Sentenza n. 887 del 1988

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SENTENZA N.887

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del D.L. 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 5 maggio 1957 n. 271), promosso con ordinanza emessa il 12 novembre 1987 dal Tribunale di Catania nel procedimento penale a carico di Ferrara Carmelo, iscritta al n. 864 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 prima s.s. dell'anno 1988;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 6 luglio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo;

 

Considerato in diritto

 

Come ricorda l'Avvocatura dello Stato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione afferma in maniera costante che l'espressione <prodotti trovati nel deposito>, contenuta nel denunziato art. 13 d.l. n. 271 del 1957, si riferisce a tutti i prodotti ivi immessi e non soltanto a quelli esistenti al momento dell'accertamento del reato. A simile risultato interpretativo si perviene considerando, da un lato, che il reato di omessa denunzia di deposito ha natura permanente con conseguente punibilità di tutta la condotta mantenuta nel corso della situazione illecita e, dall'altro, che l'accertamento (il <trovare>) può essere espletato anche attraverso riscontri contabili e non solo con la misurazione delle giacenze.

Ulteriore argomento atto a coonestare questo indirizzo consolidato lo offre lo stesso Tribunale di Catania, quando mostra le conseguenze assurde e palesemente contrastanti con il principio d'eguaglianza cui da luogo un'interpretazione basata sul puro dato letterale impiegato nell'art. 13.

In tal modo la coincidenza del diritto vivente con l'interpretazione della norma conforme a Costituzione, conduce questa Corte ad una decisione interpretativa di rigetto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.l. 5 maggio 1957 n. 271, convertito in l. 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.l. 5 maggio 1957 n. 271, concernente disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), promossa dal Tribunale di Catania, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/07/88.

 

Francesco SAJA - Ettore GALLO

 

Depositata in cancelleria il 26/07/88.