Sentenza n.287 del 1987

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SENTENZA N. 287

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, lett. e) della legge 22 luglio 1975, n. 382 (Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione) e degli artt. 22, 23 e 25 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975 n. 382), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 19 novembre 1980 dalla Corte d'Appello di Bologna - Sez. minorenni, sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Bologna, iscritta al n. 83, del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 117 dell'anno 1981;

2) ordinanza emessa il 29 luglio 1985 dal Tribunale di Salerno nel procedimento civile vertente tra Istituto "Villa dei Pini" di Lettere e Comune di Pagani, iscritta al n. 19 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, 1a serie speciale, dell'anno 1986;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - La Corte d'Appello di Bologna - sezione minorenni, accogliendo le sollecitazioni contenute nel reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica avverso decreto del Tribunale minorile dell'Emilia Romagna, con ord. 19 novembre 1980 sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, lettera e), della legge 22 luglio 1975 n. 382 e 22, 23 e 25 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 con riferimento agli artt. 117, 76, 118 e 110 Cost.

Il decreto impugnato aveva disposto il collocamento del minore Tuppi Domenico in casa di rieducazione, affidandone l'esecuzione al consorzio per i servizi sociali e sanitari di Bologna-Bolognina.

Secondo il giudice a quo le funzioni amministrative relative "agli interventi in favore dei minorenni, soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile", non sarebbero inquadrabili nelle attività di beneficenza o di assistenza sanitaria ed ospedaliera, rientrando piuttosto nel concetto di pubblica assistenza. Le norme impugnate, pertanto, nella parte in cui prevedono l'attribuzione a Comuni e Province delle funzioni suddette, sarebbero in contrasto con l'art. 117 Cost. perché si riferiscono a materia estranea alla tassativa elencazione della norma costituzionale.

D'altra parte, la stessa legge di delegazione (art.1, lettera e) della legge 22 luglio 1975, n. 382) faceva esclusivo riferimento all'art. 117 Cost., sicché le norme delegate, attribuendo ai Comuni funzioni in materie estranee a quelle elencate nella norma costituzionale, avrebbero esorbitato dai limiti della delega.

Per di più l'art. 118 Cost. consente l'attribuzione ad altri enti locali di funzioni amministrative - sempre nell'ambito delle materie ex art. 117 - ma purché di interesse esclusivamente locale: al contrario, gli interventi in favore dei minorenni, soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria, non sarebbero di interesse esclusivamente locale in quanto involgerebbero un fondamentale interesse dei cittadini e, quindi, dello Stato.

Infine l'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria nel campo minorile sarebbe compresa - secondo l'ordinanza nell'ambito dei servizi relativi alla giustizia attribuiti al Ministro dall'art. 110 Cost.

2. - Analoga questione veniva avanzata dal Tribunale di Salerno, con ordinanza 29 luglio 1985, nel procedimento civile pendente tra l'Istituto "Villa dei Pini" di Lettere ed il Comune di Pagani, con riferimento agli stessi parametri.

3. - Entrambe le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Nei giudizi innanzi alla Corte Costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato.

Nel chiedere che la questione sollevata dalla Corte d'Appello sia dichiarata inammissibile, perché irrilevante, l'Avvocatura osserva che la formulazione letterale dell'art.23, lettera c) del d.P.R. n. 616/77, la natura stessa dell'attività d'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria minorile, la distinzione chiaramente operata dall'ordinamento vigente tra l'attività di rieducazione dei minori e quella di assistenza, portano ad escludere che le norme impugnate dal giudice a quo abbiano trasferito dal p.m. a Regioni e Comuni la competenza a dare esecuzione ai provvedimenti adottati dall'autorità giudiziaria minorile ai sensi degli artt. 25 e 32 del r.d.l. n. 1404 del 1934.

Aggiunge nel merito che la formulazione dell'art. 22 del d.P.R. n. 616/77, frutto di una travagliata elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, ha ricompreso nella materia della "beneficenza pubblica" la disciplina, la predisposizione e l'erogazione di tutti i servizi sociali riconducibili al concetto di "sicurezza sociale" di cui all'art. 38 Cost., escluse solamente le prestazioni di natura previdenziale.

Il successivo art. 23 ha poi specificato che nell'ambito delle funzioni amministrative di cui all'art. 22 sono ricomprese anche le attività di assistenza economica alle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto, e di assistenza post-penitenziaria, gli interventi in favore dei minori soggetti a provvedimento del giudice tutelare, e gli interventi di protezione sociale di cui alla legge n. 75/1958.

D'altra parte, la piena legittimità costituzionale di una tale ampia accezione della categoria "beneficenza pubblica", così come accolta nell'art. 22 del d.P.R. n. 616/77, sarebbe stata confermata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 174 del 17 luglio 1981, in cui é stata ritenuta superata la storica distinzione tra "beneficenza pubblica" (di competenza regionale, ex art. 117 Cost) e "assistenza sociale" (di competenza statale) di cui all'art. 38 della Cost.

Questa Corte, infatti, avrebbe posto in evidenza come l'art. 22 del d.P.R. n. 616/77 "prevedendo una ampliatio dei destinatari, che prescinde in taluni casi dallo stato di bisogno; una diversificazione delle prestazioni, congiunta all'estendersi del carattere di non discrezionalità della loro erogazione; la tendenza a superare la tipizzazione degli interventi a seconda delle categorie individuate dall'attività lavorativa degli assistibili..." abbia comportato il superamento dei presupposti e delle contrapposizioni disegnati nella sentenza n. 139/72.

Alla luce delle suesposte considerazioni, l'assunto del Tribunale di Salerno, secondo cui gli interventi in favore dei minorenni soggetti a provvedimento dell'autorità giudiziaria rientrerebbero nel concetto di "pubblica assistenza" e non di "beneficenza" e pertanto riguarderebbero una materia estranea alla tassativa elencazione di cui all'art. 117 Cost., non sarebbe fondato.

Analogamente infondata sarebbe l'eccezione di incostituzionalità degli artt. 22 e 23 del d.P.R. n.616/77, in relazione all'art. 76 della Costituzione, sollevata dalla Corte bolognese, alla stregua delle stesse osservazioni.

La materia "sicurezza sociale", per l'obbiettivo cui é diretta e per la connessione ed inscindibilità delle sue componenti, che si ricollegano agli artt. 117 e 38 della Cost. - ad eccezione delle prestazioni previdenziali di natura economica - sarebbe ormai interamente passata alle Regioni. E ciò in attuazione di quel criterio direttivo, dato al Governo dall'art. 1, terzo comma, legge 382/1975, secondo cui l'identificazione delle materie da trasferire alle Regioni doveva avvenire per settori organici, in base a criteri oggettivi desumibili dal pieno significato che esse hanno e dalla più stretta connessione esistente tra le funzioni affini, strumentali e complementari.

D'altra parte, la norma dell'art. 25 del d.P.R. n. 616/77, inquadrata nell'ambito di disposizioni concernenti il trasferimento ai Comuni di funzioni varie, porrebbe in luce l'intento del legislatore delegato di concentrare in un unico ente-tipo l'erogazione dei servizi, onde evitare settorialismi ed al fine di ricomporre "servizi sociali su basi territoriali".

Peraltro, le funzioni attribuite ai Comuni riguardano non già, genericamente, i servizi de quibus ma soltanto "l'organizzazione" e "l'erogazione" degli stessi, cioè una dimensione squisitamente locale del servizio, considerato nel suo momento operativo.

Infine - secondo l'Avvocatura - l'art.110 della Costituzione non avrebbe creato una riserva a favore del Ministro di Grazia Giustizia in ordine all'organizzazione di qualunque servizio comunque collegato alla Giustizia, ma sarebbe finalizzato soltanto a ripartire le competenze fra Consiglio Superiore della Magistratura e Ministro.

Considerato in diritto

1. - Le due ordinanze sollevano identica questione nei confronti delle stesse norme e con riferimento ai medesimi parametri costituzionali. Gli incidenti possono essere, perciò, riuniti e risolti con unica sentenza.

2. - Il primo argomento della doglianza fa leva sui concetti di "beneficenza" e di " assistenza sanitaria ed ospedaliera", di cui all'art.117 Cost., per sollevare il dubbio che in essi non siano inquadrabili "gli interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile". Un tale dubbio viene fondato su di una nozione di "beneficenza" che trae origine dalla vecchia legge organica 17 luglio 1890 n. 6972 e, in parte, anche dalla sentenza di questa Corte n. 139 del 1972. Questa effettivamente riecheggia il motivo tradizionale di "beneficenza" come erogazione di servizi e di prestazioni economiche concessi nell'esercizio di un potere discrezionale, mentre fa rientrare nel concetto di "pubblica assistenza" quelle stesse attività svolte nell'ambito di norme che le prescrivono e le regolano come dovute.

Fra l'altro, osservano le ordinanze che l'art. 117 Cost. non parla di "pubblica assistenza" ma di "assistenza sanitaria ed ospitaliera", sicché sotto ogni riguardo i predetti provvedimenti minorili non potrebbero trovare allocazione nel contesto del citato articolo della Costituzione. Poiché, invece, il decreto impugnato, alla lett. c) dell'art. 23 ricomprende i provvedimenti in parola tra le funzioni amministrative relative alla materia "beneficenza pubblica", l'art. 117 Cost. ne resterebbe pregiudicato.

Deve rilevarsi che la Sezione minorile della Corte di Appello di Bologna, avendo sollevata siffatta questione nel novembre del 1980, aveva qualche giustificazione al suo assunto perché tale era effettivamente, fino a quel momento, lo stato della dottrina tradizionale e della stessa giurisprudenza costituzionale: anche se, per verità, in dottrina già andavano maturando i rilievi che la fondamentale sentenza di questa Corte 17 luglio 1981 n. 174 ha poi sviluppato con ampia motivazione.

Molto meno giustificata, invece, l'ordinanza del Tribunale di Salerno che, intervenendo nel luglio del 1985, esattamente quattro anni dopo l'ultima sentenza ora richiamata, la ignora del tutto: essa, infatti, si limita a riportare integralmente la motivazione della Corte bolognese senza proporre alcun profilo nuovo a fronte dei risolutivi argomenti contenuti nella sentenza n. 174 del 1981.

3. - In realtà, quest'ultima sentenza, proprio aderendo allo spirito della sintesi operata dall'art. 22 del decreto impugnato, osservava che "le finalità e l'ampiezza della ridefinizione contenuta nell'art. 22 rappresentano il frutto di una nuova analisi delle funzioni razionalmente suscettibili di essere riunite nella materia, e costituiscono i primi risultati di una nuova linea di politica sociale, come é attestato anche dalle proposte di legge presentate (in quella legislatura) dai gruppi parlamentari più numerosi". Secondo detta sentenza, quindi, "la ridefinizione operata dall'art. 22 del d.P.R. n. 616 del 1977 deve essere inquadrata in tale prospettiva che ricomprende non solo la beneficenza e assistenza pubblica ex art.117, ma anche l'assistenza sociale ex art. 38 Cost.". Dopodichè la sentenza enumera quell'insieme di elementi che "comporta il superamento dei presupposti sui quali si fondavano le distinzioni e le contrapposizioni disegnate nella sentenza n. 139 del 1972" e conclude rilevando che "adottare un disegno organico di riforma dei servizi sociali nei termini accennati, se rappresenta un indirizzo politico diversamente valutabile in relazione a differenti parametri, non può certo ritenersi in contrasto con la Costituzione: e non provoca incostituzionali alterazioni nel riparto di competenza fra Stato e Regioni. Dopodichè, premessa ulteriore ampia motivazione, la sentenza esplicitamente dichiara che "l'art. 22 ex d.P.R. n. 616 del 1977 non viola gli art.li 117 e 118 perché non eccede i limiti della materia intesa nel quadro della legislazione vigente, avuto riguardo al concetto di beneficenza pubblica quale fu presente al legislatore delegante all'atto del trasferimento alle Regioni delle funzioni relative (sent. n. 89 del 1977)".

4. - Con ciò resta superata anche la seconda doglianza delle ordinanze secondo cui il trasferimento agli enti locali di materie diverse da quelle contemplate nell'art. 117 costituirebbe anche violazione ex art. 75 Costituzione, dato che alle materie in quell'articolo contenute la legge delega faceva riferimento.

In proposito, infatti, a parte l'esplicita dichiarazione or ora riportata, la citata sentenza aveva anche rilevato, benché incidenter tantum, che quell'indirizzo di superamento dei presupposti sui quali si fondavano le vecchie distinzioni "era segnato, sia pure in forma ellittica, nel primo dei criteri direttivi della legge di delega n. 382 del 1975 allorché nell'art.1, comma terzo, n.1, si prescriveva che il trasferimento delle funzioni amministrative doveva essere finalizzato ad assicurare una disciplina ed una gestione sistematica e programmata; delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alle Regioni per il territorio e per il corpo sociale": il che appunto il decreto di attuazione aveva realizzato mediante gli art.li 22 e 23.

5. - L'art. 25 del decreto é, però, impugnato anche per un motivo tutto particolare. Rilevano, infatti, le ordinanze che l'art.118 Cost. consente bensì che le materie elencate nell'art.117 Cost. possano essere attribuite dalla legge dello Stato direttamente alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, purché però abbiano "interesse esclusivamente locale". Ma l'art. 25 in esame attribuisce ai Comuni tutte le funzioni amministrative contemplate dagli art.li 22 e 23 del Decreto: e fra quelle funzioni vi sono appunto anche i citati "interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle Autorità giudiziarie minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile": ebbene, secondo le ordinanze, sarebbe estremamente dubbia la possibilità di considerare siffatti interventi come attinenti a materia di interesse esclusivamente locale, giacché essi, invece, involgerebbero un fondamentale interesse generale dei cittadini e, quindi, dello Stato.

Ma anche questa doglianza non é fondata.

Essa trae argomento, infatti, da una considerazione pancriminalistica di qualsiasi intervento rieducativo di soggetti in età evolutiva: interventi che vengono, perciò, indiscriminatamente collocati nell'area della "difesa sociale" e della "prevenzione criminale", in guisa da farli rientrare in quel campo amministrativo che, concernendo la competenza penale dei Tribunali minorili, rientra sicuramente nelle attività riservate allo Stato. Ma così non é, giacché - come bene ha messo in luce la più moderna dottrina specialistica fra cui quella di insigni magistrati che al problema dei minori hanno dedicato gran parte della loro vita - la specie di provvedimenti in esame ha carattere di tutela del minore e rientra nel quadro di un impegno pedagogico di aiuto al superamento di quelle situazioni che la legge definisce di "irregolarità".

Ne consegue che opportunamente la legge, sulla base dell'indicazione degli esperti e della concreta esperienza degli istituti, ha ritenuto che la tutela dei minori "irregolari" sia meglio realizzata mediante il decentramento territoriale dei servizi. E ciò sia perché, nell'ambiente dove il minore é cresciuto e dove vive (specialmente se si presta quello familiare) meglio si profila l'impegno rieducativo che mira, non ad estraniare, ma a mantenere il minore nel suo habitat nell'intento di reinserirvelo risocializzandolo, sia perché più immediato é il contatto degli operatori locali con i soggetti interessati.

Il rilievo delle ordinanze, peraltro, corrisponde ad una superata concezione che ravvisava negli enti locali, e negli interessi di cui sono portatori, situazioni secondarie e marginali. Al contrario, la Costituzione, valorizzando decentramento ed autonomie locali, ha inteso sottolineare l'opportunità che la cura di determinati interessi sia decentrata proprio per assicurarne una più completa e penetrante realizzazione attraverso una decentrata organizzazione territoriale dei servizi.

D'altra parte, il legislatore si é anche preoccupato di assicurarne l'efficienza commettendo alle Regioni, sentiti i Comuni interessati, la determinazione di ambiti territoriali adeguati alla gestione di servizi sociali e sanitari, attraverso la promozione di forme di cooperazione fra enti locali territoriali (art. 25, secondo e terzo co. del Decreto). Il che si é verificato nella specie riguardante l'ordinanza di Bologna, dove appunto agisce il Consorzio per i servizi sociali e sanitari Bologna-Bolognina, cui il Tribunale minorile dell'Emilia Romagna aveva affidato l'esecuzione del provvedimento a tutela del minore Domenico Tuppi.

Non sussiste, quindi, la denunziata violazione dell'art. 118 Cost.

6. - Ed infine la questione riguardante l'art. 110 Cost.

Ricordano le ordinanze che l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia spettano, ai sensi dell'articolo citato, al Ministro della Giustizia. E poiché i provvedimenti in parola riguardano evidentemente i servizi relativi alla giustizia, la loro esecuzione non può essere affidata - secondo i giudici rimettenti - ad enti locali.

Sennonché - come esattamente ha rilevato l'Avvocatura generale dello Stato nell'intervento concernente l'ordinanza del Tribunale di Salerno - é anche evidente che il Costituente nella prima Sezione del titolo IV della Parte II, concernenti la magistratura e l'ordinamento giurisdizionale in particolare, si é preoccupato soltanto di risolvere il secolare problema dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura da ogni altro potere (art. 104, co. primo).

Ed, infatti, dopo averlo solennemente proclamato, ed avere attribuito ad un organo di rilevanza costituzionale il governo della magistratura, ha voluto confermare nell'art.110 che al Ministro rimaneva soltanto l'organizzazione e il funzionamento dei servizi, mentre ogni altra competenza spettava al Consiglio Superiore della magistratura ("Ferme le competenze..." inizia, infatti, il dettato dell'articolo).

Tutto ciò, quindi, non significa istituzione di competenze per il Ministro circa l'organizzazione di qualunque servizio comunque in relazione con la giustizia, ma soltanto la delimitazione del campo d'intervento del Ministro rispetto a quello effettivamente riservato - quello si - all'Organo di governo.

Nemmeno quest'ultima questione, pertanto, ha fondamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, lettera e), della l. 22 luglio 1975 n. 382 (norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione), e 22, 23 e 25 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1973 n. 382) con riferimento agli artt. 117, 76, 118 e 110 Cost., sollevata dalla Corte d'Appello di Bologna - Sezione minorenni, con ord. 19 novembre 1980 (n. 83/1981 reg. ord.) e dal Tribunale di Salerno con ord. 29 luglio 1985 (n. 19/1986 reg. ord.).

Così deciso in Roma, in udienza pubblica, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta il 22 maggio 1987.

 

Il Presidente: ANDRIOLI

Il Redattore: GALLO

Depositata in cancelleria il 22 luglio 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI