Ordinanza n.93 del 1988

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ORDINANZA N.93

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della liberta sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dalla legge 8 novembre 1977, n. 847 (Norme di coordinamento tra la legge 11 agosto 1973, n. 533, e la procedura di cui all'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300) e dell'art. 34 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), promosso con ordinanza emessa il 26 marzo 1980 dal Pretore di Firenze, iscritta al n. 591 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 298 dell'anno 1980;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 ottobre 1987 il giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che, con ordinanza in data 26 marzo 1980 il Pretore di Firenze, designato per la trattazione del giudizio di opposizione al decreto ex art. 28 legge 20 maggio 1970 n. 300, col quale altro magistrato dello stesso ufficio aveva respinto un ricorso proposto ai sensi di una tale norma, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 e dello stesso art. 28 della legge n. 300/70, in riferimento agli artt. 25, primo comma e 101, secondo comma Cost.;

che, ad avviso del giudice a quo la prima delle norme censurate, disponendo che, nelle preture, i magistrati in sottordine coadiuvano il titolare nell'adempimento delle sue funzioni e giustificando, di conseguenza, il potere discrezionale di questo nell'assegnazione dei processi, vanifica la garanzia di indipendenza posta dall'art. 101 Cost. anche a tutela del singolo giudice - persona fisica poichè l'opinione da lui espressa in sede scientifica o in altra sede può precludergli l'assegnazione di un determinato processo;

che, in tale ordine di idee, allo stesso giudice appare censurabile anche l'art. 28 della legge n. 300 del 1970 (come modificato dalla legge 8 novembre 1977 n. 847), in quanto, in combinato disposto con la precedente norma, consente, in violazione dell'art. 25, primo comma Cost., al Pretore titolare di assegnare il giudizio di opposizione ad un giudice dell'ufficio che sia persona diversa dal giudice che ha pronunziato il decreto opposto, laddove, secondo il menzionato precetto costituzionale, <giudice naturale precostituito> e non solo l'ufficio, ma anche la persona del suo titolare e, secondo le norme che, come nella specie, prevedono il rimedio dell'opposizione avverso un provvedimento, il rimedio stesso e individuato come un mezzo di riesame da parte dello stesso giudice che tale provvedimento ha pronunziato;

che, quanto al primo punto, questa Corte, con la sentenza n. 143 del 1973 ha già affermato la legittimità costituzionale delle disposizioni dell'Ordinamento Giudiziario, ivi compreso l'art. 34, che fondano il potere discrezionale del Pretore titolare in materia di distribuzione del lavoro fra i vari magistrati dell'ufficio;

che, peraltro, con la medesima sentenza, é stato anche precisato che qualsiasi applicazione della norma censurata, diretta al raggiungimento di scopi diversi da quello, correttamente individuato dal legislatore, del buon andamento dell'ufficio <costituisce attività viziata per sviamento del fine o per eccesso di potere o per esercizio arbitrario e illegittimo di funzioni pubbliche, con le conseguenze giuridiche inerenti>;

che nessuna prospettazione nuova emerge nell'ordinanza del Pretore di Firenze i cui rilievi si sostanziano nella paventata possibilità che la norma consenta comportamenti non ortodossi e perciò in argomenti che nella suddetta sentenza trovano puntuale confutazione;

che la ritenuta legittimità dell'art. 34 del r.d. n. 12 del 1941 toglie fondamento anche alla censura relativa all'art. 28 della legge n. 300 del 1970, letto, nella prospettazione della questione, in combinato disposto con l'altra norma, poichè la stessa assegnazione del giudizio di opposizione ad un giudice diverso da quello designato per la trattazione in via urgente del ricorso costituisce un esercizio del potere discrezionale del titolare dell'ufficio, da esercitarsi ai sensi e secondo le finalità del citato art. 34 dell'Ordinamento Giudiziario; e poichè la reciproca autonomia della fase urgente e di quella a cognizione ordinaria dello speciale procedimento ex art. 28-testimoniata, a tacer d'altro, dalla idoneità del decreto non opposto a conseguire l'efficacia del giudicato formale - appare di per se coerente con lo svolgimento rispettivo di dette fasi davanti a giudici diversi del medesimo ufficio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 e 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300, sollevata, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 101, secondo comma, Cost., dal Pretore di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1988.