Ordinanza n.151 del 1988

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ORDINANZA N.151

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1987 dal Tribunale di Padova, iscritta al n. 382 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37 prima ss. dell'anno 1987;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella Camera di consiglio del 16 dicembre 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Ritenuto, in fatto, che il Tribunale militare di Padova, con ordinanza 27 maggio 1978, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. (inescusabilità dell'ignoranza dei doveri inerenti allo stato militare), in riferimento agli art.li 2, 3, 27, co. primo e secondo, Cost.;

che riferiva il Tribunale nell'ordinanza del caso di un militare di leva che, trovandosi in licenza ordinaria di giorni 10 più 2, a far epoca dal 4 febbraio 1987, si era ammalato e si era, perciò, sottoposto a visita medica il 10 febbraio, a seguito della quale gli erano state prescritte specifiche cure e quattordici giorni di riposo domiciliare;

che, allo scadere della licenza, il 16 febbraio 1987, il padre del militare aveva presentato il certificato medico al Distretto militare di residenza, dove - a sua richiesta - gli era stato precisato che il figliolo si sarebbe dovuto ripresentare al Corpo allo scadere del periodo di riposo per malattia previsto nel certificato medico;

che conseguentemente, dovendo il periodo di riposo decorrere dal giorno della visita, il giovane - ad avviso del Tribunale - si sarebbe dovuto ripresentare al Corpo il 23 febbraio, mentre si era spontaneamente ripresentato il 2 marzo successivo, adducendo di avere interpretato il certificato medico nel senso che il periodo di riposo prescritto avesse a decorrere dal giorno in cui la licenza veniva a scadere;

che, tutto ciò premesso, ritiene il Tribunale che il militare dovrebbe essere dichiarato colpevole del delitto di diserzione, di cui all'art. 148 n. 2 c.p.m.p., per essere rientrato al corpo sette giorni dopo la scadenza del termine di cui sopra: e ciò in quanto l'art. 39 cit. derogherebbe all'art. 47 cod. pen. rendendo irrilevante, sul piano del dolo, tanto l'errore su elementi del fatto quanto l'errore su norma extrapenale che cagioni un errore sul fatto di reato;

che, peraltro, anche in relazione alla categoria dei <doveri>, cui l'art. 39 cit. fa riferimento, non potrebbe sorgere dubbio sulla natura di dovere del militare di ripresentarsi tempestivamente alle armi, una volta trascorso il periodo di licenza e quello di riposo concesso dal certificato medico, per cui ritiene il Tribunale che non vi sia spazio nemmeno per dare rilevanza ad un errore incolpevole su elementi di fatto;

che da tutto ciò trae motivo l'ordinanza per ritenere che una siffatta interpretazione, pedissequamente fedele allo spirito della relazione e dei lavori preparatori, si pone in contrasto con il principio di personalità della responsabilità penale (art. 27, primo comma, Cost.) perchè consentirebbe l'inflizione di una pena anche nella carenza di partecipazione soggettiva al fatto di reato, e verrebbe altresì a frustrare la funzione della pena (terzo comma art. ult. cit.), ma si pone anche in contraddizione con gli artt. 2, 13 e 52, terzo comma, perchè una siffatta funzione di esemplarità della pena non sarebbe rispettosa nè della dignità della persona umana nè della libertà personale;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale però ha svolto le sue pregevoli deduzioni esclusivamente in relazione ad una pretesa violazione dell'art. 151, primo comma, c.p.m.p., che nella specie non é contestato;

Considerato, in diritto, che il Tribunale militare rimettente postula l'incompatibilità costituzionale attenendosi proprio a quell'interpretazione rigorosa dell'articolo impugnato (quale risultante dai lavori preparatori espressione di ben altra stagione politica) che la stessa motivazione dell'ordinanza deplora;

che, al contrario, tanto la giurisprudenza quanto la più moderna dottrina specialistica si stanno adoperando per reimpostare la problematica e l'interpretazione dell'articolo 39 c.p.m.p. in funzione delle nuove <norme di principio sulla disciplina militare> (l. 11 luglio 1978 n. 382) in guisa da consentire una possibile correlazione con l'art. 47 ult. co. cod. pen.;

che, comunque, anche da ciò prescindendo, la giurisprudenza ha già da tempo messo in luce che, particolarmente nelle fattispecie dove e contemplato un <giusto motivo> di inosservanza (e tale é la fattispecie in esame), la falsa rappresentazione soggettiva di un giusto motivo, oggettivamente inesistente, esclude la punibilità quando si risolva nella supposizione di estremi materiali che consentirebbero la deroga (T.S.M. 14 gennaio 1972, Micheluzzi);

che, in realtà, nella specie il militare di leva risultava ben consapevole dei doveri del suo stato, che gli facevano obbligo di rientrare allo scadere della licenza, oppure alla scadenza del periodo di riposo prescritto dal certificato medico relativo ad una malattia insorta nel corso della licenza;

che egli, però, ha equivocato non su tali doveri, a lui ben noti, ma sull'interpretazione del periodo di riposo, previsto dal certificato medico, che egli ha ritenuto concesso in aggiunta al periodo di licenza: opinione, peraltro, non del tutto irragionevole quando si consideri che nei rapporti di lavoro privato questa Corte ne ha recentemente sancito la legittimità, mentre poi é la legge stessa che la prevede per i rapporti di pubblico impiego (art. 16, secondo comma, d.P.R. 16-10-1979 e art. 6 d.P.R. 7-11-1980 n. 810);

che, pertanto, la situazione si ripresenta sostanzialmente nei termini già esaminati con l'ordinanza n. 221 del 1987 di questa Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. sollevata dal Tribunale militare di Padova, con ordinanza 27 maggio 1978, in riferimento agli art.li 2, 3, 27 co. primo e secondo, e 52, terzo comma, Cost.

Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta, il 27/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 02 Febbraio 1988.