Sentenza n.443 del 1988

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SENTENZA N.443

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, ultima parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) come modificato dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative della libertà) promosso con ordinanza emessa il 22 gennaio 1987 dal magistrato di sorveglianza di Roma nel procedimento relativo a misure di sicurezza instaurato nei confronti di Raco Angelo, iscritta al n. 125 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16/1a s.s. dell'anno 1987.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Considerato in diritto

l.- Questa Corte é dell'avviso che debba darsi, dell'art. 69, quarto comma, ultima parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, un'interpretazione <diversa> da quella offerta dal giudice a quo.

Svelata la ratio della disposizione impugnata, così come modificata dalla legge 663 del 1986, risulta che anche la specie sottoposta all'esame del giudice a quo (nella quale la misura di sicurezza é stata revocata prima dell'entrata in vigore della predetta legge) rientra nella ratio stessa.

Anche nella specie in questione, va, pertanto, attivato il procedimento di <riesame> della pericolosità sociale ai fini della revoca della dichiarazione di delinquenza abituale.

Va chiarito il senso della <modifica> apportata dall'art. 21 della legge 663 del 1986 all'art. 69 della legge 354 del 1975, partendo, intanto, dal rilievo, non senza significato, che non di vera e propria <modifica>, in senso formale, si tratta ma di <sostituzione> del vecchio testo dell'art. 69 della legge n. 354 del 1975. Il primo comma del precitato art. 21, infatti, recita: <L'articolo 69 della legge 26 luglio 1975 n. 354, modificato dall'art. 8 della legge 12 gennaio 1977, n. 1, e sostituito dal seguente...>. E dal <confronto> fra i due testi si scorge agevolmente che il quarto comma del <nuovo> articolo 69 e totalmente <aggiunto> al vecchio testo: i primi tre commi di quest'ultimo permangono, infatti, inalterati, nel nuovo testo mentre il quarto comma non trova alcuna traccia nel vecchio testo; ed il quinto comma, nella nuova formulazione del citato art. 69, a parte le apportate modifiche, inizia con il riferimento all'approvazione del programma di trattamento, che costituiva, appunto, il quarto comma del vecchio testo.

Vero é che l'aggiunta dell'attuale quarto comma dell'art. 69 e la conclusione applicativa dell'inserimento, nel sistema, d'un fondamentale principio che appunto l'art. 31, secondo comma, della legge 10 ottobre 1986 n. 663 codifica: <Tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto e persona socialmente pericolosa>.

E' davvero ormai <superfluo> (dopo il notevole, meritorio, lavoro della dottrina e della giurisprudenza, diretto ad abrogare l'<incivile> ammissione della pericolosità <presunta>, di cui all'art. 204 del codice Rocco) sottolineare, in questa sede, l'importanza, l'<enorme> valore dell'abrogazione espressa del precitato art. 204 ad opera del primo comma dell'art. 31 della legge n. 663 del 1986. E appunto quest'ultima legge che da un canto, con l'art. 31, abroga il <vecchio> articolo 204 c.p. ed inserisce nel sistema il principio secondo il quale l'inflizione delle misure di sicurezza personali e necessariamente subordinata all'accertamento, in concreto, dell'<effettiva> pericolosità sociale e che dall'altro canto, nello stesso tempo, con l'art. 21, dispone, inserendolo, a sua volta, nel sistema, il procedimento di riesame della pericolosità sociale, d'applicazione, esecuzione, trasformazione e revoca delle misure di sicurezza e di <revoca> della dichiarazione di delinquenza abituale, professionale ecc.

In esito alle modifiche e <sostituzioni> apportate dalla legge n. 663 del 1986 al <vecchio sistema> e, in particolare, all'art. 69 della legge n. 354 del 1975, risulta, dunque, che <per il futuro>, la <revoca> della dichiarazione d'abitualità deve avvenire in sede di riesame, <in concreto>, della pericolosità sociale, essendo questa, insieme, alla base dell'applicazione e revoca delle misure di sicurezza e della dichiarazione d'abitualità.

Se, in conseguenza, la <lettera> del quarto comma, ultima parte, dell'attuale art. 69 della legge n. 354 del 1975 é inequivoca, del pari <inequivoco> é che rientra nella ratio della stessa disposizione l'impedire, per l'avvenire (essendo stata <abolita> ogni ipotesi di <pericolosità presunta>) che esistano <sfasature> tra l'accertamento della <concreta> pericolosità sociale e le conseguenti dichiarazioni d'abitualità, professionalità e tendenza a delinquere. Ed e esatta l'interpretazione che l'Avvocatura dello Stato da al termine <eventuale>, che accompagna il termine <revoca> nel quarto comma dell'art. 69 della legge in esame: il primo termine, infatti, va letto in relazione alla pluralità di provvedimenti elencati in precedenza, taluni dei quali presupponenti una prognosi di persistente pericolosità sociale e non come possibilità di non revocare la dichiarazione d'abitualità (anche) quando il magistrato di sorveglianza accerti l'esser venuta meno, in concreto, la pericolosità sociale.

La legge dispone, di regola, <per l'avvenire> e non per il passato: e agevole, pertanto, ritenere che il caso oggetto del procedimento a quo non si sia presentato alla mente del legislatore del 1986. Ma l'interpretazione secondo ratio della disposizione impugnata non da luogo a dubbi: anzi, si potrebbe aggiungere, che, a fortiori occorre ricondurre alla ratio del quarto comma dell'art. 69 della legge in esame, il caso di specie in cui e venuta meno, in concreto, (od almeno si ha motivo di ritenere esser venuta meno, salvo appunto il riesame da parte del magistrato di sorveglianza) la pericolosità sociale; e, da lungo tempo, é stata anche revocata la misura di sicurezza personale mentre <irrazionalmente> permane, contro legge, in violazione del vigente sistema instaurato dagli artt. 31 e 21 della legge 663 del 1986, uno status di delinquente abituale. E, certamente, costituirebbe ulteriore violazione dell'attuale sistema, vigente in tema di rapporti tra pericolosità sociale e dichiarazione d'abitualità, lasciare che lo status di delinquente abituale permanga fino all'eventuale riabilitazione, senza immediatamente attivare il procedimento di riesame della pericolosità sociale e provvedere, ove del caso, all'immediata revoca della dichiarazione d'abitualità.

E' compito del giudice a quo verificare la possibilità d'applicare, alla specie al suo esame, i principi di cui all'art. 2 c.p.: qui basta aver rilevato che nessuna illegittimità costituzionale si riscontra nell'attuale testo dell'art. 69, quarto comma, ultima parte, della legge n. 354 del 1974: e, che in particolare, la disposizione impugnata, così come qui interpretata, non viola l'art. 3 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, ultima parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354, così come modificato dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal magistrato di sorveglianza di Roma con ordinanza del 22 gennaio 1987 (Reg. ord. n. 125/87).

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 14 Aprile 1988.