Sentenza n. 971 del 1988

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SENTENZA N.971

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art,. 236 delle norme della Regione siciliana di cui al d.lgv. pres. 29 ottobre 1955 n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana) e art. 85 lett. a) d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (statuto degli impiegati civili dello Stato), promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1985 dal T.A.R. per la Sicilia sez. Catania sul ricorso proposto da Iuvara Vincenzo contro Comune di Ispica, iscritta al n. 248 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, 1° s.s. del 1988;

udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1988 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.

 

Considerato in diritto

 

1.1. - 'art. 85 lett. a) d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (statuto degli impiegati civili dello Stato), direttamente applicabile ai dipendenti degli enti locali della Sicilia per effetto dell'art. 236 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana (d.lgv. pres. 29 ottobre 1955 n. 6), dispone che l'impiegato incorre nella destituzione, escluso il procedimento disciplinare, a seguito di condanna per taluni delitti specificamente elencati, fra cui il peculato, così come dedotto in fattispecie.

1.2. - Il Collegio remittente dubita della legittimità costituzionale di tale normativa per la rigidità della massima sanzione espulsiva, senza cioè che attraverso il procedimento disciplinare sia possibile operare, nella misura della sanzione, alcuna graduazione riferita al caso concreto: in tal modo verrebbero a esser vulnerati, oltre la tutela del lavoro (artt. 4 e 35) e del buon andamento amministrativo (art. 97), i principi fondamentali di ragionevolezza chiaramente desumibili dall'art. 3 Cost.

2.1. - La questione é fondata.

La Corte ha già avuto modo di considerare, per identiche fattispecie, come l'ordinamento appaia vieppiù orientato, oggi, verso la esclusione di sanzioni rigide, avulse da un confacente rapporto di adeguatezza col caso concreto ed ha osservato esser ciò largamente tendenziale - in adempimento del principio di eguaglianza - nell'area punitiva penale e con identica incidenza anche nel campo disciplinare amministrativo (sent. n. 270 del 1986).

La necessità di razionalizzare il sistema, in atto stemperato nell'indistinto poiché diverse e difformi in parte le corrispondenti norme contenute nei vari ordinamenti per i pubblici dipendenti, rivelava, tuttavia, che i rimedi esaustivi andavano assunti dal Parlamento, dovendosi operare scelte globali ai fini di omogeneizzazione, in punto, dell'intero comparto pubblico.

2.2. - Nuovamente investita della questione la Corte deve tener conto che, in conformità alle premesse affermazioni, un recente disegno di legge, volto a modificare talune norme del codice penale in materia di circostanze attenuanti e di sospensione condizionale della pena, contiene disposizioni in ordine all'oggetto dell'odierna fattispecie, dirette a rendere inoperante, infatti, la destituzione di diritto limitatamente ai casi di sospensione condizionale. Non rileva qui esame di sorta sui limiti subiettivi cui il legislatore intenderebbe circoscrivere - ma comunque mantenere - la menzionata sanzione rigida; va favorevolmente considerato, tuttavia, che si intende comunque perseguire, nella sede legislativa, la riferibilità univoca a tutti i pubblici dipendenti.

Sicchè appare di certo tendenzialmente concretato quell'intento di adeguamento delle scelte di criteri di omogeneizzazione emergenti dalla l. quadro sul pubblico impiego (29 marzo 1983 n. 93) che operato da un ramo del Parlamento (il disegno ha ottenuto il voto della Camera e trovasi ora presso il Senato: doc. n. 1239) consente ora alla Corte - che ne aveva chiaramente avvertita la pressante esigenza . di dispiegare, senz'ulteriori remore, la propria verifica.

3. - L'indispensabile gradualità sanzionatoria, ivi compresa la misura massima destitutoria, importa - dunque - che le valutazioni relative siano ricondotte, ognora, alla naturale sede di valutazione: il procedimento disciplinare, in difetto di che ogni relativa norma risulta incoerente, per il suo automatismo, e conseguentemente irrazionale ex art. 3 Cost.

Assorbita ogni altra questione, va dichiarata pertanto l'illegittimità costituzionale dell'art. 85 lett. a) d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 e dell'art. 236 delle norme per gli enti locali nella Regione siciliana di cui al d.lgv. pres. 29 ottobre 1955 n. 6, nella parte in cui in luogo del mero provvedimento di destituzione di diritto non prevedono l'esperimento del procedimento disciplinare.

In conseguenza di quanto sin qui considerato e in applicazione dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87 va dichiarata, negli stessi termini, l'illegittimità costituzionale dell'art. 247 r.d. 3 marzo 1934 n. 383, nel testo sostituito con l. 27 giugno 1942 n. 851; dell'art. 66 lett. a) d.P.R. 15 dicembre 1969 n. 1229; dell'art. 1 comma 2 l. 13 maggio 1975 n. 157 (in relazione all'art. 85 lett. a) d.P.R. n. 3 del 1957); dell'art. 57 lett. a) d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761; dell'art. 8 lett. a) d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, tutti specificati in dispositivo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 85 lett. a) d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (statuto degli impiegati civili dello Stato) e dell'art. 236 delle norme della regione siciliana di cui al d.lgv. pres. 29 ottobre 1955 n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana), nella parte in cui non prevedono, in luogo del provvedimento di destituzione di diritto, l'apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare;

- dichiara, in applicazione dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87, e negli stessi termini di cui al precedente punto, l'illegittimità costituzionale degli articoli:

. 247 r.d. 3 marzo 1934 n. 383 (t.u. l. com. e prov.), nel testo sostituito con l. 27 giugno 1942 n. 851;

. 66 lett. d) d.P.R. 15 dicembre 1959 n. 1229 (Ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiai giudiziari>);

. 1 comma 2 l. 13 maggio 1975 n. 157 (estensione delle norme dello statuto degli impiegati civili dello Stato agli operai dello Stato);

. 57 lett. a) d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 (Statuto giuridico del personale delle Unità sanitarie locali);

. 8 lett. a) d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737 (Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/10/1988.

 

Francesco SAJA - Giuseppe Borzellino

 

Depositata in cancelleria il 14/10/1988.