Sentenza n. 746 del 1988

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SENTENZA N.746

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale approvata il 29 luglio 1986 e riapprovata il 2 dicembre 1986, avente ad oggetto: <Divieto dell'uso dei fitofarmaci nei centri abitati>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 20 dicembre 1986, depositato in cancelleria il 30 dicembre 1986 successivo ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 1986.

Visti gli atti di costituzione dell'Avvocato dello Stato Sergio Laporta e degli avvocati Alberto Predieri e Gabriele Galvani;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri;

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'avv. Fabio Lorenzoni per la Regione.

 

Considerato in diritto

 

1.- La questione di legittimità costituzionale sottoposta al giudizio di questa Corte investe la legge della Regione Marche approvata il 29 luglio 1986 e riapprovata il 2 dicembre 1986, avente per oggetto il divieto dell'uso dei fitofarmaci nei centri abitati.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorrente denuncia la violazione dell'art. 117 Cost. sostenendo che il divieto d'uso dei <fitofarmaci che vengono impiegati per prevenire i danni causati alle specie vegetali da insetti o altri parassiti> (art. 1 della legge impugnata) costituirebbe una lesione della competenza legislativa riservata allo Stato in materia di commercializzazione e connesso impiego dei presidi sanitari e dei prodotti assimilati (art. 6, lett. c, l. 23 dicembre 1978, n. 833).

2. La questione non é fondata.

L'Avvocatura dello Stato afferma nel ricorso che <la citata disposizione della legge n. 833 del 1978, certamente riferita anche ai fitofarmaci, pur apparendo testualmente limitata al <commercio>, non potrebbe <non comprendere la fase dell'impiego od utilizzazione> dei prodotti, <rappresentando- questa - il naturale e logico sbocco di quella precedente, preordinata all'acquisizione del bene da parte del consumatore finale>. Tale interpretazione-sempre secondo l'Avvocatura - sarebbe confortata dalla lettura della successiva lett. i) dell'art. 6, dove, in presenza di un'identica ratio legis, il termine <impiego> e espressamente collegato a quello di <commercio>.

Ne conseguirebbe un attentato alla sfera d'attribuzioni statali giacche se é lo Stato competente ad autorizzare produzione, commercio e impiego dei fitofarmaci, la Regione Marche non potrebbe con la legge denunciata disporne <in via di principio> il divieto d'uso demandando eventuali deroghe, con determinate modalità e limiti, all'autorità comunale.

La difesa della Regione contesta la tesi dell'Avvocatura affermando fra l'altro che proprio dal confronto fra la lett. c) e la lett. i) del citato art. 6 apparirebbe arbitraria l'estensione della competenza in ordine alla produzione ed al commercio dei fitofarmaci anche all'impiego degli stessi.

In buona sostanza mentre la Presidenza del Consiglio ritiene che nel caso in esame il legislatore minus dixit quam voluit, la Regionesi attiene al brocardo lex ubi voluit dixit.

3. - Non é però questo il punto da chiarire. Invero, prescindendo del tutto dal significato da attribuire al confronto fra la formulazione della lett. c) con quella della lettera i) della norma in esame, valutata, come si e visto, in modo antitetico dalle parti, sembra difficile sostenere che, proprio da un punto di vista logico-sistematico, la riserva di competenza per il commercio di un determinato prodotto non comprenda anche la fase dell'impiego o dell'uso dello stesso.

Ciò significa che se una norma di legge riserva allo Stato il potere di disporre circa la produzione e il commercio dei fitofarmaci, di guisa che i fitofarmaci che si trovano in vendita lo sono in quanto autorizzati dall'autorità statale, non é pensabile che la Regione possa con propria normativa vietare in via generale l'impiego degli stessi.

Ma se in proposito può essere sostanzialmente condivisa la tesi dell'Avvocatura, va immediatamente rilevato che l'argomentazione regge solo basandosi su un equivoco, che ne svela l'inconsistenza ai fini perseguiti dal ricorso. Si afferma infatti nell'atto di impugnazione che la legge della Regione Marche si proporrebbe il divieto d'uso dei fitofarmaci in via di principio; tale affermazione non e esatta perché come risulta chiaramente dal titolo e dal testo dell'art. 1 della legge, il divieto riguarda esclusivamente le <aree pubbliche o aperte al pubblico all'interno dei centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici vigenti>.

Si é quindi in presenza di una norma di oggetto circoscritto, con una specifica finalità: quella di tutelare la popolazione ed in particolare i bambini che frequentano le aree a verde pubblico dal pericolo costituito dalle sostanze tossiche contenute nei fitofarmaci con cui si irrorano i vegetali per difenderli dall'attacco degli insetti o di altri parassiti (come risulta dai lavori preparatori), finalità del resto meritevole di più che positivo apprezzamento.

4. - Una norma siffatta non contrasta con la disciplina generale dei prodotti fra i quali sono compresi i fitofarmaci, disciplina cui si é richiamata la Presidenza del Consiglio quale unico parametro della questione sollevata.

Esattamente ha dedotto la difesa della Regione Marche che la legge impugnata per la sua natura, i suoi limiti, le finalità, trova il suo fondamento nella competenza attribuita alla Regione dall'art. 27 comma primo lett. c) del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (salvaguardia della salubrità dell'igiene e della sicurezza in ambienti di vita e di lavoro).

5. - Non si può infatti dubitare che le aree pubbliche o aperte al pubblico dei centri abitati, ed in particolare il <verde> in esse esistente, siano <ambienti di vita> la cui salubrità igiene e sicurezza restano affidate in forza della citata norma del d.P.R. 616 alla competenza della Regione. Ad abundantiam si potrebbe osservare che tale competenza nel caso in discussione e assicurata anche dalla lett. d) del medesimo art. 27 primo comma (<igiene degli insediamenti urbani e delle collettività>), essendo, con ogni evidenza, i centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici compresi nella locuzione <insediamenti urbani>.

Va infine ricordato che, secondo una concorde dottrina e giurisprudenza la competenza regionale nella materia <assistenza sanitaria ed ospedaliera > così come viene definita dal capo IV del citato d.P.R. n. 616 del 1977 può essere esercitata sia con l'emanazione di leggi e regolamenti per disporre criteri di comportamento sia con l'adozione di misure ritenute idonee ad evitare pregiudizi alla salubrità, all'igiene, alla sicurezza.

Non sussiste pertanto nella legge regionale de qua la denunciata violazione dell'art. 117 Cost. ed il ricorso deve essere respinto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 29 luglio 1986 e riapprovata il 2 dicembre 1986 (<Divieto dell'uso dei fitofarmaci nei centri abitati>) sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/88.

 

Francesco SAJA - Mauro FERRI

 

Depositata in cancelleria il 30/06/88.