Sentenza n.180 del 1988

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SENTENZA N.180

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 43 della legge 20 maggio 1982, n. 270 (Revisione della disciplina del reclutamento del personale docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica, ristrutturazione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente), promosso con ordinanza emessa l'11 luglio 1985 dal T.A.R. della Liguria sul ricorso proposto da Frugone Giulio ed altri contro il Provveditorato agli Studi di Genova ed altri, iscritta al n. 632 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 prima s.s. dell'anno 1986;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio dell'11 novembre 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Considerato in diritto

l. - Dev'essere subito ben chiarito che il principio di autorganizzazione dello Stato non può essere messo in discussione: non sono, perciò, di regola, comparabili le situazioni che lo Stato pone in essere per il perseguimento dei suoi fini con quelle, per quanto analoghe, instaurate dall'iniziativa privata.

Nella specie, tuttavia, vengono a delinearsi situazioni anomale ed eccezionali che trovano una base comune su cui la comparazione e prospettabile. E la base comune é data proprio dai principi dettati dall'art. 33 Cost.; dai quali risulta evidente che il Costituente ha inteso consentire a privati e ad Enti di perseguire quella stessa finalità cui lo Stato s'indirizza attraverso l'Istituzione di scuole statali di ogni ordine e grado: vale a dire l'istruzione, mediante il libero insegnamento dell'arte e della scienza. Questo interesse primario dello Stato é, dunque, proprio anche delle scuole e degli istituti di educazione che Enti e privati istituiscono ai sensi del terzo comma dell'art. 33 Cost. Tant'é vero che il legislatore se ne dà carico intervenendo con tutto un complesso normativo che assicura la previa approvazione delle scuole private da parte del Ministro competente, la vigilanza da parte di un Ente statale, e la regolarità della direzione e degli insegnamenti mediante affidamento a persone munite, oltre che di qualità morali, del titolo legale di abilitazione e-ove occorra-iscritte all'albo professionale (art. 3 l. 19 gennaio 1942 n. 86).

Ancora più rigorose sono le condizioni imposte alle scuole non statali autorizzate per conseguire, dopo un anno, il riconoscimento legale. Oltre alle condizioni precedenti, riguardanti anche la sede, l'arredamento, le attrezzature e le esigenze igieniche e didattiche della scuola, si prescrive che siano impartiti gli insegnamenti e svolte le esercitazioni propri delle corrispondenti scuole statali, secondo i programmi ufficiali, e che gli alunni siano provvisti dei titoli legali di studio per le classi che frequentano (art. 6 legge citata).

Ed, infine, il cosiddetto <pareggiamento>), che può essere ottenuto esclusivamente dalle scuole che-sempre dopo almeno un anno dall'autorizzazione - siano gestite da Enti pubblici. Per il <pareggiamento> le condizioni sono tali da promuovere effettivamente - come indica il nome - una concreta parità di queste scuole a quelle dello Stato. Infatti, oltre a tutti gli altri già indicati requisiti, debbono avere numero e tipo di cattedre uguali a quelli delle corrispondenti scuole statali di pari grado.

Inoltre a questo personale di ruolo dev'essere assicurato un trattamento economico iniziale pari a quello delle scuole statali (art. 8 legge citata).

L'intervento dello Stato nella disciplina delle scuole non statali e cosi penetrante da consentire al Ministro di disporre, a seconda dei casi, la sospensione o la revoca del pareggiamento o del riconoscimento legale, o addirittura la chiusura (e, perciò, la revoca dell'autorizzazione) quando le dette scuole non osservino le disposizioni delle leggi e dei regolamenti, o quando venga a mancare anche una soltanto delle condizioni prima ricordate, oppure sussistano gravi ragioni di ordine morale o didattico. A tal fine sono previste ispezioni disposte dal Provveditore agli studi o dal Ministro della Pubblica Istruzione (art. 10 legge citata). Tutte tali norme, del resto, preesistevano sostanzialmente nel r.d. 6 maggio 1923 n. 1051 (Ordinamento della istruzione media) e relativo Regolamento.

2.-A questo punto, dev'essere eliminato un errore terminologico dell'ordinanza, esattamente segnalato anche dall'Avvocatura. Non può parlarsi nella specie di scuole private <parificate>, perchè la parificazione riguarda esclusivamente le scuole elementari, dove peraltro non esiste un insegnamento autonomo di educazione fisica che é affidato ai maestri elementari. Nella specie, perciò, si tratta di scuole medie legalmente riconosciute oppure di scuole pareggiate: conseguentemente quando l'ordinanza parla di <scuole private parificate> deve intendersi <scuole medie legalmente riconosciute>.

Orbene, da quanto si é rilevato nel numero precedente, appare evidente che lo Stato stesso, attraverso quella dettagliata normativa di condizioni, d'interventi, di vigilanza, e di provvedimenti restrittivi, identifica nelle finalità delle scuole riconosciute e pareggiate quello stesso interesse primario che esso persegue mediante l'organizzazione delle scuole statali: il che, del resto, -come si é già detto-é nei principi dettati dall'art. 33 Cost.

Si spiega, perciò, che-come si evince dalla normativa del l'ordinanza e come riconosce la stessa Avvocatura-allorquando il perseguimento di quei fini fu messo in crisi dalla grave penuria di insegnanti di educazione fisica provvisti di titoli di studio e di abilitazione, e lo Stato, per non bloccare l'istruzione, fu costretto ad avvalersi di personale che ne era privo, anche se ritenuto in grado di supplire temporaneamente, analoga concessione esso facesse alle scuole riconosciute e pareggiate che versavano nello stesso frangente. I presidi di queste ultime vennero cosi autorizzati ad avvalersi-come faceva lo Stato-di personale dotato di requisiti ma non di titoli e di abilitazioni: e questo personale consenti per molti anni allo Stato di raggiungere i suoi fini su tutto il settore della scuola media, fosse essa statale, riconosciuta o pareggiata.

Se tutto questo non può essere messo in dubbio, non si vede perchè il debito morale dello Stato dovrebbe essere soddisfatto soltanto limitatamente alla scuola statale, quando tutto il personale, sia pubblico che privato, che si trovava nelle stesse condizioni, ha contribuito in realtà con il suo lavoro a risolvere una grave situazione che pregiudicava l'identico primario interesse pubblico.

Solo entro questi limiti eccezionali prende corpo la questione di uguaglianza che si sostanzia nello stretto collegamento fra l'art. 3 e l'art. 33 della Costituzione, collegamento per il quale la comparazione si rende eccezionalmente possibile in quanto l'attività dell'ente riconosciuto o pareggiato é strettamente disciplinata e indirizzata dallo Stato al perseguimento degli stessi fini cui ricorre la scuola statale.

In realtà, la stessa legge impugnata mostra di essere sensibile ai principi di uguaglianza allorchè estende, con l'art. 76, agli istituti e scuole di istruzione secondaria pareggiati o legalmente riconosciuti, sessioni riservate di esami di abilitazione, da indire entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, per gli insegnanti in servizio quali supplenti negli anni scolastici 1980- 81 e 1981-82, o con nomina almeno annuale. Quanto, poi, all'art. 2 Cost., cui pure l'ordinanza fa riferimento, deve rilevarsi che, pero, non esiste alcuna motivazione in ordine ad esso : probabilmente perchè si ritiene assorbita la sua valenza nei principi sanciti dall'art. 33 Cost.

3.-La sollevata questione appare, quindi, fondata: anche se la fondatezza dev'essere limitata all'ammissibilità ad appositi corsi speciali per il conseguimento del titolo di studio dei docenti di educazione fisica e di attività ginnico-sportive che si trovassero in servizio nelle scuole pareggiate o legalmente riconosciute negli anni e nelle condizioni di cui all'art. 43 della legge impugnata.

Per quanto si riferisce, infatti, al concorso di abilitazione, come esattamente rilevava anche l'Avvocatura generale, e contrariamente a quanto mostra di ritenere l'ordinanza di rimessione, l'art. 43 impugnato non prevede alcuna sessione particolare nè alcun altro privilegio per i docenti di educazione fisica: che, anzi, é prescritto che, per essere ulteriormente trattenuti in servizio fino all'immissione in ruolo, essi debbono conseguire l'abilitazione all'insegnamento <nel primo concorso ordinario che sarà indetto dopo la conclusione dei corsi speciali>.

Poichè, tuttavia, l'immissione nel ruolo statale non riguarda la questione sollevata, cosi come la stessa ordinanza di rimessione espressamente riconosce, una volta conseguito il titolo di studio negli appositi corsi speciali, i docenti di educazione fisica delle scuole medie pareggiate o riconosciute vi provvede- ranno secondo le norme generali per il conseguimento dell'abilitazione.

D'altra parte, la Corte deve esaminare esclusivamente l'illegittimità costituzionale dell 'art. 43 della legge, per la mancata estensione dei benefici ivi previsti ai docenti di scuole medie non statali, nei limiti in cui lo consenta la diversa natura e l'autonomia, sia pure limitata, delle scuole pareggiate o riconosciute.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 43, secondo comma, della l. 20 maggio 1982, n. 270, nella parte in cui non prevede l'ammissione agli appositi corsi speciali, organizzati dall'I.S.E.F. per il conseguimento del titolo di studio, anche dei docenti di educazione fisica e di attività ginnico-sportive delle scuole secondarie pareggiate o legalmente riconosciute, che si trovassero in servizio nell'anno scolastico 1980-81 con almeno tre anni complessivi di anzianità.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta, il 10/02/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 18 Febbraio 1988.