Sentenza n.624 del 1987

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SENTENZA N. 624

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, sesto e settimo comma, della legge 2 aprile 1980, n. 127 ("Soppressione dell'ente nazionale di previdenza ed assistenza delle ostetriche e nuova disciplina dei trattamenti assistenziali e previdenziali delle ostetriche"), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1985 dal Pretore di Lecce nel procedimento civile vertente tra Nuzzi Olga Caterina e l'E.N.P.A.O., iscritta al n. 82, del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22 prima serie speciale, dell'anno 1986;

Visti l'atto di costituzione di Nuzzi Olga Caterina nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 novembre il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Uditi l'avv. Mario De Giorgi per Nuzzi Olga Caterina e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Si premette nell'ordinanza di rimessione del Pretore di Lecce che un'ostetrica aveva convenuto in giudizio l'E.N.P.A.O., davanti al Pretore remittente, per "sentir dichiarare il diritto di essa istante a percepire la pensione di vecchiaia a carico del predetto ente"; che l'attrice a sostegno della domanda, aveva esposto che sulla base di una errata interpretazione dell'art. 3, comma sesto, della legge 2 aprile 1980, n. 127 - il quale prevede che le ostetriche che alla data di entrata in vigore della stessa legge risultino iscritte all'E.N.P.A.O. e contemporaneamente ad altra forma di previdenza obbligatoria, pur cessando dall'obbligo dell'iscrizione, conservano tuttavia la facoltà di proseguire nell'assicurazione con le stesse modalità previste dalla legge e che tale facoltà deve essere esercitata, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima - aveva dichiarato il 25 ottobre 1980 di voler interrompere il rapporto assicurativo in corso con l'ente e che, avvedutasi dell'errore, aveva successivamente provveduto a revocare la precedente dichiarazione, chiedendo appunto al Pretore una pronuncia dichiarativa del suo diritto a percepire la pensione di vecchiaia a carico del predetto Ente.

Quest'ultimo, nel contestare le avverse pretese, aveva opposto il chiaro dettato della legge n. 127 del 1980 che, nel disporre lo scioglimento dell'E.N.P.A.O. e al fine di incentivarne il processo di soppressione, ha previsto un compiuto sistema di disposizioni che, rivolto a tutte le ostetriche titolari di un doppio regime previdenziale, tende ad alleggerire gli oneri previdenziali dell'Ente mediante uno sfoltimento del numero delle assistite. Tale esodo sarebbe stato incentivato con la previsione della restituzione dei contributi versati, maggiorati degli interessi.

2. - Il Pretore di Lecce, nella richiamata ordinanza ha sollevato, in via incidentale, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sesto e settimo comma, della legge n. 127 del 1980, nella parte in cui non prevede, per le ostetriche iscritte anche ad altre forme di previdenza obbligatoria, l'automatica prosecuzione della posizione previdenziale presso l'E.N.P.A.O., in relazione ai contributi già versati presso detto Ente ai fini previdenziali ed assistenziali, per contrasto con l'art. 38, secondo comma, Cost.

Osserva, al riguardo, il giudice a quo che la legge, pur prevedendo la facoltà di proseguire nell'iscrizione, la ha assoggettata al rigoroso termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della legge stessa, "con la conseguenza che il mancato esercizio della facoltà di proseguire nella assicurazione comporta l'automatica cancellazione dall'Ente, con la sola possibilità di ottenere il rimborso dei contributi versati".

Ritiene, pertanto, il giudice a quo che la disposizione di cui ai commi sesto e settimo dell'art. 3 della legge n. 127 del 1980 "sia viziata di incostituzionalità, essendo in contrasto con la norma precettiva di cui all'art. 38, comma secondo, della Costituzione".

In proposito, l'organo remittente richiama una serie di principi desunti dalla giurisprudenza di questa Corte e con i quali la norma impugnata si porrebbe in insanabile contrasto, e precisamente:

1) quello per cui l'art. 38 Cost. é precetto immediatamente operante nell'ordinamento giuridico (sent. n. 22 del 1969);

2) quello per cui le pensioni di invalidità e vecchiaia sono sottratte alla disponibilità degli interessati e ad ogni misura cautelare o espropriativa, nonché alla compensazione (sent. n. 18 del 1960);

3) quello per cui il contributo del singolo soggetto va a vantaggio di tutti gli iscritti e serve per il conseguimento di finalità che trascendono gli interessi dei singoli (nn. 146 del 1972 e 30 del 1976), da cui l'organo remittente ritiene di desumere ulteriori elementi a favore della tesi della indisponibilità e della natura pubblicistica delle erogazioni previdenziali e assistenziali;

4) quello per cui il comma secondo dell'art. 38 Cost. riguarda tutti i lavoratori, sia alle dipendenze altrui che autonomi (sent. n. 27 del 1965).

3. - Avanti la Corte si sono costituiti la Nuzzi e l'I.N.P.S., la prima ribadendo gli argomenti svolti nell'ordinanza di rimessione ed il secondo chiedendo dichiararsi manifestamente infondata la questione.

L'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, contesta le argomentazioni svolte in ordinanza e conclude per la inammissibilità e, comunque, per la infondatezza della questione.

Osserva preliminarmente l'Avvocatura erariale che secondo il Pretore la legge (sebbene escluda la cessazione del rapporto per le ostetriche libere professioniste e consenta alle altre ostetriche la libertà di scelta) sarebbe incostituzionale in quanto la iscrizione ad altra forma di previdenza obbligatoria potrebbe in ipotesi risultare insufficiente ad assicurare un trattamento pensionistico bastevole ai bisogni della vita: ma, in tal modo, si censura la legge non in quanto non assicuri i mezzi di sostentamento garantiti dall'art. 38 Cost., bensì sotto il profilo della (pretesa) insufficienza del normale trattamento corrisposto dall'assicurazione generale obbligatoria, se paragonato a quello risultante dal cumulo del normale trattamento e di quello dell'E.N.P.A.O.; e si entra nel merito delle scelte operate dal legislatore.

La parte privata ha depositato una memoria difensiva fuori termine, ribadendo però oralmente nell'udienza di discussione le proprie ragioni e concludendo con la richiesta di declaratoria di fondatezza della questione.

L'Avvocatura Generale dello Stato ha invece insistito nelle richieste di inammissibilità e di infondatezza.

Considerato in diritto

1.1. - Oggetto dell'incidente di legittimità costituzionale é l'art. 3, sesto e settimo comma, della legge n. 127 del 1980 il quale aveva previsto che le ostetriche che alla data di entrata in vigore della indicata legge risultassero iscritte all'E.N.P.A.O. e contemporaneamente ad altra forma di previdenza obbligatoria, pur cessando dall'obbligo dell'iscrizione, avessero la facoltà di proseguire nell'assicurazione con le modalità previste dalla legge stessa. Tale norma aveva prescritto inoltre che la facoltà dovesse essere esercitata, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge ed infine che le ostetriche, che avessero cessato di appartenere all'ente senza aver maturato il diritto a pensione, avessero diritto alla restituzione dei contributi versati maggiorati degli interessi al tasso legale.

1.2. - L'incidente di legittimità costituzionale é stato sollevato nel corso di un giudizio promosso da una ostetrica, la quale, prima dello scadere del termine di sei mesi indicato dalla suddetta norma, aveva per iscritto dichiarato all'E.N.P.A.O. di volere interrompere il rapporto assicurativo, comunicando però all'ente predetto - quando era già scaduto il termine di sei mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della legge - la revoca della dichiarazione precedente e l'intento di voler proseguire nella assicurazione.

La successiva domanda di liquidazione della pensione era stata quindi respinta dall'ente nell'assunto che, non avendo l'interessata esercitato la facoltà di proseguire l'assicurazione nel termine previsto dalla legge, aveva diritto soltanto alla restituzione dei contributi versati dal 1949 al 1980 maggiorati degli interessi legali.

1.3. - Il Pretore di Lecce, al quale l'interessata si é rivolta per sentir dichiarare il proprio diritto alla pensione di vecchiaia a carico del predetto ente, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, sesto e settimo comma, della legge 127 del 1980, sostenendo che essa sarebbe in contrasto con l'art. 38, comma secondo Cost., perché non prevede la utilizzazione dei contributi già versati all'E.N.P.A.O., lasciando in tal modo l'interessato scoperto da ogni garanzia assistenziale e previdenziale.

2. - La questione non é fondata.

Devesi preliminarmente precisare al riguardo che la legge 2 aprile 1980 n. 127 ha previsto la soppressione dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza delle ostetriche (E.N.P.A.O.), trasferendo la relativa gestione all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i medici (E.N.P.A.M.), fino a quando non sarà provveduto con legge al riordinamento, con criteri unitari, dei trattamenti previdenziali delle categorie dei liberi professionisti.

L'art. 3 della legge in parola ha stabilito, al quarto comma, che le ostetriche iscritte ad altre forme di previdenza obbligatoria non potessero più essere iscritte all'E.N.P.A.O. e quindi neppure all'E.N.P.A.M. al momento del trasferimento della gestione a quest'ultimo ente.

In deroga a tale divieto di doppia iscrizione assicurativa, i comma sesto e settimo dello stesso art. 3 hanno previsto la facoltà, per le ostetriche già iscritte all'E.N.P.A.O. e contemporaneamente ad altra forma di previdenza obbligatoria, di proseguire l'assicurazione presso l'ente stesso, prescrivendo però che tale facoltà dovesse essere esercitata, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

2.1. - In relazione a quanto precede non può condividersi la censura formulata dal giudice a quo, perché il nuovo assetto determinato dalla legge n. 127 del 1980, tiene sufficiente conto del principio costituzionale invocato in quanto la limitazione introdotta dall'art. 3 della legge n. 127 del 1980 riguarda solo quei soggetti che godano già di un'altra iscrizione assicurativa, per cui i diritti previdenziali costituzionalmente garantiti sono in ogni modo assicurati.

D'altronde nell'ordinanza di rimessione non viene denunciata la disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 3, che prevede il divieto a regime della doppia iscrizione, ma l'art. 3 viene censurato relativamente al sesto e al settimo comma.

In particolare, per quel che riguarda il sesto comma, va rilevato che esso contiene addirittura una disposizione di favore per le ostetriche che fossero già iscritte all'E.N.P.A.O. all'atto dell'entrata in vigore della legge, consentendo loro, in deroga a quel divieto, di poter continuare anche nella posizione assicurativa presso detto ente, purché ne facessero richiesta entro un ragionevole termine di sei mesi.

Quanto al settimo comma, va invece considerato che esso prevede, per le ostetriche che non si siano avvalse della facoltà di prosecuzione, la restituzione dei contributi maggiorati degli interessi solo nel caso in cui non si sia maturato il diritto alla pensione, in base all'età ed al minimo dei versamenti contributivi, per cui sono adeguatamente conservati anche i diritti già acquisiti.

Appaiono perciò prive di ogni fondamento le considerazioni formulate nell'ordinanza di rinvio: le disposizioni denunciate sono rivolte proprio a salvaguardare, nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema, le posizioni assicurative ed i diritti acquisiti da coloro che fossero già iscritti all'E.N.P.A.O., del che potrà avvantaggiarsi anche la parte - che aveva instaurato il giudizio a quo, per "sentir dichiarare", come si afferma nella stessa ordinanza di rimessione, il diritto "a percepire la pensione di vecchiaia a carico del predetto ente" - se in possesso dell'anzianità prescritta e dei necessari requisiti minimi contributivi già previsti per il conseguimento di tale diritto che, come é noto, é irrinunciabile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sesto e settimo comma della legge 2 aprile 1980 n. 127 ("Soppressione dell'ente nazionale di previdenza ed assistenza delle ostetriche e nuova disciplina dei trattamenti assistenziali e previdenziali delle ostetriche") in riferimento all'art. 38, comma secondo, Cost., sollevata dal Pretore di Lecce (reg. ord. n. 82 del 1986).

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il redattore: CAIANIELLO

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI