Sentenza n.436 del 1988

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SENTENZA N.436

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 giugno 1984, n. 222 (<Revisione della disciplina della invalidità pensionabile>) promossi con ordinanze emesse il 28 ottobre 1985 dal Pretore di Campobasso, il 25 ottobre 1985 dal Pretore di Pavia, il 4 febbraio 1986 dal Pretore di Salerno, il 21 febbraio 1986 dal Pretore di Lecce, il 13 marzo 1986 dal Tribunale di Rimini, il 27 febbraio 1986 dal Pretore di Ancona, il 26 giugno 1986 dal Tribunale di Pavia, il 23 giugno 1986 dal Pretore di Milano, il 14 ottobre 1986 dal Pretore di Genova, il 5 novembre 1986 dal Tribunale di Pistoia, il 16 gennaio 1987 dal Pretore di Bologna, il 28 gennaio 1987 dal Pretore di Torino, il 17 dicembre 1986 dal Tribunale di Pistoia (n. 2 ordinanze), il 4 febbraio 1987 dal Pretore di Brindisi, il 20 settembre 1986 dal Pretore di Frosinone, il 13 marzo 1987 dal Pretore di Pavia, il 7 gennaio e il 4 febbraio 1987 dal Tribunale di Pistoia, il 10 marzo 1987 dal Pretore di Genova e il 13 marzo e il 6 aprile 1987 dal Pretore di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. 853 e 905 del registro ordinanze 1985, nn. 271, 288, 357, 415, 603, 689 e 834 del registro ordinanze 1986 e nn. 3, 84, 107, 113, 114, 155, 181, 230, 238, 239, 248, 265 e 266 del registro ordinanze 1987 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 16, 22, 36, 35, 38, 43, 51 e 57 dell'anno 1986 e nn. 7, 8, 14, 15, 20, 22, 26, 27 e 29 dell'anno 1987.

Visti gli atti di costituzione di Cuomo Maria, Altieri Italia, Agu Maria, Tomaino Angela, Gramignazzo Giorgina, Samaroli Adele, Papini Asmara e dell'I.N.P.S. nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi gli avvocati Salvatore Cabibbo per Gramignazzo Giorgina, Franco Agostini per Samaroli Adele e Papini Asmara, Luigi Maresca per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l. -Con ventidue ordinanze emesse da diverse autorità giudiziarie é stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 giugno 1984 n. 222, il quale stabilisce che l'assegno di invalidità e la pensione di inabilità, previsti dalla legge stessa, non possano essere liquidati agli iscritti nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, che presentino domanda successivamente al compimento dell'età pensionabile.

In una delle ordinanze si sostiene che la norma impugnata violerebbe l'art. 3 Cost., in altre l'art. 38, secondo comma, in altre ancora entrambi i parametri costituzionali predetti, ed in altra, infine, l'art. 53 Cost.

l.2 - In riferimento all'art. 3 Cost., si sostiene nelle varie ordinanze di rimessione, con argomentazioni sostanzialmente analoghe, che si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra due categorie di soggetti, che sarebbero discriminate in ragione del mero raggiungimento dell'età pensionabile, laddove entrambe hanno il diritto di lavorare e l'obbligo di versare i contributi.

Tale discriminazione sarebbe ancora più evidente, si rileva, quando il lavoratore, pur avendo raggiunto l'età pensionabile, non goda di altri redditi nè di altri trattamenti previdenziali come la pensione di vecchiaia o quella sociale.

Ulteriore ingiustificata disparità viene ravvisata in relazione sia al diverso momento in cui può insorgere lo stato invalidante o viene presentata la relativa domanda, sia al diverso limite di età pensionabile stabilito fra i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, sia alla diversa consistenza della posizione contributiva che gli iscritti ad una medesima gestione maturano nel tempo.

In riferimento all'art. 38 Cost., secondo comma, si sostiene che la norma denunciata priverebbe il lavoratore invalido della relativa tutela e, addirittura, di ogni altra tutela previdenziale, nell'ipotesi in cui non abbia ancora maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o quella sociale.

Per quel che riguarda infine l'art. 53 Cost., si rileva che la mancata utilizzazione della contribuzione obbligatoriamente versata si risolverebbe, per chi non abbia maturato altri trattamenti previdenziali, in un prelievo fiscale attuato senza alcun riferimento alla capacita contributiva.

2.-Previa riunione per connessione di tutti i giudizi promossi con le ordinanze in epigrafe, deve essere in primo luogo disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'INPS che, costituito in tutti i giudizi conseguenti alle ordinanze di rimessione, ha dedotto, in relazione alla maggior parte di esse, l'irrilevanza della questione, per essere mancato, da parte dei giudici a quibus, il preliminare accertamento circa l'esistenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione, ovvero dello stato di invalidità o di entrambi i presupposti.

In proposito é sufficiente osservare che, nell'ordine logico delle questioni da affrontare da parte del giudice, adito per il riconoscimento del diritto al trattamento di invalidità, é da ritenersi senz'altro prioritaria quella che concerne il possesso del requisito dell'età, cioé di un requisito di carattere generale direttamente rilevabile, la cui mancanza preclude ogni ulteriore accertamento circa il possesso degli altri requisiti da valutarsi invece, caso per caso, in base a ben più complessa indagine.

3.-E' invece manifesta l'inammissibilità della questione sollevata dal Tribunale di Rimini (reg. ord. n. 357 del 1986), in quanto l'ordinanza di rimessione non é motivata nè sul punto della rilevanza nè su quello della non manifesta infondatezza, come prescrive l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

4. - Fondata é poi l'eccezione di inammissibilità per irrilevanza, dedotta dall'INPS, in relazione ad alcune ordinanze di rimessione, nonchè da una delle altre parti private costituite-relativamente alla ordinanza che la concerne- nell'assunto che la norma denunciata non si applicherebbe nell'ipotesi di presentazione della domanda in via amministrativa prima della sua entrata in vigore.

Al riguardo va rilevato che, nel senso della inapplicabilità di tale disposizione, relativamente alle domande presentate in via amministrativa anteriormente al 1° luglio 1984, data di entrata in vigore della legge, e la giurisprudenza della Cassazione (v. sent., Sez. Lav., n. 5486 del 22 giugno 1987 e n. 6219 del 15 luglio 1987) e, quindi, la posizione dei lavoratori che si trovino in tale condizione é regolata dalla normativa precedente.

Ne consegue l'inammissibilità, per irrilevanza della questione, in quanto risulta dagli atti che ricorre tale evenienza, relativamente ai giudizi sollevati con le ordinanze nn. 905 del 1985, 603 e 689 del 1986, 3, 238, 265 e 266 del 1987, adottate rispettivamente dal Pretore di Pavia, dal Tribunale di Pavia, dal Pretore di Milano, dal Tribunale di Pistoia e dal Pretore di Torino.

5.-La questione, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. ed all'art. 38, comma secondo, Cost., é fondata.

Al fine della soluzione della questione prospettata, occorre premettere che la legge n. 222 del 1984 ha completamente innovato al sistema precedente in tema di trattamenti previdenziali connessi alla invalidità, dei lavoratori iscritti all'assicurazione per l'invalidità di vecchiaia e superstiti (I.V.S.) del l'I.N.P.S., disciplinando nell'art. 1 l'assegno di invalidità, connesso alla diminuita capacita lavorativa, e nell'art. 2 un nuovo trattamento, la pensione di inabilita, connesso al grado di assoluta incapacità.

Entrambi gli articoli richiamati, nel disciplinare gli anzidetti istituti, si occupano delle ipotesi di incompatibilità dei trattamenti anzidetti con altri trattamenti previdenziali, coordinandoli fra loro e prevedendo in particolare, quanto all'assegno di invalidità (art. 1, comma decimo, della legge n. 222 del 1984), la sua incumulabilità con la pensione di vecchiaia, in quanto si stabilisce che, al momento del raggiungimento dell'età pensionabile, tale assegno si trasforma in pensione di vecchiaia e si precisa altresì che gli anni in cui il lavoratore abbia goduto di tale assegno sono computabili ai fini della costituzione della posizione assicurativa.

Naturalmente rimangono anche in vigore le norme che regolano l'incumulabilità della pensione sociale.

Così individuata, negli artt. 1 e 2 della legge in parola, che non formano oggetto dell'incidente sollevato, la fonte normativa relativa al coordinamento fra trattamenti di invalidità e pensione di vecchiaia, cui perciò esclusivamente si deve far riferimento per determinare il regime della incumulabilità fra tali trattamenti, risulta agevole la soluzione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della stessa legge, il quale vieta che, dopo il raggiungimento dell'età pensionabile, il lavoratore possa chiedere il riconoscimento dei trattamenti di invalidità.

Orbene, la norma denunciata non può sottrarsi alle censure prospettate, perchè come é stato ben messo in evidenza nelle ordinanze di rimessione, nella ipotesi in cui al raggiungimento di tale età, il lavoratore non abbia ancora i requisiti contributivi per conseguire la pensione di vecchiaia-non venendo perciò in tale ipotesi in evidenza alcun profilo di incumulabilità, mancandone il presupposto-il divieto che tale norma pone lo priverebbe di ogni tutela previdenziale e ciò in palese contrasto con l'art. 38, secondo comma, Cost.

6. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale nei sensi anzidetti consente l'assorbimento delle questioni sollevate in riferimento ad altri parametri costituzionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 giugno 1984, n. 222 (<Revisione della disciplina della invalidità pensionabile>);

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 giugno 1984, n. 222, sollevata, in riferimento all'art. 38 Cost. dal Tribunale di Rimini con ordinanza n. 357 del 1986;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 giugno 1984, n. 222, sollevata, in riferimento all'art. 38 Cost., dal Pretore di Pavia con ordinanza n. 905 del 1985, dal Tribunale di Pavia con ordinanza n. 603 del 1986, dal Pretore di Milano con ordinanza n. 689 del 1986, dal Tribunale di Pistoia con ordinanze nn. 3, 238 e 239 del 1987, dal Pretore di Torino con ordinanze nn. 265 e 266 del 1987.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 14 Aprile 1988.