Ordinanza n. 915 del 1988

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ORDINANZA N.915

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (<Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati>), e dell'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299 (<Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 7 maggio 1980, n. 153, concernente norme per l'attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno 1980>), promosso con ordinanza emessa il 29 ottobre 1986 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Bernardi Michele contro il Ministero di grazia e giustizia ed altri, iscritta al n. 837 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima Serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 luglio 1988 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, adito da un magistrato per l'annullamento del provvedimento con il quale era stato disposto il recupero di una somma già pagata in esecuzione di sentenza passata in giudicato, ha sollevato, con ordinanza emessa il 29 ottobre 1986, questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 24, 103, 111 e 113 della Costituzione, dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (<Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati>), nella parte in cui prevede il riassorbimento o, comunque, le detrazioni a conguaglio a carico dell'indennità di buonuscita delle somme corrisposte a seguito della decisione di cui all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 27 del 1983;

che, con la medesima ordinanza, il tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 3, della legge 7 luglio 1980, n. 299 (<Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 7 maggio 1980, n. 153, concernente norme per l'attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno 1980>), e successive modifiche ed integrazioni, nella parte in cui non estende al personale statale il diritto al computo nell'indennità di fine rapporto della indennità integrativa speciale stabilita dalla legge 27 maggio 1959, n. 324;

che riguardo alla prima questione, il giudice a quo prospetta una lesione del principio costituzionale della separazione dei poteri, avendo il legislatore assunto, vanificandole, competenze proprie del potere giudiziario;

che in ordine alla seconda questione il giudice a quo rileva come l'indennità premio di fine servizio, spettante ai dipendenti degli enti locali alla cessazione del rapporto, non presenti differenze sul piano strutturale e funzionale rispetto all'indennità di buonuscita percepita dal personale statale, in particolare per quanto concerne l'aspetto contributivo;

che, pertanto, da ciò conseguirebbe una irrazionale disparità di trattamento tra le due categorie di personale, <tradizionalmente destinatarie> di norme di contenuto analogo.

Considerato che questa Corte, con sentenza del 24 marzo 1988, n. 413, ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, disposizione volta ad eliminare <esiti privilegiati di trattamento economico riproduttivi di disparità non tollerabili nel quadro di intenti costituzionalmente legittimi della volontà legislativa>;

che il giudice a quo non prospetta argomenti nuovi o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, dovendosi intendere il richiamo all'art. 111 della Costituzione come strumentale al fine di motivare l'asserita lesione delle norme sulla giurisdizione;

che la censura concernente l'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, nella parte in cui non estende al personale statale il diritto al calcolo dell'indennità integrativa speciale nell'indennità di buonuscita, é questione del tutto assimilabile a quelle oggetto della declaratoria di inammissibilità resa con la sentenza 11 febbraio 1988, n. 220;

che in proposito vanno svolte identiche considerazioni circa la non sindacabilità, ex art. 3 della Costituzione, della determinazione compiuta dal legislatore con riguardo alla base retributiva utile ai fini dei trattamenti di quiescenza, mentre nessuna motivazione e contenuta nell'ordinanza di rimessione in ordine alla dedotta violazione dell'art. 97 della Costituzione, parametro rispetto al quale non risulta quindi compiuta la prescritta delibazione della non manifesta infondatezza;

che, conseguentemente, entrambe le questioni sono manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (<Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati>), sollevata, in riferimento agli artt. 24, 103, 111 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con l'ordinanza di cui epigrafe;

b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299 (<Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 7 maggio 1980, n. 153, concernente norme per l'attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno 1980>), sollevata con la medesima ordinanza, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/07/88.

 

Francesco SAJA - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 26/07/88.