Ordinanza n.386 del 1988

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ORDINANZA N.386

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 675 del codi ce di procedura civile (Termine d'efficacia del provvedimento), promosso con ordinanza emessa il 1° ottobre 1982 dal Tribunale di Palermo, iscritta al n. 905 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 149 dell'anno 1983.

Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che, nel corso del procedimento promosso da Concetta Tuzzolino, vedova di Angelo Rizzo, deceduto senza testamento, in proprio e quale esercente la potestà sul figlio minore, contro Pietro e Giovanni Rizzo per ottenere la condanna dei convenuti alla restituzione di beni da essi posseduti senza titolo e di proprietà del defunto Angelo Rizzo, il Tribunale di Palermo sospendeva di pronunciarsi sulla convalida del sequestro giudiziario dei beni immobili oggetto della controversia, disposto dal giudice istruttore con provvedimento emesso fuori udienza il 7 dicembre 1981 ed eseguito oltre il termine di trenta giorni dalla sua pronuncia, ed ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 675 c.p.c., nella parte in cui non prevede che, in caso di sequestro emesso fuori d'udienza, il termine di trenta giorni per la sua esecuzione, stabilito dalla stessa norma a pena di inefficacia, decorra dalla comunicazione del provvedimento alla parte invece che dalla pronuncia del provvedimento;

che ad avviso del giudice a quo la norma impugnata -interpretata dalla giurisprudenza nel senso che il termine di trenta giorni per l'esecuzione del sequestro decorre appunto dalla emissione del provvedimento, anche se avvenuta fuori udienza, e non dalla sua comunicazione alla parte interessata -potrebbe determinare, da un lato, una ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti interessati all'esecuzione di un sequestro a seconda che il relativo provvedimento sia pronunciato in udienza o fuori udienza e, dall'altro lato, discriminerebbe arbitrariamente <le parti in relazione al fatto del tutto casuale della maggiore o minore tempestività della notifica dell'avviso di cancelleria>.

Considerato che, nell'istituire un termine di efficacia di trenta giorni del provvedimento di sequestro, alla cui scadenza cessa l'autorizzazione ad eseguire il sequestro stesso, il legislatore ha giustamente posto, a carico della parte interessata alla misura cautelare, un preciso onere di diligenza strettamente connesso con la natura di detta misura, che esige una rapida esecuzione;

che l'adempimento di tale onere di diligenza implica preliminarmente, per un evidente nesso logico, che il sequestrante -nella ipotesi in cui il provvedimento venga emesso fuori dell'udienza-segua lo svolgimento della procedura da lui messa in moto e venga così a conoscenza dell'avvenuto deposito del provvedimento richiesto;

che la previsione di un attivo impegno della parte istante nell'informarsi sull'esito del procedimento da essa promosso non può certo considerarsi intrinsecamente irrazionale perchè intimamente connesso alla sua richiesta, sicchè non é configurabile alcuna violazione del diritto di difesa;

che per le suesposte ragioni la norma impugnata non é contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost. e la questione sollevata dal Tribunale di Palermo va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 675 c.p.c. sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dal Tribunale di Palermo con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco SAJA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.