Sentenza n.400 del 1987

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SENTENZA N. 400

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 87, primo comma, 89, ultimo comma, e 140, ultimo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 ("T.U. delle leggi sulle imposte dirette"), promossi con n. 4 ordinanze emesse l'11 marzo 1986 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Modena sui ricorsi proposti dall'Ufficio II.DD. di Modena contro Lanna Isacco, Ciappetti Giuseppe, Fulginiti Francesco e Tibis Bernardi Eleonora ed altri, rispettivamente iscritte ai nn. 616, 617, 618 e 619 del registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, 1a serie speciale, dell'anno 1986;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 29 settembre 1987 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri;

Ritenuto in fatto

1. - La Commissione tributaria di secondo grado di Modena ha sollevato, con le quattro ordinanze indicate in epigrafe, tutte in data 11 marzo 1986, in riferimento agli artt. 3, 38 e 53 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 87, primo comma, 89, ultimo comma, e 140, ultimo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, nella parte in cui dispongono l'assoggettamento delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. all'imposta di ricchezza mobile e a quella complementare, quale reddito di lavoro subordinato.

Nelle ordinanze di rimessione il giudice a quo svolge, innanzitutto, argomentazioni volte a dimostrare la tempestività delle domande di rimborso proposte dai ricorrenti alle Intendenze di finanza e dei ricorsi aventi ad oggetto la restituzione delle imposte di ricchezza mobile e complementare.

Si sottolinea, quindi, la rilevanza della questione sollevata poiché, in base alle norme impugnate, le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. vanno assoggettate ad imposta di ricchezza mobile e complementare e solo se esse siano dichiarate incostituzionali le domande di rimborso potrebbero essere accolte. In particolare si sottolinea che nessuna influenza sui giudizi a quibus ha la l. 26 settembre 1985, n. 482, la quale ha modificato il trattamento tributario delle indennità di fine rapporto, ma é inapplicabile alle indennità per le quali il diritto alla percezione é insorto prima dell'1 gennaio 1984 e, comunque, non ha eliminato l'imposizione sulle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S.

Riguardo alla non manifesta infondatezza della questione, nelle ordinanze si prospetta la violazione, da parte delle norme impugnate dell'art. 3 Cost. Esse avrebbero irragionevolmente sottoposto a tassazione le indennità di buonuscita, mentre sino all'emanazione della l. n. 482 del 1985 erano lasciate esenti da imposizione le somme percepite in relazione a contratti di assicurazione sulla vita. Del pari irragionevolmente, esse tratterebbero in modo uguale ed assoggetterebbero al medesimo criterio impositivo le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. e le indennità di fine rapporto erogate ai lavoratori privati, non ostante che le prime abbiano natura previdenziale e siano alimentate anche da contributi versati dagli aventi diritto, mentre le seconde hanno natura di retribuzione differita e sono erogate interamente dai datori di lavoro.

Le norme impugnate, inoltre, secondo le ordinanze di rimessione, violerebbero anche l'art. 38 Cost. in quanto, con il prelievo dell'imposta su un'indennità corrisposta a fini previdenziali, una parte di essa verrebbe illegittimamente distratta da tali fini. Violerebbero, infine, anche l'art. 53 Cost., giacché la natura previdenziale delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. comporterebbe che esse non possano essere considerate reddito e non possano costituire indice di capacità contributiva.

2. - Davanti a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri ed ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.

Nell'atto di costituzione si afferma al riguardo che i profili d'incostituzionalità prospettati nelle ordinanze di rimessione in relazione agli artt. 38 e 53 Cost. sono già stati ritenuti non fondati da questa Corte con sentenza 7 luglio 1986, n. 178, con riferimento alla normativa sull'IRPEF applicabile all'indennità di buonuscita. Parimenti é stato ritenuto non fondato il profilo riguardante il più favorevole trattamento fatto ai capitali percepiti in relazione a contratti di assicurazione sulla vita.

Quanto alla dedotta violazione dell'art. 3 Cost., connessa al rilievo che le norme impugnate stabiliscono identici criteri di tassazione per le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. e per le indennità di fine rapporto relative al lavoro privato, senza tenere conto che solo per le prime gli aventi diritto versano contributi, l'Avvocatura generale dello Stato nega che in proposito possa pervenirsi alle stesse conclusioni della richiamata sentenza di questa Corte. Infatti, l'art. 87, primo comma, del d.P.R. n. 645 del 1958 (nel testo modificato con l'art. 2 legge 4 dicembre 1962, n. 1682), non attiene, alle modalità di tassazione dell'indennità di fine rapporto, limitandosi a prevederne l'assoggettamento all'imposta mobiliare; l'ultimo comma dell'art. 89 del citato d.P.R. stabilisce soltanto una esenzione assoluta per le indennità d'importo non superiore a un milione di lire; l'ultimo comma dell'art. 140 del d.P.R. n. 645 del 1958 concerne l'imposta complementare e cioè un tributo la cui funzione e le cui caratteristiche non autorizzano ad estendergli le considerazioni svolte circa la tassazione dei singoli redditi da lavoro dipendente.

Considerato in diritto

3. - La Corte é chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale degli artt. 87, primo comma (nel testo di cui alla l. 4 dicembre 1962, n. 1682), 89, ultimo comma e 140, ultimo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, nella parte in cui dispongono l'assoggettamento alle imposte di ricchezza mobile e complementare, quali reddito di lavoro subordinato, delle indennità di buonuscita corrisposte dall'E.N.P.A.S. Tali norme, secondo il giudice a quo, contrasterebbero con l'art. 53 Cost., giacché la natura previdenziale delle indennità di buonuscita comporterebbe che esse non possano essere considerate reddito e costituire indice di capacità contributiva. Contrasterebbero, inoltre, con l'art. 38 Cost. in quanto il prelievo d'imposta sulle indennità di buonuscita, aventi finalità previdenziali, sottrarrebbe una parte di esse a tali fini, in contrasto con la garanzia stabilita dalla su detta norma costituzionale. Violerebbero, infine, anche l'art. 3 Cost. in primo luogo sotto il profilo che irragionevolmente avrebbero sottoposto a tassazione le indennità di buonuscita, mentre sino all'emanazione della l. n. 482 del 1985 erano lasciate esenti da imposizione le somme percepite in relazione a contratti di assicurazione sulla vita; in secondo luogo sotto il profilo che irragionevolmente trattavano in modo uguale ed assoggettavano al medesimo criterio impositivo le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. ai dipendenti statali e le indennità di fine rapporto erogate ai lavoratori privati, non ostante che le prime abbiano natura previdenziale e siano alimentate anche da contributi versati dagli aventi diritto, mentre le seconde hanno natura di retribuzione differita e sono erogate interamente dai datori di lavoro, senza che gli aventi diritto versino alcun contributo.

4. - Va precisato che la normativa impugnata riguarda il sistema d'imposizione diretta vigente prima dell'entrata in vigore della riforma tributaria e dell'istituzione, con il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, dell'I.R.P.E.F.

Il d.P.R. n. 645 del 1958, nel titolo V, agli artt. 81 e seguenti, regolava l'imposta di ricchezza mobile, il cui presupposto era costituito dalla produzione di un reddito netto, continuativo od occasionale, derivante da capitale o lavoro, o dal concorso di entrambi, ovvero da qualsiasi altra fonte, non assoggettabile ad imposta fondiaria.

L'art. 87, primo comma, del d.P.R. nel testo di cui alla legge n. 168 del 1962, stabiliva che, ai fini della sottoposizione all'imposta di R.M., (Cat. C/2: aliquota dell'8%) "le indennità di anzianità e di previdenza sono assimilate al reddito di lavoro subordinato". L'art. 89 prescriveva che per "le indennità di anzianità e di previdenza corrisposte una volta tanto in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, la quota esente é di lire quarantamila per ogni anno di servizio prestato".

Lo stesso d.P.R. n. 645 del 1958 nel titolo sesto, agli artt. 130 e seguenti, disciplinava l'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo, la quale, com'é noto colpiva il coacervo dei redditi annualmente percepiti dalle persone fisiche, ancorché già assoggettati alle altre imposte dirette. Ai fini di tale imposizione, l'art. 140, ultimo comma, prevedeva che sulle indennità di licenziamento, anzianità, previdenza e su ogni altra somma percepita una volta tanto in relazione ad un cessato rapporto di lavoro, l'imposta fosse "liquidata separatamente dagli altri redditi del contribuente, sullo stesso ammontare soggetto all'imposta di ricchezza mobile, con l'aliquota corrispondente al quoziente della indennità globale percepita, divisa per il numero degli anni di servizio prestati".

Con la riforma tributaria si é proceduto, alla eliminazione delle preesistenti imposte dirette a carattere reale, sostituendosi ad esse, nonché alle imposte di ricchezza mobile e complementare, l'I.R.P.E.F., alla quale sono stati assoggettati, in linea di principio, tutti i redditi, di qualsiasi natura, percepiti dalle persone fisiche, con l'applicazione di aliquote progressive.

Anche nel nuovo sistema, peraltro, tutte le indennità dovute in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro furono sottoposte a tassazione, prevedendosi agli articoli 12 e 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, la tassazione di esse separatamente dagli altri redditi percepiti dal soggetto nello stesso anno e con modalità particolari.

Essendo state prospettate alcune questioni di legittimità costituzionale di tali ultime norme, alcune delle quali dalla stessa Corte costituzionale come giudice a quo, il legislatore emanò la legge 26 settembre 1985, n. 482. Con questa legge il trattamento tributario delle indennità di fine rapporto disposto dal d.P.R. n. 597 del 1973 (e dei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita) fu in parte modificato, con effetto parzialmente retroattivo.

5. - Questa Corte ha già deciso, con sentenza 7 luglio 1986, n. 178, varie questioni di legittimità costituzionale - per molti aspetti analoghe a quelle sollevate dalla Commissione tributaria di Modena - relative all'assoggettamento ad I.R.P.E.F., previsto dal d.P.R. n. 597 nel 1973 e dalla l. n. 482 del 1985, delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S.

Con l'anzidetta decisione é stata dichiarata non fondata - innanzitutto - la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 4 della l. 26 settembre 1985, n. 482, sollevata sotto il profilo che tali norme, considerando reddito le indennità di buonuscita corrisposte dall'E.N.P.A.S. ed assoggettandole ad imposizione fiscale, avrebbero violato gli artt. 38 e 53 Cost., poiché dette indennità hanno natura previdenziale e, pertanto, non potrebbero essere assunte ad indice di capacità contributiva. In proposito nella sentenza é sottolineato che per capacità contributiva, ai sensi dell'art. 53 Cost., deve intendersi l'idoneità del soggetto all'obbligazione d'imposta, desumibile dal presupposto economico al quale la prestazione risulta collegata, presupposto che consiste in un qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità sotto il profilo della arbitrarietà o irrazionalità. Sotto questo profilo, pertanto, secondo la citata sentenza, pur tenendosi conto della garanzia apprestata in materia previdenziale dall'art. 38 della Costituzione, l'allegata natura previdenziale dell'indennità di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S., non ne esclude la tassabilità, se non nei limiti minimi indispensabili ad assicurarne le finalità previdenziali, secondo valutazioni che competono al legislatore.

Parimenti, con detta sentenza, si é ritenuta non fondata la questione di legittimità costituzionale della normativa dettata dai suddetti articoli, sollevata sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost. in quanto le buonuscite erogate dall'E.N.P.A.S. erano state assoggettate ad un diverso e meno favorevole trattamento fiscale rispetto ai capitali percepiti in relazione a contratti di assicurazione sulla vita. Al riguardo questa Corte ha rilevato che trattasi di somme percepite in base a titoli diversi ed in relazione a fattispecie che presentano - al di là di alcune analogie - elementi di differenziazione tali da renderle non comparabili ai fini del giudizio di costituzionalità alla stregua del principio di uguaglianza. Infatti, i capitali percepiti in base a contratti di assicurazione sulla vita, lo sono in conseguenza di un atto previdenziale volontario - il contratto il assicurazione - retto da una particolare disciplina, caratterizzata dalla proporzionalità tra premio e rischio e dall'essere il premio pagato dall'assicurato e il rischio assunto dall'impresa assicuratrice, secondo una logica che rapporta il capitale assicurato al premio pagato in base al calcolo di probabilità dell'evento. Viceversa, le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. sono prestazioni previdenziali obbligatorie, caratterizzate dall'automaticità e dalla mancanza di un rapporto sinallagmatico tra contributi versati e indennità di buonuscita, non essendo i primi rapportati ad un rischio, bensì alla retribuzione del pubblico dipendente. Inoltre il fondo per le liquidazioni erogate dall'E.N.P.A.S. é costituito da contributi erogati dallo Stato, con obbligo di rivalsa per una quota imputabile al pubblico dipendente. La diversità delle situazioni legittima quindi il differente regime tributario e rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere per i premi assicurativi e per i capitali percepiti in relazione a contratti di assicurazione sulla vita, forme di totale o parziale esenzione fiscale, quali mezzi d'incentivazione della previdenza volontaria, secondo i propri indirizzi di politica legislativa.

Ingiustificata e, quindi, illegittima é stata invece ritenuta dalla Corte la sottoposizione delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. allo stesso trattamento tributario delle indennità di fine rapporto dovute in relazione al contratto di lavoro privato, tenuto conto che alla formazione dell'indennità di buonuscita concorre il contributo del dipendente statale avente diritto. In relazione a tale profilo d'incostituzionalità, con la suindicata sentenza é stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4, commi primo e quarto, della legge 26 settembre 1985, n. 482, "nella parte in cui non prevedono che dall'imponibile da assoggettare ad imposta vada detratta anche una somma pari alla percentuale dell'indennità di buonuscita (di cui all'art. 3 del d.P.R. n. 1032 del 1973), corrispondente al rapporto esistente alla data del collocamento a riposo tra il contributo del 2,50% posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P.A.S.".

La circostanza che alle indennità erogate dall'E.N.P.A.S. concorrano anche i contributi del pubblico dipendente, oltre che dello Stato, é un elemento che conferisce ad esse struttura e fisionomia differenziate, che dovevano essere congruamente valutate e trattate dal punto di vista fiscale, tenendo conto, nella determinazione dell'imponibile, dell'ammontare dei contributi gravanti sul pubblico dipendente.

6. - Venendo all'esame delle questioni ora sottoposte alla Corte, va osservato che le differenze sopra menzionate, esistenti tra le imposte di ricchezza mobile e complementare (previste dal d.P.R. n. 645 del 1958) e l'I.R.P.E.F., che le ha sostituite nel nuovo sistema tributario, non incidono sulla sostanziale identità delle questioni in esame con quelle decise con la sentenza n. 178 del 1986. Infatti, i profili d'incostituzionalità ora allegati attengono anch'essi all'assoggettamento ad imposizione diretta delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. ed alla loro dedotta intassabilità, in relazione agli artt. 38, 53 e 3 della Costituzione. Le questioni prospettate, vanno perciò decise in base ai principi affermati in detta sentenza.

Alla stregua di essi, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, primo comma, del d.P.R. n. 645 del 1958, nel testo di cui alla l. n. 1682 del 1962, va dichiarata non fondata.

Come sopra si é visto, tale articolo dispone che, ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, "le indennità di anzianità e di previdenza sono assimilate al reddito di lavoro subordinato". Secondo le ordinanze di rimessione detta assimilazione contrasterebbe con gli artt. 38, 53 e 3 della Costituzione, comportando l'assoggettamento all'imposta di ricchezza mobile delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S., in quanto esse non costituirebbero reddito, ma erogazioni con finalità previdenziali; sarebbero state fatte oggetto di un trattamento fiscale ingiustificatamente diverso da quello previsto per i capitali percepiti in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita; irragionevolmente sarebbero state sottoposte allo stesso trattamento tributario previsto per le indennità di fine rapporto dei lavoratori privati, senza tener conto che gl'impiegati statali, a differenza di essi, alimentano con propri contributi le indennità erogate dall'E.N.P.A.S.

Su quest'ultimo profilo va osservato che la doglianza non può inficiare la norma in esame, attenendo non alla tassazione in sé, ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, delle indennità di buonuscita, ma al meccanismo impositivo, che é regolato dall'art. 89 e di cui si dirà appresso.

Quanto agli altri profili, in conformità a quanto stabilito nella sentenza n. 178 del 1986, va ritenuto che anche la percezione delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. é, ai sensi dell'art. 53 Cost., un indice rivelatore di ricchezza, idoneo a giustificare un'imposizione fiscale, purché congrua e razionale. Parimenti, pur tenendo conto della garanzia apprestata dall'art. 38 Cost., l'allegata natura previdenziale dell'indennità in questione non ne esclude la tassabilità, al di là dei limiti indispensabili a garantire l'assolvimento delle sue finalità previdenziali, secondo valutazioni riservate al legislatore nei limiti delle razionalità.

A prescindere dall'indagine, omessa nelle ordinanze di rimessione, su quale fosse il regime impositivo, durante il vigore del d.P.R. n. 645 del 1958, dei capitali percepiti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, neppure é censurabile un più favorevole trattamento eventualmente fatto a questi ultimi, trattandosi, come già si é posto in rilievo, di somme dovute in base a titoli diversi e non comparabili.

7. - Passando all'esame delle rimanenti questioni, riguardanti gli artt. 89, ultimo comma e 140, ultimo comma, del d.P.R. n. 645 del 1958, va sottolineato che tali articoli ineriscono - assieme alle norme che determinano le aliquote - alle modalità di tassazione, rispettivamente ai fini delle imposte di ricchezza mobile e complementare, delle indennità di fine rapporto.

In relazione al particolare carattere di tali indennità essi prevedevano taluni accorgimenti, connessi alla loro origine e funzione.

Anche in relazione a tali norme vanno dichiarati non fondati i profili di incostituzionalità volti a contestare in radice la tassabilità delle indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S., sotto il profilo che esse non costituirebbero reddito - data la loro natura previdenziale - e avrebbero avuto, irrazionalmente, un trattamento tributario deteriore rispetto a quello previsto per i capitali riscossi in relazione a contratti di assicurazione sulla vita.

Fondata é, invece, nei limiti che si diranno, l'eccezione d'incostituzionalità prospettata sotto il profilo che le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. non potevano essere sottoposte allo stesso trattamento tributario previsto per le indennità di fine rapporto dei lavoratori privati.

Invero, a norma dell'art. 15 del D.lgs.lgt. C.P.S. 5 agosto 1947, n. 778, all'Opera di previdenza dell'E.N.P.A.S. veniva versato un contributo del 4%, ripartito in parti uguali tra Amministrazione e personale, così come stabilito dall'art. 20 del D.lgs.lgt. 21 novembre 1945, n. 722. In seguito, l'art. 1 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759 elevò, dall'1 marzo 1966, il contributo dovuto al fondo di previdenza al 5,10% di cui il 2,50% a carico dell'iscritto e la parte restante a carico dell'Amministrazione, stabilendo che, a partire dall'1 gennaio 1968, ogni due anni, il contributo fosse maggiorato, a carico dell'Amministrazione, in ragione dello 0,50% fino a raggiungere l'aliquota complessiva dell'8,10%. Ulteriori modifiche di tali disposizioni - ma sempre con la previsione di una contribuzione del 2,50% della base imponibile da parte del dipendente - furono poi introdotte dall'art. 37 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e dall'art. 18 della l. 20 marzo 1980, n. 75. Ne deriva che, essendo le indennità di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. alimentate, in parte, da contributi dei dipendenti statali, anche in riferimento agli artt. 89, ultimo comma, e 140 del d.P.R. n. 645 del 1958, vale la considerazione (cfr. la più volte citata sentenza n. 178 del 1986) secondo la quale, per la parte afferente in via virtuale a tali contribuzioni, dette indennità non possono essere considerate reddito e non potevano essere, quindi, sottoposte ad imposizione ai fini delle imposte di ricchezza mobile e complementare. La loro tassazione, per quella parte, ha leso, infatti, il principio di capacità contributiva, tenuto anche conto - come affermato da questa Corte nella più volte citata sentenza n. 178 del 1986 - che l'art. 53, primo comma, Cost. va interpretato nel senso che a situazioni uguali debbono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale: cosicché il legislatore avrebbe potuto e potrebbe legittimamente trattare in modo unitario il regime tributario dell'indennità di fine rapporto, soltanto in assenza, tra le diverse indennità, di sostanziali elementi di differenziazione. Viceversa, la circostanza che le indennità erogate dall'E.N.P.A.S. siano formate anche con contributi del pubblico dipendente, oltre che dello Stato, é un elemento che conferisce ad esse struttura e fisionomia differenziate, che dovevano essere congruamente valutate e trattate dal punto di vista fiscale.

Con riguardo al contributo del lavoratore, deve, dunque, ritenersi che, per ricondurre il sistema di tassazione stabilito dagli artt. 89, ultimo comma e 140, ultimo comma, del d.P.R. n. 645 del 1958, al rispetto dell'art. 53 Cost., é indispensabile che l'imponibile ivi previsto sia preceduto anche dalla detrazione di una somma pari alla percentuale dell'indennità di buonuscita corrispondente al rapporto esistente (alla data del collocamento a riposo) tra il contributo del 2,50% posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P.A.S.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 89, ultimo comma e 140, ultimo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 ("T.U. delle leggi sulle imposte dirette"), nella parte in cui non prevedono che dall'imponibile da assoggettare ad imposta vada detratta anche una somma pari alla percentuale dell'indennità di buonuscita corrispondente al rapporto esistente alla data del collocamento a riposo tra il contributo del 2,50% posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P.A.S.;

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, primo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, sollevata con le ordinanze indicate in epigrafe in riferimento agli artt. 3, 38 e 53 Cost.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l'11 novembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: PESCATORE

Depositata in cancelleria il 19 novembre 1987

Il direttore della cancelleria: MINELLI