Sentenza n.304 del 1988

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SENTENZA N.304

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 175, primo e secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa l'11 febbraio 1984 dal Pretore di Milano nei procedimenti penali riuniti a carico di Barletta Vito, iscritta al n. 846 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 bis dell'anno 1985;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Considerato in diritto

l.-La questione é fondata. Essa é d'altra parte, rilevante, una volta che il Pretore, considerati tutti gli elementi nella sua autonomia decisionale, afferma che il giudicabile sarebbe meritevole della concessione della non menzione, nel certificato del casellario giudiziale, della condanna a pena pecuniaria che egli si accinge ad infliggere all'incensurato. Ma poichè la pena da infliggere supererebbe, nella concreta volontà del giudice, il limite del milione fissato dal primo comma dell'articolo 175 cod. pen. impugnato per la concedibilità del beneficio, egli non può definire compiutamente il giudizio se prima non viene risolta la questione esattamente proposta.

2. - Ed é vero che lo stesso primo comma contiene in se stesso il tertium comparationis proprio nell'alternativa previsione della condanna a pena detentiva, che mette in luce l'irrazionalita e l'ineguaglianza della parte della disposizione concernente la pena pecuniaria. Non potendosi revocare in dubbio che la pena detentiva sia riservata a fatti di maggiore gravita, non esiste una ragionevole giustificazione al limite di gran lunga più ampio che, invece, il legislatore riserva alla pena più grave per consentire la concessione del beneficio. Come, infatti, correttamente osserva il Pretore, il limite di anni due di pena detentiva, ragguagliato secondo gli attuali criteri dell'art. 135 cod. pen, corrisponde a ben diciotto milioni di lire.

Nè può essere ipotizzabile che siffatta disparità corrisponda ad una scelta discrezionale del legislatore, ispirata a qualche particolare considerazione attorno alla diversa natura delle due pene, in relazione al più grave disdoro che deriva al condannato dalla comparsa sul certificato penale della pena detentiva.

E ciò sia perchè anche un siffatto criterio non apparirebbe peraltro plausibile sul piano della razionalità, e sia perchè soprattutto esso comunque, qualsivoglia fosse per essere la filosofia che lo ispira, troverebbe clamorosa smentita nel secondo comma dello stesso articolo.

Ivi, infatti, come pure ha sottolineato l'ordinanza di rimessione, consentendo che, in ordine ad una condanna a pena congiunta detentiva e pecuniaria, il giudice possa concedere il beneficio fino ad un massimo di mesi trenta di pena complessiva, ragguagliata per la parte pecuniaria, il legislatore ha di fatto reso possibile concedere la non menzione ad una condanna a pena pecuniaria che può oltrepassare addirittura i ventidue milioni. E nessuno potrebbe sostenere che una condanna a pena detentiva congiunta a pena pecuniaria sia meno grave di una condanna a sola pena pecuniaria.

Tutto questo, però, porta a ritenere che in realtà la denunziata illegittimità sia limitata al primo comma dell'articolo impugnato; mentre il secondo comma, lungi dal poter essere coinvolto nella censura, contribuisce anzi a dare più significativo risalto all'incompatibilità del primo comma nei confronti dell'art. 3 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale del comma primo dell'art. 175 cod. pen. nella parte in cui prevede che la non menzione nel certificato del casellario giudiziale di condanna a sola pena pecuniaria possa essere ordinata dal giudice quando non sia superiore a un milione, anzichè a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due, a norma dell'art. 135 cod. pen.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 17 Marzo 1988.