Ordinanza n. 678 del 1988

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ORDINANZA N.678

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 8 gennaio 1979, n. 3 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 10 novembre 1978, n. 702, recante disposizioni in materia di finanza locale) di conversione dell'art. 5, quindicesimo comma, del d.l. 10 novembre 1978, n. 702 (Disposizioni in materia di finanza locale), promossi con ordinanze:

1) ordinanza emessa il 17 giugno 1983 dal Pretore di Ancona nel procedimento civile vertente tra Marinucci Carmela e l'Azienda Municipalizzata Servizi di Falconara Marittima, iscritta al n. 719 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29 dell'anno 1984;

2) ordinanza emessa l'8 luglio 1987 dal Pretore di Brescia nel procedimento civile vertente tra Santini Camilla e l'Azienda Servizi Municipalizzati, iscritta al n. 719 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51/1a s.s. dell'anno 1987.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che il Pretore di Ancona, con ordinanza emessa il 17 giugno 1983 nel procedimento civile vertente tra Marinucci Carmela e l'Azienda Municipalizzata Servizi-Falconara Marittima (Reg. Ord. n. 719/83), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 97 Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, quindicesimo comma, del Decreto Legge 10 novembre 1978, n. 702 (Disposizioni in materia di finanza locale) convertito, con modificazioni, in legge 8 gennaio 1979, n. 3, il quale, disciplinando l'assunzione di personale con contratto a termine nelle aziende municipalizzate, stabilisce la durata massima del rapporto in non più di 90 giorni nell'anno solare, prevedendo che, trascorso tale termine, il rapporto stesso e risolto di diritto;

che il Pretore di Brescia, con ordinanza emessa l'8 luglio 1987, nel procedimento civile vertente tra Santini Camilla e l'azienda Servizi Municipalizzati di Brescia (Reg. Ord. n. 719/87) , ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost. -questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 8 gennaio 1979, n. 3, di conversione dell'art. 5, quindicesimo e diciottesimo comma, del D.L. 10 novembre 1978, n. 702, il quale, nel disciplinare l'assunzione di personale con contratto a termine nelle aziende municipalizzate, stabilisce (comma quindicesimo) la durata massima del rapporto in non più di 90 giorni nell'anno solare, prevedendo che trascorso tale termine il rapporto stesso é risolto di diritto e comminando la nullità dei provvedimenti di assunzione o di conferma in servizio eccedenti detto limite massimo (comma diciottesimo);

che nei relativi giudizi é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni;

che, in relazione tanto all'ordinanza emessa dal Pretore di Ancona (R.O. n. 719 del 1983) quanto all'ordinanza emessa dal Pretore di Brescia (R.O. n. 719 del 1987) l'Avvocatura Generale dello Stato, ha dedotto l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, nell'assunto che nessun beneficio deriverebbe alle parti private nei giudizi a quo dall'eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata (art. 5, quindicesimo comma, del D.L. n. 702 del 1978), in quanto l'eliminazione di questa lascerebbe senza sostegno giuridico l'intero rapporto che, divenuto contra legem, non sarebbe comunque suscettibile di conversione in rapporto a tempo indeterminato;

che le ordinanze di rimessione, muovendo dal presupposto della stretta affinità tra la generale categoria normativa dell'ente pubblico economico e la specifica figura delle c.d. aziende municipalizzate (nelle forme di azienda speciale di un Comune o di consorzio di Comuni), dubitano della legittimità costituzionale delle impugnate disposizioni, in quanto porrebbero in essere una ingiustificata disciplina differenziata del rapporto di lavoro a tempo determinato nelle aziende municipalizzate, rispetto all'analogo rapporto di lavoro degli enti pubblici economici, cui si applica la tutela generale prevista dalla legge 18 aprile 1962, n. 230 e, in particolare, l'art. 2, secondo comma, della stessa legge che prevede la convertibilità a tempo indeterminato del rapporto a tempo determinato protratto dopo la scadenza del termine;

che da tale diversità di regime, secondo il Pretore di Ancona, discenderebbe anche un'irragionevole compressione del diritto al lavoro, nonché la violazione del principio di buon andamento della p.a. (artt. 4, 35 e 97 Cost.).

Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano analoghe o comunque connesse questioni, talché va disposta la riunione dei relativi giudizi;

che la dedotta eccezione di inammissibilità, per difetto di rilevanza, deve essere disattesa in quanto la questione di legittimità costituzionale si riferisce all'art. 5, quindicesimo comma, del decreto legge n. 702 del 1978 in parte qua, e cioè limitatamente alla parte in cui fissa la durata massima del contratto a termine in non più di 90 giorni nell'anno solare;

che, quanto al merito della questione, devesi osservare che le disposizioni impugnate sono inserite nel quadro di una complessa articolata legislazione di coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa del settore pubblico allargato, imponendo nel quadro di tali misure speciali vincoli e divieti in materia di assunzione di personale delle aziende municipalizzate, le quali vengono prese in considerazione - per i profili che vengono qui in evidenza- quali organismi degli Enti locali, onde in vista di tale peculiarità non e possibile alcuna assimilazione ne comunque alcun riferimento fra il loro personale e quello degli Enti pubblici economici, rispetto ai quali sono indifferenti gli aspetti della finanza locale nella cui regolamentazione si inquadra la disciplina oggetto della norma impugnata;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata sia in relazione alla lamentata violazione dell'art. 3 Cost., sia in relazione agli altri conseguenti profili di illegittimità costituzionale che da esso si vogliono far discendere.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, quindicesimo e diciottesimo comma, del decreto legge 10 novembre 1978, n. 702 (Disposizione in materia di finanza locale) convertito, con modificazioni, in legge 8 gennaio 1979, n. 3, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 97 Cost., dal Pretore di Ancona e dal Pretore di Brescia, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 16/06/88.