Sentenza n. 624 del 1988

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SENTENZA N.624

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

 Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3, 10, 47 e 51 e tabella allegata C della legge della Regione Campania 17 marzo 1981, n. 12 (Disposizioni sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali in attuazione del primo accordo contrattuale per il personale delle Regioni a Statuto ordinario), promossi con ordinanze emesse il 15 gennaio 1985 e il 16 maggio 1986 dal T.A.R. per la Campania sui ricorsi proposti da Caruso Antonio ed altri e da Marinelli Francesco contro la Regione Campania ed altra, iscritte al n. 632 del registro ordinanze 1985 e al n. 818 del registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7/1a serie speciale dell'anno 1986 e n. 5/1a serie speciale dell'anno 1987.

Visto l'atto di costituzione di Ferrari Sergio ed altri;

udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi gli avvocati Giuseppe Abbamonte e Gerardo Marone per Ferrari Sergio ed altri.

 

Considerato in diritto

 

 1.-Le due ordinanze del T.A.R. della Campania (R.O. n. 632/1985 e n. 818/1986) denunciano, con motivazioni quasi sovrapponibili, l'illegittimità costituzionale, in riferimento ai parametri appresso indicati, degli artt. 3, 10, 47 e 51 della legge della Regione Campania 17 marzo 1981, n. 12, nonché della tabella C ad essa allegata. Pertanto i relativi giudizi vanno riuniti con unica decisione.

2.-Tre distinte censure investono gli artt. 3 e 10, nonché la tabella C allegata alla legge.

Tali disposizioni contrasterebbero:

a) con gli artt. 3, 36 e 97 Cost., in quanto non prevedono, per gli avvocati e procuratori dipendenti dalla Regione Campania, un trattamento giuridico ed economico diversificato, rispetto a quello attribuito agli impiegati svolgenti compiti burocratici.

Ciò concreterebbe, sotto l'aspetto del trattamento giuridico, la violazione dell'art. 3 per l'avvenuto inquadramento degli avvocati e procuratori e di impiegati amministrativi negli stessi livelli funzionali, e, sotto l'aspetto del trattamento economico, la violazione dell'art. 36 Cost. per la connessa corresponsione di eguale retribuzione in relazione ad attività differenziate quanto alla qualità ed alla quantità. Inoltre ciò importerebbe la violazione dell'art. 97 Cost., sotto l'aspetto di un'organizzazione non idonea ad assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione;

b) con gli artt. 117 e ancora 3 e 97 Cost., perché in contrasto con un principio fondamentale della legislazione statale desumibile dagli artt. 35 e 15 della legge 20 marzo 1975, n. 70, che impone l'istituzione di un <ruolo professionale> distinto da quelli amministrativo e tecnico. L'omessa istituzione di un ruolo distinto incorrerebbe inoltre nella violazione degli stessi precetti costituzionali consumata con l'omesso conferimento di un trattamento e di una posizione distinti;

c) con gli artt. 3 e 36 Cost., in quanto prevede lo stesso trattamento per gli avvocati ed i procuratori, mentre al contrario la tariffa professionale (d.m. 22 giugno 1982, art. 8) prevede che i procuratori hanno diritto all'onorario degli avvocati ridotto a meta.

Con una quarta censura é denunciata l'illegittimità costituzionale dell'art. 51 della legge regionale n. 12 del 1981, in relazione agli artt. 3, 36, 38, 97, 117 Cost., in quanto introduce, ai fini dell'inquadramento, il sistema del <maturato economico>, che si risolverebbe in una disparità di trattamento tra i dipendenti regionali con maggior anzianità ed i soggetti entrati nella Amministrazione dopo il 1981 ovvero il personale proveniente dallo Stato o da altri enti pubblici.

Con la quinta ed ultima censura é denunciato l'art. 47 della legge regionale n. 12 del 1981, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 Cost., in quanto, nel sancire il principio della onnicomprensività del trattamento retributivo dei dipendenti regionali, non riconosce il diritto dei componenti dell'Avvocatura regionale a percepire gli onorari liquidati dai giudici.

3. - Le questioni sollevate non sono fondate.

Le prime tre censure (elencate sub a, b e c) possono essere esaminate congiuntamente. Tutte presuppongono, infatti, l'idea di una sostanziale identità fra la posizione degli esercenti attività forense quali dipendenti e quella degli esercenti tale attività quali liberi professionisti. Ma l'innegabile identità sostanziale delle dette attività sotto il profilo oggettivo non importa necessariamente che sia riconosciuto all'avvocato dipendente un trattamento giuridico o un trattamento economico distinto nell'ambito dell'organizzazione cui appartiene.

Sia sotto l'uno che sotto l'altro aspetto la pretesa di individuare nello status giuridico ed economico dell'avvocato o procuratore libero professionista un criterio per la differenziazione di chi eserciti la professione alle dipendenze di un ente pubblico, non tiene conto delle radicali differenze intercorrenti, invece, fra lavoratore dipendente e lavoratore autonomo; libero, il secondo, da qualsivoglia vincolo organizzativo ed esposto, correlativamente, al rischio economico inerente ad una libera attività economica; vincolato, il primo, dalla dipendenza e dalla appartenenza ad una organizzazione ed esente, viceversa, dal rischio professionale. Il tertium comparationis (posizione del libero professionista) non é, dunque, omogeneo alla posizione asseritamente discriminata.

D'altra parte, non sembra ravvisabile nel nostro ordinamento un principio che, attuando in qualche modo la ora esclusa parificabilità, riservi a chi esercita la professione legale alle dipendenze di un ente un trattamento diversificato rispetto a quello previsto per gli impiegati della carriera amministrativa.

In particolare, diversamente da quanto prospettato nelle ordinanze di rimessione, un siffatto principio non può essere rinvenuto nell'art. 3, quarto comma, lett. b), del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, recante l'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore, che si limita ad introdurre, nel sistema di incompatibilità previsto per l'esercizio delle professioni di avvocato e procuratore, una norma eccezionale per i componenti degli uffici legali istituiti presso gli enti pubblici, <per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera>. Viene, cioè, consentita l'ammissione all'albo professionale di avvocati e procuratori dipendenti di enti pubblici con l'iscrizione in un elenco speciale, a condizione che svolgano la loro attività esclusivamente per l'amministrazione per la quale prestano servizio. La norma disciplina, dunque, l'esercizio dell'attività professionale e non é diretta a regolare il pubblico impiego.

Del pari non pertinente appare il richiamo agli artt. 15 e 35 della legge 20 marzo 1975, n. 70, recante norme sul riordinamento degli enti parastatali e sul rapporto di lavoro del personale dipendente.

L'art. 15, infatti, stabilisce che il personale dipendente degli enti pubblici di cui all'art. 2 della legge-elencati nella tabella ad essa allegata-<viene inquadrato nei ruoli: amministrativo, tecnico, professionale>. All'art. 35, la legge citata dispone poi che le Regioni disciplinano con proprie leggi, <nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalla presente legge, lo stato giuridico, il trattamento economico e l'indennità di fine servizio del personale degli enti pubblici sottoposti al loro controllo o alla loro vigilanza>. L'ambito di applicazione dell'art. 15, come si evince dal tenore letterale della disposizione, non comprende, dunque, l'impiego regionale ma é circoscritto agli enti dipendenti dalle regioni.

Certo, nulla vieta che nella disciplina delle qualifiche funzionali dell'impiego regionale possa-e qualche legislazione regionale lo ha fatto-attribuirsi autonomo rilievo alla <attività professionale>, ma ciò non costituisce ne necessaria attuazione dei precetti costituzionali invocati, ne attuazione di un principio rinvenibile nella legislazione statale in tema di impiego pubblico.

4.-Per quanto concerne, in particolare, la censura sub c, non giova il richiamo all'art. 8 del d.m. 22 giugno 1982 -dettato in esecuzione della legge 7 novembre 1957, n. 1051.

Si tratta, invero, di norma che attiene specificamente al l'organizzazione della professione libera, cui é pertinente la distinzione tra figura del procuratore e quella dell'avvocato, sicché non é consentito desumere dalla norma stessa un principio valevole in materia di pubblico impiego.

5. - La quinta censura di incostituzionalità - della quarta, relativa al sistema del <maturato economico>, si dirà avanti-, pur facendo riferimento all'art. 97 Cost., propone una questione di legittimità sotto i due congiunti profili degli artt. 3 e 36 Cost. per la mancata attribuzione agli avvocati e procuratori dipendenti regionali - ad opera dell'art. 47 della legge regionale n. 12 del 1981, che sancisce l'onnicomprensività della retribuzione - del trattamento assicurato agli avvocati e procuratori dello Stato, nonché dei Comuni e di altri enti per quanto concerne gli <onorari> liquidati dai giudici.

Deve ritenersi che le ordinanze di rimessione facciano in tal modo riferimento alla ripartizione fra avvocati e procuratori dello Stato - ai sensi dell'art. 21 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato con la legge 3 aprile 1979, n. 103-delle somme esatte per competenze di avvocato e procuratore poste a carico delle controparti.

Ora l'attribuzione dell'ulteriore trattamento qui rivendicato rappresenta una forma di integrazione della retribuzione, sicché il suo mancato riconoscimento, nel caso in esame, in tanto può essere utilmente censurato per violazione del principio di eguaglianza, in quanto si operi una comparazione fra il trattamento retributivo complessivo praticato alle categorie assunte quali termini di raffronto e quello praticato agli avvocati e procuratori della Regione. Ma al fine di tale comparazione l'ordinanza non ha offerto alcun elemento.

6.-La quarta censura si appunta, come detto, sul sistema del <maturato economico>, adottato, per i dipendenti della Regione Campania, dall'art. 51 della legge regionale n. 12 del 1981, deducendo anzitutto il contrasto con gli artt. 3, 36, 38 e 97 Cost.

In particolare, secondo le ordinanze di rimessione, l'adozione del sistema suindicato, ancorata com'é ad un trattamento retributivo determinato ad una data certa, con obliterazione della effettiva anzianità di servizio, importerebbe: - conseguenze negative connesse alla mancata considerazione dell'anzianità, ivi comprese, di riflesso, quelle relative al trattamento di fine rapporto; - ingiustificata disparità di trattamento rispetto a coloro che, entrati in servizio in un momento successivo, non avrebbero scontato gli effetti della mancata considerazione dell'anzianità.

Ora questa Corte ha avuto occasione di occuparsi del criterio del maturato economico come criterio per ipotesi di inquadramento previste in relazione a qualifiche funzionali contestualmente introdotte. E al riguardo ha osservato (sent. n. 296 del 1984, concernente la legge regione Toscana 17 agosto 1979, n. 38; sent. n. 618 del 1987, concernente la legge 11 luglio 1980, n. 312) che un siffatto inquadramento, e il passaggio, cui esso é collegato, da un assetto all'altro del pubblico impiego - particolarmente, per i dipendenti dallo Stato, il passaggio dall'ordinamento gerarchico delle carriera a quello delle qualifiche funzionali secondo la legge n. 310 del 1980 - implicano una riduzione a omogeneità di elementi per se stessi non omogenei (gli assetti in successione; i servizi prestati nella vigenza di ciascuno di essi anche nell'ambito della stessa organizzazione) e quindi una scelta di coefficienti da operare con la più ampia discrezionalità.

Osservazioni, queste, che devono ritenersi valide anche nel caso, restando così superati i rilievi come sopra prospettati, ivi compreso quello formulato in riferimento all'art. 38 Cost., che riguarda aspetti consequenziali ai rilievi formulati in riferimento all'art. 36 Cost. (cfr. sentenza n. 618 del 1987).

Il criterio del maturato economico viene poi censurato con riferimento al d.P.R. n. 310 del 1981, deducendosi che tale decreto, per gli impiegati statali, avrebbe abbandonato il criterio stesso, a suo tempo introdotto dalla legge 11 luglio 1980, n. 312, e adottato in sua vece quello della valutazione dell'anzianità, così esprimendo un principio fondamentale della materia. Al riguardo, é espressamente lamentata la violazione, da parte della legge regionale impugnata, dell'art. 117 Cost.

 

Senonché non ricorre, anzitutto, la ravvisata incompatibilità fra le due normative statali ora indicate. Intanto la stessa legge n. 312 del 1980, mentre pone il criterio del maturato economico a base dell'inquadramento per il passaggio da un assetto all'altro del rapporto di impiego, per il diverso profilo della progressione economica ulteriore fa riferimento, invece, al criterio dell'anzianità (art. 51, comma secondo). Il d.P.R. n. 310 del 1981, poi, prevedendo nuovi livelli stipendiali a decorrere dal 1° febbraio 1981 e l'<inquadramento> nei medesimi, concerne appunto il profilo della ulteriore progressione economica.

Analogamente deve ritenersi per il rapporto fra la legge regionale ora impugnata e il d.P.R. n. 310 del 198l. Solo la prima infatti - peraltro, in armonia con la legge statale n. 312 del 1980, introduttiva delle qualifiche funzionali - regola un inquadramento per il passaggio da un assetto all'altro del rapporto di impiego in riferimento ai livelli funzionali con essa istituiti (art. 51), laddove, come dianzi é stato precisato, il d.P.R. n. 310 del 1981, concerne soltanto l'ulteriore progressione economica.

Di qui l'impossibilita di utilizzare il detto d.P.R. n. 310 del 1981, tanto come espressione di un principio fondamentale della materia, cui la legge regionale impugnata avrebbe dovuto attenersi, quanto come tertium comparationis suscettivo di svelare un particolare profilo di illegittimità ex art. 3 Cost. (cfr., per analoga visuale, la sentenza di questa Corte n. 618 del 1987).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 riuniti i giudizi,

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale: degli artt. 3 e 10 della legge della Regione Campania 17 marzo 1981, n. 12 (Disposizioni sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali in attuazione del primo accordo contrattuale per il personale delle Regioni a Statuto ordinario), e della tabella C ad essa allegata, in riferimento agli artt. 3, 36, 97 e 117 Cost.; dell'art. 51 della stessa legge, in riferimento agli artt. 3, 36, 38, 97 e 117 Cost.; dell'art. 47 della stessa legge, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost.; sollevate dal Tribunale amministrativo regionale della Campania con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/06/88.

 

Francesco SAJA - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 10/06/88.