Ordinanza n.387 del 1987

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ORDINANZA N. 387

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 582 capoverso e 61, n. 9, del codice penale, promossi con n. 3 ordinanze emesse l'8 giugno 1981 dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze, iscritte rispettivamente ai nn. 549, 564 e 570 del registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 325 e 332 dell'anno 1981;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 30 settembre 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Ritenuto che con tre ordinanze, tutte sotto la stessa data dell'8 giugno 1981, il Giudice istruttore di Firenze sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 582, secondo co., cod. pen., nella parte in cui sottopone a querela di parte la perseguibilità di lesioni personali guarite entro il decimo giorno, anche quando il delitto sia compiuto da pubblico ufficiale con l'aggravante di abuso di poteri o violazione di doveri (art. 61, n. 9 cod. pen.) in danno di persone sottoposte a restrizione di libertà personale (ipotesi del giudizio di specie);

che, secondo il giudice rimettente, un siffatto trattamento violerebbe l'art. 3 Cost., in correlazione agli art.li 28 e 97 Cost., in quanto metterebbe sullo stesso piano situazioni diverse. Se é ragionevole, infatti, secondo il rimettente, che nei rapporti tra privati si consenta al cittadino la valutazione di una sua privata convenienza nell'affrontare il processo penale, quando lievissimo sia il danno e prevalente l'interesse privato, non altrettanto può ritenersi quando il rapporto intercorra con il pubblico ufficiale, nel qual caso dovrebbe ritenersi comunque prevalente l'interesse pubblico che discende da "valori costituzionalmente dichiarati" come quelli del buon andamento della pubblica amministrazione e della personale responsabilità del funzionario;

che, peraltro, nel caso di specie, un ulteriore motivo d'incompatibilità sarebbe rilevabile nei confronti dell'art. 13, co. quarto Cost. che vuole perentoriamente "punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà": mentre, sottoponendo la punibilità o la procedibilità alla querela dell'offeso, si esclude l'assoluta perentorietà del precetto costituzionale;

che interveniva nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale chiedeva che la sollevata questione fosse dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;

Considerato che le questioni sollevate dal giudice di Firenze, con le tre citate ordinanze, sono identiche, e possono, perciò, essere decise con unica ordinanza;

che si prescinde dalla prima delle ragioni di inammissibilità opposte dall'Avvocatura Generale perché, anche a consentire che la querela sia anche condizione di punibilità, e non soltanto di procedibilità, il giudice istruttore, investito del giudizio dall'iniziativa del P.M., chiede proprio di conoscere se quella condizione ostativa non debba essere rimossa a causa della sua asserita illegittimità costituzionale, e quindi se debba o non ulteriormente procedere, per cui non può essergli opposto che, per la carenza di quella condizione, non era proponibile la questione;

che si deve anche prescindere dalla seconda eccezione d'inammissibilità perché, anche ad ammettere che si tratti di norma sostanziale, questa Corte ha già deciso che, nell'ipotesi di norma penale più favorevole nel tempo, la decisione sulla questione di legittimità sollevata non é esclusa (cfr. sent. n. 148 del 1983);

che, però, ciò che conta soprattutto per il legislatore, nella valutazione dell'opportunità di affidare al privato la rimozione di un ostacolo processuale all'obbligatorietà dell'azione penale, sono, da una parte, la tenuità del danno criminale e, dall'altra, la volontà di dare comunque rilevanza al controinteresse della persona offesa: e ciò - si noti - anche quando (contrariamente all'opinione del rimettente) lo Stato sia direttamente coinvolto nell'interesse tutelato dalla norma penale. É noto, infatti, come, a proposito della procedibilità a querela di parte, la dottrina abbia distinto due gruppi di ipotesi: quello in cui lo Stato é solo indirettamente interessato (ingiuria, diffamazione, danneggiamento) attraverso un processo di pubblicizzazione di interessi che direttamente concernono solo l'individuo, e quello in cui, invece, é interessato in prima persona alla repressione di reati che coinvolgono interessi squisitamente pubblicistici, o addirittura costituzionali: come taluni pur gravi delitti contro la libertà sessuale, o contro l'assistenza famigliare, dove l'elemento pubblicistico sicuramente prevale, e dove, anzi, sono coinvolti i principi costituzionali intesi a tutelare la libertà personale e morale e la famiglia;

che, pertanto, una volta accertata nel sistema l'esistenza di quest'ultimo gruppo, spetta al legislatore, nell'ambito del suo discrezionale potere, la scelta della fattispecie dove ritenga di dare rilevanza al controinteresse della parte offesa;

che, infine, per quanto attiene alla prospettata lesione dell'art. 13, quarto co. Cost., trascura il rimettente che l'abuso di potere da parte del pubblico ufficiale nell'inflizione di illecite misure di rigore su persone ristrette nella libertà personale é già autonomamente punito dalla fattispecie di cui all'art. 608 cod. pen. per la quale si procede d'ufficio, e rispetto alla quale l'eventuale inflizione di percosse o di lesioni si pone in concorso formale di reati;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi, dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 582, secondo comma, cod. pen., in relazione all'art. 61 n. 9 cod. pen., sollevata dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze, in riferimento agli art.li 3, correlato agli art.li 28 e 97 Cost., e 13, quarto comma Cost., con le tre ordinanze datate 8 giugno 1981 (nn. 549, 564 e 570/1981 reg. ord.).

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta il 29 ottobre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: GALLO

Depositata in cancelleria il 12 novembre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI