Sentenza n. 701 del 1988

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SENTENZA N.702

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 della legge 10 maggio 1938, n. 745 (Ordinamento dei Monti di credito su pegno), e 47 del r.d. 25 maggio 1939, n. 1279 (Attuazione della legge 10 maggio 1938-XVI, n. 745, sull'ordinamento dei Monti di credito su pegno), promosso con ordinanza emessa il 17 gennaio 1985 dalla Corte d'Appello di Catania nel procedimento penale a carico di GULLOTTA Antonino ed altri, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 167 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto di costituzione della Banca del Monte S. Agata nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. -La questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 della legge n. 745 del 1938 e 47 del r.d. n. 1279 del 1939, sollevata dalla Corte d'appello di Catania, in riferimento all'art. 42, secondo comma, Cost., non é fondata.

Nell'ordinamento del codice civile 1865 le norme denunziate, già stabilite dall'art. 11 della legge 4 maggio 1898 n. 169, e dall'art. 36 del relativo regolamento approvato con r.d. 14 maggio 1899 n. 185, avevano carattere eccezionale, in quanto derogavano, in favore dei Monti di Pietà, alla disciplina generale dell'art. 707 del codice, che escludeva l'applicabilità della regola <possesso vale titolo> alla circolazione delle cose smarrite o rubate. Nell'ordinamento del codice 1942, che ha soppresso la distinzione tra perdita volontaria e perdita involontaria del possesso da parte del rivendicante, ed ha ammesso la tutela immediata della buona fede del terzo anche nel caso di provenienza della cosa da furto (salvo l'art. 1154), le norme denunziate sono diventate una applicazione specifica della norma generale dell'art. 1153, terzo comma, cod. civ.

Il Monte di Pietà che, nell'esercizio della sua attività istituzionale di prestito su pegno, riceve in buona fede cose mobili altrui a titolo di garanzia reale, acquista il diritto di pegno e, con esso, le facoltà previste dagli artt. 2794 e 2796 cod. civ.

Ne consegue, come appunto dispongono le norme speciali in questione, che spetta al Monte una eccezione dilatoria contro il terzo rivendicante se e in quanto quest'ultimo non offra di <rimborsare il Monte delle somme date a prestito, degli interessi ed accessori>. Tali norme non violano il diritto di proprietà, bensì disciplinano un modo di acquisto del diritto di pegno, il quale per sua natura si costituisce come limite della proprietà.

La nozione <costituzionale> di proprietà comprende pure i diritti reali limitati (cfr. Corte cost. n. 95 del 1966), onde la competenza attribuita alla legge dall'art. 42 Cost. per la determinazione dei modi di acquisto del diritto si estende anche alla costituzione del diritto di pegno.

2. -La massima <possesso vale titolo>, proveniente da un'antica tradizione giuridica diffusa nei paesi europei, regola un conflitto tra l'interesse individuale del proprietario alla conservazione del suo diritto e l'interesse collettivo alla sicurezza del commercio mobiliare dando la prevalenza al secondo, e quindi all'esigenza di tutela dell'affidamento incolpevole dei terzi acquirenti. In questo senso le norme in questione risolvono un problema di ordinamento della proprietà privata assumendo il significato di un vincolo sociale della proprietà, legittimato dallo stesso art. 42, secondo comma, Cost., il quale autorizza la legge a porre limiti alla tutela del diritto del proprietario quando l'utilità sociale lo esiga.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 della legge 10 maggio 1938 n. 745 (<Ordinamento dei Monti di credito su pegno>) e 47 del r.d. 25 maggio 1939 n. 1279 (<Attuazione della legge 10 maggio 1938 n. 745 sull'ordinamento dei Monti di credito su pegno>), sollevata dalla Corte d'appello di Catania con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA -  Luigi MENGONI

 

Depositata in cancelleria il 23/06/88.