivo, riconoscimento del legislatore regionale della inadeguatezza (se non della illegittimità) della preesistente disciplina, ma piuttosto all'esigenza di conciliare la perdurante vigenza dei piani comprensoriali con la cessazione dei consorzi obbligatori, che avevano adottato quei piani. Si tratta, in altre parole, di una disposizione che conferma l'unitarietà del procedimento di formazione dei piani comprensoriali disciplinato dalla legge regionale n. 1 del 1968, nonché la sua rispondenza agli interessi della pianificazione sovracomunale che il legislatore intendeva perseguire.

Né, contrariamente a quanto arguito da una parte privata, può essere attribuito particolare rilievo alla sentenza di questa Corte n. 13 del 1980, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 5 e 128 Cost., di due disposizioni di una legge regionale siciliana, in quanto consentivano all'assessore regionale per il territorio e l'ambiente di apportare, a tutela del pubblico interesse, modifiche essenziali ai piani regolatori generali adottati dai comuni, le quali non trovavano giustificazione nell'adeguamento a leggi statali e regionali o nel concorso di alcune delle condizioni previste dall'art. 3 della legge n. 765 del 1967.

Il riferimento a questa sentenza, infatti, non é pertinente per due motivi.

In primo luogo, perché la pronuncia appena ricordata investiva lo stesso potere regionale di approvazione (con modificazioni sostanziali non riconducibili alle ipotesi previste dalla legge statale) del piano regolatore comunale, mentre nel caso di specie nessun dubbio é sollevato in ordine al medesimo potere, lamentandosi solo la mancata comunicazione alle Amministrazioni interessate o al consorzio. In secondo luogo, perché la controversia decisa con la precedente sentenza concerneva le modificazioni apportabili al piano regolatore comunale, e non già quelle relative a piani di livello superiore. Per tali motivi non é possibile trarre da quella decisione alcun elemento nel senso della fondatezza della questione oggetto del presente giudizio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, terzo comma, della legge della Regione Siciliana 3 febbraio 1968, n. 1 (<Primi provvedimenti per la ripresa civile ed economica delle zone colpite dai terremoti del 1967 e 1968>), sollevata, in riferimento agli artt. 5, 114 e 128 Cost., e 14 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia e dal T.A.R. per la Sicilia con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/88.

 

Francesco SAJA - Antonio BALDASSARRE

 

Depositata in cancelleria il 03/11/88.