Sentenza n.206 del 1988

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SENTENZA N.206

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 135, comma secondo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 2 marzo 1981 dal Pretore di Monza nel procedimento civile vertente tra Gritti Siro e INAIL, iscritta al n. 359 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 283 dell'anno 1981;

visti gli atti di costituzione dell'avv. Mattia Persiani per Gritti Siro e degli avv.ti Vincenzo Cataldi e Carlo Graziani per l'INAIL, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

udito l'avvocato Saverio Muccio per l'INAIL.

Considerato in diritto

l. - Effettivamente l'ulteriore presunzione juris et de jure che il comma secondo dell'art. 135 della legge impugnato dal giudice a quo pone ad esclusivo carico del lavoratore non é soltanto eccessiva ma é anche incompatibile con i principi di cui agli art.li 3 e 38 Cost.

E' sufficiente, infatti, considerare che essa comporta la perdita di ogni indennizzo qualora la denunzia sia presentata oltre il termine previsto dalla tabella All. 4 per ciascuna malattia professionale, per rendersi conto che il principio dell'art. 38 Cost. resta vanificato da un'inosservanza meramente formale.

Un'inosservanza, poi, che spesso non é nemmeno imputabile al lavoratore, ma piuttosto all'insidioso decorso della malattia e al suo tardivo accertamento da parte dei sanitari: di talchè ben può accadere che, pur essendosi essa manifestata nel corso del termine previsto dalla tabella, il suo riconoscimento sia intervenuto tardivamente, magari al limite dello spirare del termine. D'altra parte, quand'anche la tardiva presentazione della denunzia fosse ascrivibile in tutto o in parte all'ignoranza o alla negligenza o alle stesse pessime condizioni di salute del lavoratore, il privarlo per ciò solo di ogni indennizzo rappresenta pur sempre una manifesta violazione del principio di cui all'art. 38 Cost.

Ma anche l'art. 3 Cost. resta coinvolto dalla disposizione in esame: e non tanto per il confronto instaurato dall'ordinanza con l'ipotesi in cui la malattia professionale determina la morte, giacche sul punto la risposta dell'INAIL sembra effettivamente pertinente ed esaustiva. Quanto piuttosto perchè, rispetto ai lavoratori, nei confronti dei quali la manifestazione della malattia e il suo tempestivo accertamento ha consentito una regolare denunzia, la situazione del lavoratore sostanzialmente identica, la cui malattia si é pure verificata nei termini tabellari ma viene tardivamente accertata, o comunque tardivamente denunziata, riceve un trattamento di enorme disparità che non trova una razionale giustificazione.

2.-In definitiva, qui non si tratta di vincere la presunzione tabellare, che peraltro questa Corte, (con sentenza n. 179 del 1988) ha pure superato, ammettendo il lavoratore a provare natura ed eziologia della contratta malattia anche al di fuori delle previsioni tabellari. Si tratta soltanto di escludere che una denunzia tardiva possa privare automaticamente dell'indennizzo il lavoratore la cui malattia si sia verificata nei termini tabellari.

Il che non comporta alcun aggravio per l'Istituto assicuratore giacche, da una parte, l'onere della prova della effettiva verificazione della malattia nei termini tabellari ricadrà sul lavoratore: e se la prova fallisse, egli non potrà avvalersi delle favorevoli presunzioni discendenti dalla tabella, ma dovrà allora anche dimostrare che-giusta i nuovi principi ora fissati da questa Corte-la malattia, pur essendosi verificata fuori dei termini indicati dalla tabella, ha tuttavia carattere professionale e dipende dalla lavorazione morbigena cui era addetto.

Dall'altra, poi, se la tardività della denunzia non potrà più, di per se stessa, privare il lavoratore dell'indennizzo, resta ferma, tuttavia, comunque, la decorrenza dalla data della denunzia-secondo i principi generali-della corresponsione dell'indennità quando risulti dovuta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 135 del d.P.R. 30 giugno 196S n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta, il 11/02/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 25 Febbraio 1988.