Ordinanza n.599 del 1988

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ORDINANZA N.599

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente,

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 392, secondo comma, e 296, secondo e terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 marzo 1985 dal Pretore di San Giovanni Valdarno nel procedimento penale a carico di Vellani Giovanna ed altri, iscritta al n. 319 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 aprile 1988 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Firenze delegava il Pretore di San Giovanni Valdarno a contestare ai minori Betti Alessio e Failli Paolo l'imputazione di furto pluriaggravato;

che il Pretore di San Giovanni Valdarno, con ordinanza dell'8 marzo 1985 (R.O. n. 319/1985), sollevava questioni di legittimità costituzionale degli artt. 392, secondo comma, e 296, commi secondo e terzo, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, e 31 della Costituzione, e degli stessi artt. 392, comma secondo, e 296, comma secondo, in riferimento agli artt. 97, 112, 24, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione;

che, ad avviso del Pretore di San Giovanni Valdarno, la delegazione di atti della istruzione sommaria da parte del pubblico ministero minorile ad altra autorità giudiziaria opera una deroga al principio generale del giudice specializzato per i reati commessi dai minori, garantito costituzionalmente come da sentenza di questa Corte n. 222 del 1983;

che, secondo il giudice a quo, potendo l'autorità delegata compiere non solo gli atti delegati, ma anche tutti gli atti probatori necessari o utili per l'accertamento della verità, senza possedere la competenza tecnica del giudice specializzato e senza che quest'ultimo possa valutare direttamente la personalità del minore, sarebbero violati i principi del giudice naturale precostituito per legge e quello della tutela del minore;

che, secondo il giudice rimettente, la delegazione in genere di atti processuali inciderebbe negativamente sui principi del l'imparzialità e buon andamento dell'amministrazione ritenuti applicabili anche all'amministrazione della giustizia e sul di ritto di difesa che verrebbe reso economicamente più gravoso o limitato per la necessita di spostamenti imposta al difensore di fiducia e per la possibilità del difensore di ufficio di esercitare la facoltà di non comparire;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili od infondate.

Considerato che questa Corte con sentenza n. 52 del 1972 ha già dichiarato infondata analoga questione, anche relativamente alla delegazione di atti istruttori da parte del pubblico ministero presso il Tribunale per i minorenni, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione, con la motivazione che la delegazione istruttoria risponde ad effettive esigenze dell'amministrazione della giustizia senza modificare la competenza in ordine alla cognizione della imputazione, rimanendo le valutazioni definitive riservate al giudice delegante;

che la nuova prospettazione della questione non é tale da indurre a modificare il giudizio espresso dalla Corte con la citata sentenza per quanto riguarda gli artt. 392, secondo comma, e 296, secondo e terzo comma, del codice di procedura penale;

che l'art. 24 della Costituzione non é violato in quanto agli atti istruttori compiuti per delegazione si applicano le regole generali in tema di partecipazione della difesa;

che non sussiste violazione dell'art. 112 della Costituzione, poichè la delegazione presuppone pur sempre l'esercizio del l'azione penale da parte del pubblico ministero;

che, pertanto, le questioni sollevate dal Pretore di San Giovanni Valdarno risultano manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 392, secondo comma, e 296, commi secondo e terzo, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, e 31 della Costituzione e degli stessi artt. 392, secondo comma, e 296, secondo comma, in riferimento agli artt. 97, 112, 24, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, sollevate dal Pretore di San Giovanni Valdarno con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/05/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31 Maggio 1988.