Ordinanza n.391 del 1988

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ORDINANZA N.391

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma, e 2, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria) e degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 14, 15 e 17 del d.P.R. 14 novembre 1983, n. 820 (Approvazione delle tabelle contenenti la misura degli onorari fissi e di quelli variabili dei periti e dei consulenti tecnici ecc.), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1984 dal Tribunale di Messina, iscritta al n. 355 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che nel giudizio di opposizione ex art. 11 della legge 8 luglio 1980 n. 319 avverso il decreto del giudice istruttore di liquidazione dell'onorario al consulente tecnico di ufficio il Tribunale di Messina ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 101 e 104 della Costituzione, degli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge 8 luglio 1980, n. 319, nella parte in cui - disponendo che gli onorari dei consulenti tecnici sono variabili, fissi o commisurati al tempo e che la misura di quelli variabili e stabilita con tabelle redatte avendo riguardo alle tariffe professionali - consentono la determinazione degli onorari variabili dei consulenti tecnici secondo la percentuale sul valore della controversia e, conseguentemente, limitano al detto criterio la determinazione quantitativa delle prestazioni soggette, senza tenere nella debita considerazione la natura pubblicistica dell'incarico;

che inoltre il dubbio di legittimità costituzionale e stato esteso sia all'art. 1 del d.P.R. 14 novembre 1983 n. 820, nella parte in cui stabilisce che, per la determinazione degli onorari a percentuale, si abbia riguardo, per la consulenza tecnica, al valore della controversia, sia agli artt. 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 14, 1S e 17 del d.P.R. sopracitato che determinano, per i consulenti tecnici, gli onorari a percentuale per una serie di prestazioni;

che, secondo il giudice rimettente, il criterio del compenso a percentuale sul valore della controversia viola il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., privilegiando ingiustamente i consulenti tecnici delle cause di valore più elevato rispetto a quelli delle cause di minor valore, nonostante che a tutti i consulenti tecnici d'ufficio sia richiesto il massimo impegno professionale, e determinando, così, una disparità di trattamento, non sanabile neppure con l'esercizio della facoltà di aumento degli onorari fino al doppio, prevista dall'art. 5 della citata legge n. 319 del 1980;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo, in primo luogo, l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata in ordine al d. P. R. 14 novembre 1983, n. 820 che, in quanto atto amministrativo, sarebbe da considerare estraneo alle previsioni dell'art. 134 Cost. ed argomentando, inoltre, per l'infondatezza della questione concernente gli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge 8 luglio 1980, n. 319;

che, secondo l'interveniente, non possono essere considerate irragionevoli o lesive del principio di eguaglianza le disposizioni della legge n. 319 del 1980, che prevedono per i consulenti d'ufficio onorari variabili secondo criteri e misure rimessi ad un successivo provvedimento amministrativo, in quanto esse consentono di tener conto, in sede applicativa, di situazioni oggettivamente diversificate e stabiliscono il principio del contemperamento delle disposizioni delle tariffe professionali, assunte come parametro di riferimento, con la natura pubblicistica dell'incarico;

che, ad avviso dell'interveniente, l'ipotesi prospettata nel l'ordinanza di rinvio, secondo cui i consulenti potrebbero essere indotti ad aumentare artificiosamente i valori stimati allo scopo di far lievitare i loro compensi, rientra nella patologia e non nella fisiologia della funzione e non può perciò essere addotta per sostenere il contrasto della normativa impugnata con gli artt. 101 e 104 Cost., soprattutto in considerazione del fatto che gli accertamenti dei consulenti restano soggetti al vaglio critico del giudice, peritus peritorum.

Considerato che il d.P.R. 14 novembre 1983 n. 820, che approva le tabelle contenenti la misura degli onorari fissi e di quelli variabili dei periti e dei consulenti tecnici, per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale, non può essere qualificato atto avente forza di legge ed é perciò sottratto al sindacato di questa Corte;

che pertanto va dichiarata manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 14, 15 e 17 del citato d.P.R.;

che le disposizioni contenute negli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge 8 luglio 1980, n. 319- alle quali va limitato il riscontro di legittimità costituzionale- non appaiono in contrasto con l'art. 3 Cost., perchè la previsione, per i consulenti tecnici d'ufficio, di onorari variabili, <con tabelle redatte con riferimento alle tariffe professionali ... concernenti materie analoghe, contemperate dalla natura pubblicistica dell'incarico>, consente, da un lato, di adeguare gli onorari stessi a situazioni diverse e di ancorare, con la necessaria elasticità, i compensi dei consulenti d'ufficio a quelli degli altri professionisti; essa permette, dall'altro lato, di tenere nel debito conto sia la specifica posizione dei consulenti tecnici d'ufficio (che agiscono come ausiliari del giudice e non sono perciò assimilabili ai soggetti che lavorano in regime di lavoro autonomo) sia l'esigenza di mantenere entro limiti ragionevoli le spese giudiziali grazie ad opportuni correttivi;

che in particolare la normativa censurata non e di per se idonea a dar vita alle ingiustificate disparità di trattamento denunciate nell'ordinanza di rinvio, soprattutto se si considera che il giudice e chiamato a determinare gli onorari variabili tenendo conto delle difficoltà dell'indagine, della completezza e del pregio della prestazione fornita (art. 2, secondo comma, legge n. 319 del 1980) ed ha facoltà di aumentare fino al doppio gli onorari per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà (art. 5 legge cit.);

che, in un siffatto contesto normativo, l'esistenza di una correlazione (come si é visto non assoluta e non automatica) tra il valore economico della controversia e la misura degli onorari dei consulenti tecnici d'ufficio e tutt'altro che irrazionale, giacche essa riflette il grado, normalmente differente, di complessità delle indagini e delle attività strumentali svolte dal consulente in controversie di differente valore economico ed é, inoltre, da considerare collegata alla misura delle responsabilità assunte dal consulente stesso per gli eventuali danni che egli abbia a cagionare alle parti;

che infine-come é stato giustamente osservato nell'atto di intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri - le censure di illegittimità costituzionale formulate con riferimento al rischio di parzialità del consulente tecnico d'ufficio, che sarebbe interessato ad un artificioso aumento dei valori stimati per aumentare la misura del proprio onorario, si appuntano esclusivamente sulla patologia della funzione, ignorando, tra l'altro, che al giudice spetta il controllo sulla utilità e necessità degli accertamenti posti in essere dai consulenti;

che per le ragioni sopraesposte la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge n. 319 del 1980 va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26 legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 14, 15 e 17 del d.P.R. 14 novembre 1983, n. 820 sollevata, in riferimento agli artt. 3, 101 e 104 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe; dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma, e 2 della legge 8 luglio 1980, n. 319, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 101 e 104 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco SAJA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.