Ordinanza n.338 del 1987

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ORDINANZA N. 338

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del d.l.12 novembre 1979, n. 571, convertito con modificazioni nella legge 12 gennaio 1980, n. 2 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 12 novembre 1979 n. 571, recante modifiche al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, e successive modificazioni, concernente l'istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili) promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Palermo, iscritta al n.12 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 dell'anno 1982;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1987 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Ritenuto che con ordinanza emessa il 16 marzo 1981 (pervenuta il 9 gennaio 1982) la Commissione tributaria di primo grado di Palermo, sul ricorso proposto da URSO Marianna avverso l'accertamento di valore notificato dall'Ufficio delle successioni, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del d.l.12 novembre 1979 n. 571 (Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, e successive modificazioni, concernenti la istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), conv. in l. 12 gennaio 1980 n. 2, per contrasto con gli artt. 3, 23, 47 (recte, 42) e 53 Cost.;

che ad avviso della Commissione, "l'abolizione del correttivo delle detrazioni annue fisse e l'introduzione, mediante la modifica dell'art.15 d.P.R. n. 643 del 1972, del nuovo meccanismo di applicazione dell'imposta in via progressiva per scaglioni di incremento imponibile determinati con riferimento al valore iniziale del bene moltiplicato per il numero di anni intercorrenti tra l'acquisto e l'alienazione" sarebbe lesivo dei principi sanciti degli artt. 3, 42 e 53 Cost.;

che sarebbe altresì violato dall'art. 3 d.l. n. 571 del 1979 conv. con modificazioni nella l. n. 2 del 1980 l'art. 23 Cost. "in quanto viene posta in alternativa l'applicazione di norme dichiarate incostituzionali";

che in giudizio é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato concludendo per l'infondatezza della sollevata questione;

Considerato che il nuovo meccanismo impositivo, introdotto dall'impugnata norma, viene censurato, come fonte di discriminazione, perché "il dato costituito dal valore iniziale in quanto immutabile e non soggetto a variazioni viene con il passare del tempo e per l'incidenza dell'inflazione, a diminuire la propria influenza";

che questa Corte con sentenza n. 126 del 1979 ha ritenuto tra l'altro "non sindacabile in questa sede la disciplina normativa dei presupposti e criteri di applicazione del tributo (INVIM), in relazione agli effetti della svalutazione della moneta" e comunque non fondata la questione ( ex art. 53 Cost.) "sotto il profilo della mancanza di un congegno di integrale conguaglio monetario tra valore iniziale e valore finale, idoneo a depurare la base imponibile netta dell'incremento dovuto alla svalutazione";

che, confermandosi tali orientamenti, va dichiarata manifestamente infondata la questione sollevata che sostanzialmente ripropone il problema degli effetti, nell'applicazione dell'imposta, dovuti al fenomeno della fluttuazione monetaria nel tempo; va peraltro rilevato come il legislatore abbia cercato di circoscrivere gli effetti di tale fenomeno introducendo, proprio con l'impugnata norma, taluni correttivi con la conseguente determinazione dell'aliquota corrispondente;

che manifestamente inammissibile per assoluto difetto di motivazione, é la questione concernente l'art. 3 d.l. n. 571 del 1979 conv. con modificazioni nella l. n. 2 del 1980 per contrasto con l'art. 23 Cost., non essendo stata spesa parola, nell'ordinanza, circa l'applicabilità, in concreto, in quanto presumibilmente più favorevoli, di "norme dichiarate incostituzionali" nella parte in cui ingenerano disparità di trattamento (sentenza n. 126 del 1979);

Visti gli artt. 26, secondo comma, l. 23 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del d.l. 12 novembre 1979 n. 571 conv. in l. 12 gennaio 1980 n. 2 sollevata, in riferimento agli artt. 3, 47 (recte 42) e 53 Cost., con l'ordinanza in epigrafe;

Dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del d.l. 12 novembre 1979 n. 571 conv. con modificazioni nella l. 12 gennaio 1980 n. 2 sollevata, in riferimento all'art. 23 Cost., con la stessa ordinanza.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELL