Sentenza n. 610 del 1988

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N.610

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA,

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 6 del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 678, convertito, con modificazioni, in legge 26 gennaio 1982, n. 12, concernente: <Blocco degli organici delle Unità sanitarie locali>, promossi con ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna (n. 2 ricorsi) e Sicilia e delle Province di Trento e Bolzano, notificati il 18 gennaio, il 22, il 26 e il 25 febbraio 1982, depositati in cancelleria il 25 gennaio, il 27 febbraio, il 5 e il 6 marzo successivi ed iscritti ai nn. 5, 14, 19, 20 e 22 del registro ricorsi 1982.

 

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi gli avvocati Valerio Onida per la Regione Emilia-Romagna, Giuseppe La Loggià per la Regione Sicilia e Sergio Panunzio per le Province di Trento e Bolzano e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-I ricorsi in epigrafe sollevano in via principale questioni di legittimità costituzionale identiche o connesse, tutte concernenti norme contenute in disposizioni del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 678 (ricorso della Regione Emilia-Romagna R. Ric. n. 5 del 1982, ricorso della Regione Sicilia R. Ric. n. 14 del 1982) e della legge di conversione con modificazioni 26 gennaio 1982, n. 12 (ricorso della Regione Emilia-Romagna R. Ric. n. 22 del 1982, ricorso della Regione Sicilia R. Ric. n. 14 del 1982, ricorso della Provincia di Trento R. Ric. n. 19 del 1982, ricorso della Provincia di Bolzano R. Ric. n. 20 del 1982). I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.

La Regione Emilia Romagna condiziona i propri ricorsi all'eventualità che alcune disposizioni del decreto-legge n. 678 del 1981, come convertito con la legge n. 12 del 1982 - destinate a valere fino all'approvazione dei piani regionali -siano interpretate nel senso della loro applicabilità a quelle Regioni che, come essa ricorrente, avessero già in precedenza approvato il proprio piano sanitario regionale.

Tale interpretazione non può peraltro essere adottata perché, come la stessa ricorrente riconosce, le disposizioni in parola fanno riferimento ai piani sanitari regionali successivi nel tempo al piano sanitario nazionale (ai cui contenuti e indirizzi i primi devono uniformarsi secondo l'art. 55, comma secondo, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 sul servizio sanitario), piano sanitario non ancora approvato.

Sotto questo profilo nulla osta all'esame dei detti ricorsi.

3. -Le norme censurate dai ricorsi suindicati possono essere raggruppate, e così i ricorsi che le censurano, a seconda dell'oggetto.

L'art. 1, comma primo, del decreto-legge n. 678 introduce un regime transitorio degli organici delle unità sanitarie locali (blocco degli organici) da valere fino all'entrata in vigore della legge di approvazione del piano sanitario locale e delle successive leggi di approvazione dei piani sanitari regionali, stabilendo che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le regioni e le province autonome fissano piante organiche provvisorie entro certi limiti numerici (numero complessivo di dipendenti in servizio alla data del 30 aprile 1981 e delle vacanze determinatesi dalla stessa data per determinate cause o già in corso di copertura concorsuale o per le quali siano stati conferiti dati incarichi: cfr. lettere a, b e c del comma secondo).

Lo stesso comma primo dell'art. 1, nell'ultima parte, vieta di affidare, dalla data di entrata in vigore del decreto, consulenze professionali, sotto qualsiasi forma, a personale estraneo alle unità sanitarie locali, fatta eccezione per le prestazioni non continuative di opera professionale, escluse peraltro quelle a carattere sanitario. Tale norma rientra nella disciplina del blocco degli organici, dovendosi ritenere strumentale al fine di prevenire alterazioni del rapporto fra piante organiche e personale comunque occupato.

Nella disciplina del <blocco degli organici> rientra anche il comma quarto dell'art. 1, nella parte in cui prevede che l'ampliamento delle piante organiche provvisorie come sopra determinate possa avvenire eccezionalmente (in relazione ad indilazionabili esigenze) solo se le Regioni siano a ciò autorizzate dal Ministro della sanità.

Ancora nella disciplina del blocco degli organici rientrano i commi quinto, sesto e settimo dell'art. 1, nella parte in cui rispettivamente ammettono senz'altro l'ampliamento delle piante organiche ad opera delle Regioni per strutture e servizi aventi una particolare finalizzazione, e, per tali servizi, anche le consulenze professionali ; provvedono analogamente per date strutture di unità sanitarie locali nel cui territorio siano localizzati centri nucleari, stabilendo in tal caso la competenza della Giunta regionale e particolari regole di finanziamento; provvedono analogamente per le unità sanitarie locali delle zone dichiarate terremotate della Campania e della Basilicata con date disposizioni di legge.

L'art. 1, comma secondo, del decreto-legge n. 678 introduce un regime transitorio delle assunzioni di personale dipendente per la copertura dei posti vacanti delle piante organiche provvisorie come sopra determinate (blocco delle assunzioni), vietando tale copertura (non così quella delle vacanze pur conteggiate secondo il comma primo per la fissazione delle dette piante organiche provvisorie di cui alle lettere a, b, c), fino all'emanazione del decreto previsto dall'art. 12 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, per la regolamentazione dei concorsi.

Rientra nella disciplina del <blocco delle assunzioni> anche il comma quarto dell'art. 1, nella parte in cui prevede che la copertura dei detti posti vacanti e di quelli risultanti dall'ampliamento in via eccezionale delle piante organiche provvisorie possa avvenire (tranne che per le vacanze di cui alle lettere a, b, c, del comma secondo) solo se le Regioni siano a ciò autorizzate dal Ministro della sanità.

Ed ancora rientra nella disciplina del <blocco delle assunzioni> il comma undicesimo dell'art. 1, il quale prevede che le vacanze di strutture, servizi e presidi da trasferire alle unità sanitarie possa avvenire, fino alla fissazione delle piante organiche provvisorie di tali unità (di cui all'art. 1, comma primo), solo se le Regioni siano a ciò autorizzate dal Ministro della sanità.

Ed ancora rientrano nella disciplina del blocco delle assunzioni i commi quinto, sesto e settimo, nella parte in cui ammettono senz'altro la copertura delle vacanze ad opera delle regioni nei casi, alle condizioni, e con le modalità ivi rispettivamente indicate.

I commi nono e decimo dell'art. 1 vietano, a pena di nullità, la stipulazione di <accordi integrativi> da parte delle Regioni o delle unità sanitarie locali per erogazioni economiche aggiuntive a favore del personale in vista della definitiva e uniforme disciplina del trattamento economico del personale stesso mediante contratto collettivo nazionale unico (come previsto dall'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successivamente dalla legge 29 marzo 1983, n. 93).

Così individuate le tre normative di salvaguardia oggetto del decreto-legge n. 678 del 1981 e della legge di conversione n. 12 del 1982, delle quali le prime due sono reciprocamente in qualche modo collegate, ma tuttavia reciprocamente distinguibili, e agevole notare che: a) contro la normativa sul <blocco degli organici> si appuntano le censure prospettate con tutti i ricorsi: quelle prospettate dalle Province autonome di Trento e di Bolzano limitatamente, o con particolare riguardo, alla norma che prevede che l'ampliamento delle piante organiche provvisorie e subordinato ad autorizzazione del Ministro della sanità (art. 1, comma quarto in parte qua); b) contro la normativa sul <blocco delle assunzioni> parimenti si appuntano le censure prospettate con tutti i ricorsi: quelle prospettate dalle Province autonome di Trento e di Bolzano limitatamente o con particolare riguardo alle norme che prevedono che e subordinata ad autorizzazione del Ministro della sanità la copertura dei posti vacanti delle piante organiche provvisorie e di quelli risultanti dall'ampliamento di tali piante (art. 1, comma quarto, in parte qua) e la copertura delle vacanze di strutture, servizi e presidi da trasferire alle unità sanitarie locali (art. 1, comma undicesimo); c) contro la normativa sul <divieto di accordi integrativi> si appuntano le sole censure prospettate con i ricorsi della Regione Emilia-Romagna.

4.-Per quanto concerne le questioni come sopra sollevate in ordine alla normativa sul <blocco delle assunzioni> e alla normativa sul <divieto di accordi integrativi>, deve ritenersi (come ha riconosciuto con la sua memoria defensionale la Regione Emilia- Romagna) cessata la materia del contendere.

Quanto alla prima delle due normative, da un canto, e stato emanato in data 31 gennaio 1982 il decreto ministeriale previsto dall'art. 12 del d.P.R. n. 761 del 1979, fino alla cui emanazione il blocco doveva operare ai sensi dell'impugnato art. 1, comma secondo, dall'altro sono sopravvenute normative (contenute nelle leggi finanziarie) le quali hanno ribadito il blocco delle assunzioni, ma anno per anno, cioè per un tempo determinato, e, a partire dall'anno 1986, hanno attribuito alle regioni il potere di derogare al blocco. In particolare, con il comma terzo dell'art. 9 della legge 26 aprile 1983, n. 130 (legge finanziaria 1983) e stato ribadito, per l'anno 1983, ed anzi esteso all'intero pubblico impiego, il <blocco delle assunzioni> (la norma non é stata ritenuta illegittima da questa Corte con la sentenza n. 307 del 1983, che ha invece dichiarato illegittimo il comma quarto, riguardante l'autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri a derogare al blocco); con l'art. 19 della legge 27 dicembre 1983, n. 730 (legge finanziaria 1984) é stato provveduto analogamente, per l'anno 1984 e con alcune eccezioni (rispetto alla detta legge questa Corte, con la sentenza n. 245 del 1984, ha adottato una linea analoga a quella osservata con la precedente sentenza n. 307 del 1983); con l'art. 7 (particolarmente con il comma quinto) della legge 22 dicembre 1984, n. 887, e stato ribadito per il 1985 il blocco delle assunzioni, lasciandosi alle Regioni (comma quarto) di provvedere sulle deroghe; con il comma decimo dell'art. 6 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (legge finanziaria 1986), é stato ribadito per il 1986 il blocco delle assunzioni, mentre con il comma diciannovesimo il potere di derogare al blocco e stato attribuito alle Regioni; con il comma dodicesimo dell'art. 8 della legge 22 dicembre 1986, n. 910 (legge finanziaria del 1987) é stato provveduto analogamente per l'anno 1987.

Quanto alla seconda delle due normative, la quale si colloca in un indirizzo volto alla uniformazione del trattamento economico dei dipendenti delle unità sanitarie locali, é sopravvenuta la legge quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983, che (art. 9 in relazione all'art. 6) ha definitivamente consacrato, sia pure con modifiche, il sistema, previsto dall'art. 47, commi settimo e ottavo, della legge n. 833 del 1978, della contrattazione unica a livello nazionale per il trattamento economico (ed economico normativo) dei detti dipendenti.

Non può ritenersi, invece, cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale della disciplina concernente il <blocco degli organici> (comma primo, e, in parte qua, quarto, quinto, sesto e settimo).

Non é sopravvenuta infatti una disciplina che abbia globalmente regolato la materia delle piante organiche (il decreto-legge 8 febbraio 1988, n. 27, convertito nella legge 8 aprile 1988, n. 109, riguarda le sole piante organiche degli ospedali).

Occorre dunque passare all'esame delle dette questioni, così come sollevate dalle ricorrenti.

5.-Sia pure nei limiti delle questioni attinenti alla legittimità costituzionale della normativa sul blocco degli organici come sopra individuata, va esaminata preliminarmente la censura formulata dalla Regione Emilia-Romagna contro l'art. 1 del decreto- legge n. 678 del 1981 per aver sostanzialmente riprodotto nel proprio contenuto, e quindi <reiterato>, ben tre decreti-legge già presentati (ognuno dei quali, a partire dal secondo, <riproduttivo> del contenuto di quelli precedenti) e non convertiti.

La cennata reiterazione sarebbe, secondo la ricorrente, in violazione dell'art. 77 Cost., perché volta ad eludere da un lato le conseguenze ostative del difetto del presupposto della necessità e urgenza - difetto <certificato> dalla mancata conversione-e dall'altro il requisito della provvisorietà della forza di legge, e quindi in violazione dell'ordine delle competenze costituzionali, violazioni che la regione sarebbe legittimata a far valere sia per la sua qualità di soggetto costituzionale, sia per la connessione della detta violazione con quella, perpetrata dalle norme recate dal decreto-legge, delle norme costituzionali sulle competenze regionali, e protratta indefinitamente dalla reiterazione denunciata.

La violazione sarebbe aggravata, sotto entrambi gli aspetti, dal recupero, operato dall'art. 6 del decreto-legge, della <validità degli atti e dei provvedimenti adottati> e <dell'efficacia dei rapporti giuridici derivanti dall'applicazione dei decreti-legge precedenti non convertiti>.

Analoghe censure la regione Emilia-Romagna rivolge alla legge n. 12 del 1982 per aver convertito l'art. 1 del decreto-legge n. 678 del 1981 malgrado i vizi come sopra denunciati e in particolare per avere, attraverso l'espediente formale, costituito dalla soppressione dell'art. 6 del decreto-legge e dalla sua sostituzione con altra disposizione (l'art. 2 della stessa legge) avente identico contenuto, ma presentata come espressione autonoma del potere legislativo, ribadito il disposto recupero della validità degli atti posti in essere e dell'efficacia dei rapporti sorti sulla base dei precedenti decreti-legge non convertiti.

Questa Corte ha costantemente ritenuto (cfr. da ultimo sentenza n. 307 del 1983, sentenza n. 151 del 1986, ed anche la recente sentenza n. 302 del 1988) che la Regione, stante la finalità del giudizio di impugnazione in via principale contro leggi statali o atti statali aventi forza di legge, come delineata dall'art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, può servirsi di tale strumento per lamentare non già la violazione di qualsiasi norma costituzionale, ma solo la violazione delle norme costituzionali che riguardino la sua sfera di competenza e quindi la lesione diretta, ad opera della legge impugnata, delle competenze ad essa regione costituzionalmente garantite.

Ora non é questa l'ipotesi che qui si verifica, ipotesi in cui la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 77 Cost., per l'asserita elusione delle conseguenze del difetto di necessità e di urgenza- fra l'altro ingiustificatamente ritenuto desumibile dalla mancata conversione- e della provvisorietà della forza di legge riconosciuta al decreto-legge, prospetta un abuso dei poteri del Governo che interesserebbe i rapporti fra questo e il Parlamento e che comunque sarebbe irrilevante di fronte all'intervenuta conversione in legge.

Egualmente deve ritenersi della dedotta invasione dei poteri del Parlamento da parte del decreto-legge mediante la previsione del recupero della validità degli atti e dell'efficacia dei rapporti derivanti dall'applicazione dei precedenti decreti-legge di analogo contenuto non convertiti, previsione superata dalla legge di conversione con il far propria- incensurabilmente perché nell'esercizio dei poteri spettanti al Parlamento - la previsione.

Né giova alla ricorrente addurre la connessione fra le dedotte violazioni delle regole costituzionali in materia di decreti-legge e le pur lamentate lesioni ad opera del decreto-legge e della legge di conversione impugnati di proprie specifiche competenze.

Non é chiarito, infatti, come, in ipotesi, tali lesioni siano suscettive di essere riferite, anziché al contenuto degli atti impugnati, alle denunciate violazioni delle regole costituzionali in tema di decreti-legge, e, quindi, come sia configurabile quella diretta influenza di tali violazioni sulla competenza regionale, che sola avrebbe, eventualmente, potuto condurre a diversa conclusione (cfr. la citata sentenza n. 302 del 1988).

6. - Secondo la Regione Emilia-Romagna (cfr. tanto il ricorso contro il decreto-legge n. 678, quanto quello contro la legge di conversione), la impugnata disciplina del blocco degli organici (art. l, comma primo e comma quarto in parte qua del decreto- legge) limiterebbe illegittimamente e in realtà vanificherebbe, anche per il carattere puntuale delle previsioni, la potestà legislativa e amministrativa in materia di programmazione e di organizzazione del servizio sanitario, e segnatamente di disciplina e di formazione degli organici delle unità sanitarie locali, come riconosciute ad essa regione-in attuazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 117, 118, 119 -da particolari disposizioni (artt. 11, comma secondo, lettere b e c, 15, comma nono, n. 4) e in generale del sistema (arg. artt. 13, 53) della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sulla riforma sanitaria, e da essa regione esercitate, fra l'altro, con l'approvazione del piano sanitario regionale.

La violazione dell'autonomia ad essa regione così costituzionalmente garantita sarebbe perpetrata anche mediante la previsione della necessita dell'autorizzazione del Ministro della sanità per ampliamenti (peraltro eccezionali) delle piante organiche provvisorie, ed anzi sarebbe aggravata dalle deroghe poste alla detta necessità senza razionale giustificazione e quindi in violazione del principio di eguaglianza (art. 3), oltre che con disposizioni singolari e talora estese fino all'individuazione dell'organo regionale competente a provvedere sul l'ampliamento (commi quinto, sesto e settimo dell'art. 1).

L'art. 1, comma primo, nella parte concernente il divieto di conferimento di consulenze, urterebbe contro l'autonomia regionale per il carattere dettagliato del suo contenuto.

Analoghe censure rivolge alla stessa normativa-e particolarmente ai commi dal primo al quinto, all'ottavo, all'undicesimo, al dodicesimo (da ritenere peraltro indicato erroneamente) dell'art. 1 del decreto-legge n. 678 come convertito in legge-la Regione Sicilia, la quale lamenta la violazione delle sue competenze ex artt. 14, lett. o), e 17 lettere b) e c), dello Statuto e la violazione dello stesso art. 80 della legge n. 833 del 1978 sulla riforma sanitaria, dal quale si desumerebbe l'illegittimità di una disciplina della materia che sia uniforme per le regioni a Statuto ordinario e per quelle a Statuto speciale, e che non faccia salva l'applicazione della speciale procedura stabilita dall'art. 43 dello Statuto Le province di Trento e di Bolzano, infine, contestata l'applicabilità nei loro confronti della disciplina del blocco e della stessa previsione di piante organiche provvisorie per avere esse regolato con proprie leggi la materia e istituito piante organiche definitive, rivolgono le proprie censure contro la previsione della necessita dell'autorizzazione del Ministro della sanità per ampliamenti (peraltro eccezionali) delle piante organiche provvisorie (commi quarto e undicesimo dell'art. 1 del decreto-legge n. 678 come convertito; il comma nono viene indicato nei due ricorsi per evidente errore materiale, come si desume dalle memorie difensive, che precisano l'oggetto dell'impugnazione), lamentando la violazione delle proprie competenze ex artt. 9, n. 10, e 16 dello Statuto in relazione anche alle norme di attuazione (d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 e 26 gennaio 1980, n. 197).

7.-Non vi é dubbio che la disciplina del blocco degli organici - vale a dire, come già osservato, l'imposizione alle Regioni di procedere entro un dato termine alla determinazione delle piante organiche provvisorie delle Unità sanitarie locali, ed entro limiti segnati dalla situazione occupazionale (numero complessivo dei dipendenti e di determinate categorie di posti vacanti) a certe date di riferimento-costituisca compressione di competenze delle regioni e delle province autonome quali ad esse garantite, a seconda dei casi, dagli statuti di autonomia speciale (cfr. per la Sicilia, l'art. 17, lett. c; per le province autonome di Trento e di Bolzano, l'art. 8, n. 10), e dagli artt. 117 e 118 Cost., e quali ad esse riconosciute dalla stessa legge di riforma del servizio sanitario n. 833 del 1978. Per quanto concerne questa legge, non può seguirsi infatti la tesi delle province autonome di Trento e di Bolzano che il blocco degli organici sia ad esse inapplicabile (se non lo fosse non lo sarebbero neppure le norme che prevedono l'autorizzazione ministeriale per le deroghe al blocco). Ne può seguirsi la tesi della regione Sicilia che l'art. 80 della legge n. 833 del 1978, nel far salve le diverse e maggiori competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome in materia, renda ad esse inapplicabile la legge stessa o sancisca l'inapplicabilità ad esse di qualsiasi disciplina statale dettata anche per le regioni a Statuto ordinario.

Per quanto concerne, invece, il riconoscimento da parte della detta legge n. 833 del 1978 delle competenze costituzionalmente garantite alle regioni, e da ricordare che anche secondo la legge stessa alle regioni-oltre che esercitare specifiche funzioni amministrative-e consentito legiferare in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera (art. 11), e in materia di organizzazione, gestione e funzionamento delle Unità sanitarie locali e dei relativi servizi (art. 15, particolarmente comma nono).

La compressione delle competenze regionali e provinciali appare, peraltro, giustificata, anche rispetto alle autonomie speciali che qui vengono in gioco, ove si tenga conto che la disciplina impugnata costituisce, come e stato già osservato, una misura normativa di salvaguardia dell'assetto definitivo degli organici delle USL (vale a dire dell'adozione delle piante organiche definitive). Assetto che é ragionevolmente differito fino alla pianificazione sanitaria, prima di tutto quella nazionale, ai cui <criteri e indirizzi> <deve riferirsi la legislazione regionale per la organizzazione dei servizi fondamentali> e <per gli organici del personale addetto al servizio sanitario nazionale> (art. 53 lett. e della legge n. 833 del 1978) ed ai cui obbiettivi deve commisurarsi l'idoneità dell'assetto in parola.

Cosicché la misura normativa di salvaguardia, sebbene transitoria- come é coerente alla sua finalità-viene ad inserirsi nell'attuazione della riforma sanitaria per un aspetto essenziale della medesima, qual é l'elemento personale dell'organizzazione del servizio sanitario, onde trae legittimazione-tanto più in relazione alle esigenze unitarie ripetutamente espresse dalla legge n. 833 del 1978, e del resto coessenziali alla detta riforma-la disciplina uniforme con essa misura introdotta.

Se, d'altra parte, secondo un'ottica pur adottata da questa Corte (sent. n. 307 del 1983), si ha riguardo alla durata della compressione, non può non darsi atto che la misura normativa e temporanea (cioè, come si é visto, volta a instaurare un regime transitorio nella materia) anche se il termine di valenza non é fissato direttamente, ma collegato a un evento (l'emanazione del piano sanitario nazionale e dei successivi piani sanitari regionali), di cui non si indica né si stabilisce la data. Si tratta, peraltro, di un evento considerato come certo relativamente all'an e, almeno secondo una ragionevole previsione, come prossimo relativamente al quando, siccome costituente fase necessaria dell'attuazione, già in corso, della riforma sanitaria, già introdotta con la legge n. 833 del 1978: il che rende non decisiva ex se la protratta mancata emanazione del piano sanitario nazionale verificatasi nella realtà.

Soltanto sotto il profilo della irragionevolezza della previsione si potrebbe, infatti (almeno in un giudizio, come il presente, di impugnazione in via principale da promuovere entro un dato termine), far carico alla legge impugnata del modo in cui si svolsero nella realtà gli eventi da essa previsti. ciò almeno fino a che non si ravvisi una strutturale inadeguatezza del nostro sistema ad una conveniente tempestività di interventi ulteriori (legislativi o no), sicché una disciplina che li assuma come termine di riferimento della propria durata, debba, ciononostante, ritenersi (non temporanea, ma) a durata indefinita.

Da quanto detto segue la non fondatezza delle censure concernenti la disciplina del <blocco degli organici> in generale.

8.-A diversa conclusione si deve, invece, pervenire per quanto concerne la previsione, da parte del comma quarto dell'art. 1 del decreto-legge n. 678, della possibilità di eccezionali ampliamenti delle piante organiche (soltanto) su autorizzazione del Ministro della sanità.

Tale previsione non e utilmente censurabile per ciò, che l'ampliamento e disposto solo in <relazione a indilazionabili esigenze di assistenza ospedaliera> e <limitatamente all'attivazione e al completamento di nuove strutture ambulatoriali e ospedaliere>: é coerente, infatti, con la disciplina del blocco in generale, e non é in sé irragionevole, la previsione di eccezioni al blocco stesso solo per esigenze indilazionabili in dati settori e per il perseguimento di date finalità specifiche.

Essa é invece utilmente censurabile per aver riservato il definitivo apprezzamento delle dette esigenze indilazionabili al Ministro della sanità -il quale lo compie, sia pure sentito il Consiglio superiore della sanità, nel rilasciare la chiesta autorizzazione - anziché alle stesse regioni. Sono queste, infatti, sulla base della sovraordinazione ad esse conferita rispetto alle unità sanitarie locali nel quadro della organizzazione della riforma sanitaria disegnato dalla legge n. 833 del 1978 (cfr. le norme di questa sopra richiamate), legittimate a valutare le <indilazionabili esigenze>, suscettive ovviamente di emergere a livello locale, cui e subordinato l'ampliamento delle piante organiche provvisorie (cfr. anche l'art. 11, lett. b, della detta legge, che demanda alle Regioni di adeguare la normativa in materia <alle esigenze delle singole situazioni regionali>).

L'ulteriore compressione delle competenze regionali derivante dall'aver riservato tale valutazione a un potere centrale non é giustificata né dal carattere strumentale del blocco degli organici rispetto all'attuazione delle riforma sanitaria, né da esigenze di indirizzo e coordinamento a questa connesse.

Va dunque (anche nell'ottica adottata da questa Corte con la sentenza n. 307 del 1983, e ancora con la sentenza n. 245 del 1984 a proposito dell'analoga norma in tema di deroga al blocco delle assunzioni) dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata.

Da tale pronuncia restano assorbite le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi quinto, sesto e settimo per la parte concernente l'ampliamento delle piante organiche provvisorie come sollevate, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost., della Regione Emilia-Romagna con i ricorsi in epigrafe.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 678 (Blocco degli organici delle Unità sanitarie locali), convertito, con modificazioni, nella legge 26 gennaio 1982, n. 12, e dell'art. 6 della stessa legge, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost., dalla Regione Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, del suddetto decreto-legge n. 678 del 1981 sollevate rispettivamente in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. dalla Regione Emilia Romagna, in riferimento all'art. 14, lettera o), e 17, lettere b) e c), dello stesso Statuto speciale per la Sicilia, dalla regione Sicilia, in riferimento agli artt. 8, n. 1, 9, n. 10, e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dalle province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi indicati in epigrafe;

dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, del suddetto decreto-legge n. 678 del 1981, come convertito nella legge n. 12 del 1982, recante divieto della copertura dei posti vacanti nelle piante organiche provvisorie, nonché dello stesso art. 1, comma quarto, per la parte in cui prevede che la copertura dei posti di cui al comma secondo, e di quelli derivanti dall'ampliamento delle piante organiche provvisorie, abbia luogo su autorizzazione del Ministro della sanità sentito il Consiglio sanitario nazionale, nonché dello stesso art. 1, commi quinto, sesto e settimo per la parte in cui dispongono che, nei casi da essi previsti, non é prescritta, per la copertura dei posti di cui ai commi secondo e quarto, l'autorizzazione di cui al comma quarto, nonché dello stesso art. 1, comma undicesimo, nonché dello stesso art. 1, commi nono e decimo, sollevate rispettivamente in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost., dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 14, lett. o), e 17, lett. b) e c), dello Statuto speciale per la Sicilia, dalla Regione Sicilia, e in riferimento agli artt. 8, n. 1, 9, n. 10, e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi indicati in epigrafe;

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma quarto, del suddetto decreto-legge n. 678 del 1981, come convertito nella legge n. 12 del 1982, per la parte in cui sottopone ad autorizzazione del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, l'ampliamento delle piante organiche provvisorie delle Unità sanitarie locali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/06/88.

 

Francesco SAJA - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 10/06/88.