Sentenza n.83 del 1988

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SENTENZA N.83

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5, secondo e terzo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), promossi con ordinanze emesse il 29 marzo 1983 dal Pretore di Milano, il 29 marzo 1983 dal Pretore di Biella (n. 2 ordinanze), il 10 giugno 1983 dal Pretore di Novara, il 28 maggio 1983 dal Pretore di Bra, il 14 dicembre 1983 dal Pretore di Montecchio Emilia, il 1° marzo 1984 dal Pretore di Roma, il 17 ed il 23 febbraio 1984 dal Pretore di Corteolona, il 12 marzo 1984 dal Pretore di Frosinone, il 27 febbraio 1984 dal Pretore di Saluzzo, il 28 giugno 1984 dal Pretore di Piombino, il 22 marzo (n. 2 ordinanze) ed il 25 ottobre 1984 dal Tribunale di Novara ed il 20 giugno 1986 dal Tribunale di Arezzo, rispettivamente iscritte ai nn. 444, 683, 684, 797 e 851 del registro ordinanze 1983, ai nn. 103, 470, 510, 511, 563, 566, 1070, 1082 e 1083 del registro ordinanze 1984, al n. 14 del registro ordinanze 1985 ed al n. 827 del registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 295 dell'anno 1983, nn. 18, 25, 60, 197, 266, 287, 294 e 307 dell'anno 1984, nn. 42 bis, 50 bis e 131 bis dell'anno 1985 e n. 5/I ss. dell'anno 1986;

Visti gli atti di costituzione di Del Regno Mafalda, di Nacca Lorenzo e della S.p.A. La Magona d'Italia nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1987 il Giudice relatore Francesco Greco;

uditi gli avvocati Luciano Ventura per Del Regno Mafalda e Nacca Lorenzo e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l. - I sedici giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza in quanto prospettano la identica questione.

2.-Con sedici ordinanze, quattordici Pretori e due Tribunali di varie sedi denunciano la illegittimità costituzionale del secondo e terzo comma dell'art. 5 della legge 29 maggio 1982 n. 297, i quali prevedono, a favore dei lavoratori che cessano il rapporto di lavoro prima del 1986 la corresponsione, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, degli aumenti della indennità di contingenza maturati tra il 1° febbraio 1977 ed il 31 maggio 1982, <congelati> per effetto del d.l. 1 febbraio 1977 n. 12, conv. nella legge 31 marzo 1977 n. 91 e non ancora recuperati con il meccanismo previsto dal secondo comma dello stesso art. 5 (25 punti semestrali a partire dal 1° gennaio 1983 e fino al 1° gennaio 1986). A parere dei giudici remittenti, risulterebbero violati gli artt. 3 e 36 Cost. in quanto i lavoratori con maggiore anzianità riceverebbero un trattamento di minore importo.

2.1 - Le censure non sono fondate.

Il d.l. 1 febbraio 1977 n. 91 opero il <congelamento> dei punti di contingenza corrisposti ai lavoratori a decorrere dall'1 febbraio 1977, destinando le somme non erogate alla riduzione dei costi aziendali o alla copertura di oneri pubblici e poi lasciandoli nel patrimonio dei datori di lavoro.

Il <congelamento> é durato fino al 31 maggio 1982. Ne sono stati immuni i lavoratori che hanno iniziato il rapporto dopo la suddetta data.

L'art. 5, primo e secondo comma, censurato fa parte di un più ampio contesto legislativo (la legge 29 maggio 1982 n. 297) che ha disciplinato ex novo l'indennità di fine rapporto a partire dal 1° giugno 1982, data della sua entrata in vigore, mentre per il periodo precedente sono rimaste in vigore le norme del codice civile (art. 2120 cod. civ. e segg.).

La detta indennità ha assunto una nuova fisionomia, diventando risparmio assoggettabile a rivalutazione ed e liquidata con nuovi criteri e modalità.

Il secondo comma dell'art. 5 di detta legge ha disposto che nella retribuzione annua utile ai fini della detta indennità, a partire dal 1° gennaio 1983 e fino al 1° gennaio 1986, fossero computati anche i punti di contingenza o gli emolumenti di analoga natura, maturati dal 1° febbraio 1977 fino al 31 maggio 1982, cioé quelli <congelati> a suo tempo.

Il terzo comma dello stesso art. 5, aggiunto in sede di Commissione, ha previsto a favore dei lavoratori che avessero cessato il rapporto di lavoro prima del 1986, la corresponsione <una tantum> dei detti aumenti, non ancora computati a norma del comma precedente, in aggiunta al trattamento di fine rapporto.

Il legislatore ha previsto, quindi, due criteri: uno a favore dei lavoratori la cui indennità di fine rapporto é liquidata secondo la nuova legge (inglobamento nella retribuzione annua dei 25 punti semestrali a partire dal 1° gennaio 1983 e fino al 1° gennaio 1986) e l'altro a favore dei lavoratori che avevano cessato il rapporto prima del 1° gennaio 1983 e la cui indennità di fine rapporto era stata liquidata in massima parte secondo la legge abrogata (liquidazione <una tantum> dei 175 punti di contingenza, in aggiunta al trattamento di fine rapporto; e l'interpretazione é seguita dalla giurisprudenza formatasi sul punto). Per i lavoratori che, pur cessando il rapporto di lavoro prima del 1986, abbiano maturato alcuni punti semestrali, i restanti punti vengono liquidati <una tantum> sempre in aggiunta al trattamento di fine rapporto.

Gli attori dei giudizi di cui alle ordinanze di rimessione hanno cessato il loro rapporto di lavoro quasi tutti prima del 1° gennaio 1983; tranne due, il cui rapporto, invece, e cessato il 28 febbraio 1983 e il 30 giugno 1983, sempre, pero, prima del 1986.

2.2- In via generale si osserva che la norma in esame ha una finalità prettamente equitativa ed una funzione compensativa per coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro nel 1986. Il reinserimento globale ed integrale della contingenza <congelata> nella retribuzione presa a base del calcolo per l'indennità di fine rapporto e largamente compensativa del sacrificio imposto loro dalla legge n. 91 del 1977, atteso anche le nuove modalità di determinazione della indennità e la fruibilità della maggiorazione degli importi anche per effetto delle trattative contrattuali.

Per gli altri lavoratori ha una funzione prettamente risarcitoria ed equitativa, non raggiungendo essi il reinserimento globale di tutti i punti di contingenza <congelati>, se non fosse intervenuta la norma oggetto della censura (art. 5, terzo comma) sarebbero stati ingiustamente penalizzati. Si sarebbero certamente determinati trattamenti differenziati non in rapporto all'anzianità ma per effetto della diversità della base di calcolo della indennità. E i detti lavoratori avrebbero subito un trattamento peggiorativo rispetto alla legislazione del tempo.

La norma da loro equitativamente un beneficio aggiuntivo. Mentre lo scaglionamento degli oneri indotti dalla nuova disciplina, pur innescando differenti regimi nel tempo, garantisce parità di trattamento nel medesimo arco temporale.

2.3-Si osserva, inoltre, che la norma, peraltro emanata, come si desume dai lavori preparatori, anche a seguito della sentenza n. 142 del 1980 di questa Corte che decise la questione della legittimità costituzionale della legge n. 91 del 1977 e nella quale si rivolse al legislatore l'invito a porre rimedio al danno subito dai lavoratori per effetto di detta normativa, ha già cessato i suoi effetti nel 1986. Gli inconvenienti prodotti, i quali, peraltro, sono stati di modesta entità e molto limitati, sono ormai cessati. Inoltre, si e trattato di una scelta del legislatore di politica economico-sociale, che necessariamente ha potuto produrre scompensi perchè le fattispecie da regolare non si prestavano ad una rigorosa, puntuale disciplina, la quale non può essere di assoluto dettaglio.

Il risarcimento che il legislatore ha effettuato non era del tutto graduabile e proporzionale al danno subito e, peraltro, già consumatosi.

Alcuni lavoratori possono apparire privilegiati rispetto ad altri che possono apparire sacrificati.

Ma la temporaneità della disciplina normativa e la temporaneità, quindi, della durata dei sacrifici e la modestia della loro entità non ledono i principi costituzionali invocati.

Questa Corte (sent. n. 142 del 1980) ha già affermato che il legislatore può ristrutturare l'indennità di anzianità o di fine rapporto della stessa senza che risulti violato l'art. 36 Cost.

Le innovazioni del genere devono tenere conto della qualità e quantità di lavoro prestato dagli interessati agli effetti del combinato disposto degli artt. 3 e 36 Cost. Il modesto divario che si può produrre tra categorie di lavoratori che cessano dal rapporto di lavoro in varie epoche, non arreca offesa in misura censurabile da questa Corte al criterio della quantità di lavoro assunto come durata del rapporto e componente del calcolo del quantum della indennità in tal senso garantito dall'art. 36 Cost. E' sufficiente che esista un rapporto ragionevole tra quantità di lavoro e retribuzione complessiva.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riunisce i giudizi;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, secondo e terzo comma, della legge 29 maggio 1982 n. 297, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., dai Pretori di Milano, Biella, Novara, Bra, Montecchio Emilia, Roma, Corteolona, Frosinone, Saluzzo e Piombino e dai Tribunali di Novara ed Arezzo, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1988.