Ordinanza n. 661 del 1988

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ORDINANZA N.661

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale del comma aggiunto dalla legge di conversione 26 aprile 1983, n. 131 (Provvedimenti urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983), al comma quarto dell'art. 30 del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55 (Provvedimenti urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983), come interpretato autenticamente dalla legge 2 maggio 1984, n. 104 (Interpretazione autentica dell'articolo 30, comma 4.1, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n. 131, concernente i provvedimenti adottati dagli enti locali a fini pensionistici e previdenziali) promossi con n. 2 ordinanze emesse il 21 maggio 1984 dalla Corte dei conti-Sezione I giurisdizionale -nei giudizi di responsabilità nei confronti di Ravizza Italo ed altri e di Boschesi Dante ed altri, iscritte al n. 5 del registro ordinanze 1985 e al n. 747 del registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 131 bis dell'anno 1985 e 60/1a s.s. dell'anno 1986.

Visto l'atto di costituzione di Ravizza Italo ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che nel corso di due analoghi giudizi aventi entrambi ad oggetto la responsabilità di alcuni amministratori di enti locali di assistenza, la Corte dei conti con ordinanze in data 21 maggio 1984 (r.o. nn. 5 del 1985 e 747 del 1986) ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 30 comma 4.1 del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55 convertito in legge 26 aprile 1983 n. 131 (Provvedimenti urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983) e dell'articolo unico legge 2 maggio 1984 n. 104 (Interpretazione autentica dell'art. 30, comma 4.1 del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, convertito in legge 26 aprile 1983 n. 131), con riferimento all'art. 81 comma 4, Cost.;

che il danno contestato deriverebbe dal fatto che, avendo gli amministratori, in deroga a quanto previsto nell'accordo nazionale 5 marzo 1974, differito (in un caso al 2 gennaio e nell'altro al 1° febbraio 1975) la decorrenza economica dei miglioramenti retributivi spettanti al personale, gli enti e i loro dipendenti avrebbero corrisposto alla Cassa pensioni dipendenti enti locali (C.P.D.E.L.) contribuzioni previdenziali inferiori a quelle che la decorrenza del trattamento economico fissata dall'accordo nazionale, al 1° gennaio 1975, avrebbe invece comportato (ai sensi dell'art. 23, comma quarto, R.d.l. 3 marzo 1938, n. 680);

che le norme impugnate vengono censurate in quanto, escludendo la responsabilità degli amministratori degli enti locali per il danno cagionato alla C.P.D.E.L., mediante deliberazioni illegittime, assunte in deroga agli accordi nazionali ed aventi come effetto una minore contribuzione previdenziale, si porrebbero in contrasto con l'art. 81, comma quarto, Cost. non indicando i mezzi finanziari con cui far fronte alla spesa aggiuntiva gravante sulla Cassa, e non assicurando altrimenti il ripianamento della mancata entrata, o riassestando il settore riducendo gli oneri ai quali sarebbe stata destinata la predetta entrata;

che nel giudizio promosso con ordinanza n. 5 del 1985 si sono costituiti gli amministratori, parti nel relativo processo a quo, eccependo l'irrilevanza della questione e chiedendone, in subordine, il rigetto perché infondata;

che la richiesta di infondatezza e stata formulata anche dall'Avvocatura Generale dello Stato intervenuta in entrambi i giudizi, i quali, peraltro, in ragione della loro identità oggettiva, vanno riuniti.

Considerato che l'eccezione di irrilevanza prospettata dalle parti costituitesi va disattesa, apparendo, al riguardo, l'atto di rimessione sufficientemente motivato sia nella parte in <fatto> che in quella di <diritto>, e non potendosi aprioristicamente escludere la sussistenza di un danno erariale e della conseguente responsabilità amministrativa nelle fattispecie che formano oggetto dei giudizi a quibus;

che per quanto attiene al merito della questione, le norme impugnate, nella parte in cui determinerebbero una mancata entrata per l'erario, non appaiono prive della necessaria copertura finanziaria in quanto l'art. 36, comma secondo, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, conv. in legge 26 aprile 1983 n. 131, indica espressamente i mezzi finanziari con cui far fronte <all'ulteriore onere> derivante dall'applicazione del decreto medesimo;

che, nel caso di specie, trattandosi di mancate entrate talmente imprevedibili ed incerte sia nell'an che nel quantum, una previsione più specifica da parte del legislatore era impossibile;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, comma 4.1, del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, convertito in legge 26 aprile 1983 n. 131, e dell'articolo unico della legge 2 maggio 1984 n. 104, sollevata, in riferimento all'art. 81, comma 4, dalla Corte dei conti con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 16/06/88.