Sentenza n.228 del 1987

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SENTENZA N. 228

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 83 e 137 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 ("Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"), promosso con ordinanza emessa il 16 dicembre 1981 dal Pretore di Milano, nel procedimento civile vertente tra Musso Vincenzo e l'I.N.A.I.L., iscritta al n. 185 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 241 dell'anno 1982.

Visti gli atti di costituzione di Musso Vincenzo e dell'I.N.A.I.L., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

uditi gli avvocati Alessandro Garlatti per Musso Vincenzo ed Enrico Ruffini per l'I.N.A.I.L. e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel procedimento civile avente ad oggetto il ricorso di Musso Vincenzo contro l'I.N.A.I.L., che aveva respinto domanda di revisione per aggravamento della rendita per invalidità da infortunio sul lavoro, perché presentata oltre i dieci anni previsti dall'art. 83 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 ("Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"), il Pretore di Milano, con ordinanza del 16 dicembre 1981 (r.o. n. 185/1982), premesso che il ricorso andrebbe rigettato per tardività della domanda, nella ipotesi che questa possa rientrare nel più ampio termine dei quindici anni stabilito per le malattie professionali dall'art. 137 del citato t.u., solleva incidente di costituzionalità su entrambi i detti artt. 83 e 137, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione.

2. - Per il Presidente del Consiglio dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato sostiene la infondatezza della questione di costituzionalità. In particolare sarebbero giustificati i due termini di dieci e quindici anni per la domanda di revisione della rendita rispettivamente per invalidità da infortunio e da malattia professionale, perché nell'un caso é immediatamente evidente la causa violenta in occasione di lavoro, nel secondo l'insorgenza e l'evoluzione della malattia hanno decorso temporale più lungo.

3. - Per le parti private costituite in giudizio, l'I.N.A.I.L. sostiene la infondatezza della questione, richiamando sentenza di questa Corte n. 80 del 21 aprile 1971; la difesa di Musso Vincenzo, richiamando sentenza di questa Corte n. 93 del 30 maggio 1977, chiede declaratoria di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 83 del già citato d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 "nella parte in cui non pone, agli effetti del termine della revisione della rendita di inabilità, chi é colpito da infortunio sul lavoro nella stessa condizione di chi é invece colpito da malattia professionale, e cioè nel termine di quindici anni".

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Milano, con ordinanza del 16 dicembre 1981, solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 83 e 137 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 ("Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"), nella parte in cui prevedono, ai fini della domanda di revisione della rendita di inabilità, due diversi termini, dieci anni dalla costituzione della rendita per gli infortuni, quindici per le malattie professionali, per il dubbio che tale disparità di trattamento violi il principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione, e quello dell'adeguatezza del sistema previdenziale alle esigenze di vita dei lavoratori, di cui all'art. 38 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

La sentenza n. 93 del 1977 di questa Corte, richiamata dal giudice remittente, secondo la quale se "la conseguenza dei due eventi (malattia e infortunio) é la medesima, cioè a dire la invalidità permanente, la disparità di trattamento agli effetti del percepimento della rendita fra il lavoratore che ha sofferto una malattia professionale e quello che ha subito un infortunio sul lavoro, appare priva di qualsiasi razionalità e giustificazione", resta estranea alla questione in esame.

Nel caso di specie non si controverte sulla identità nosografica delle conseguenze invalidanti dei due eventi (malattia e infortunio) in ordine alla corresponsione della rendita, si invece sul fondamento razionale di due diversi termini temporali, dieci anni dalla costituzione della rendita per gli infortuni, quindici per le malattie professionali, ai fini della domanda di revisione per aggravamento. A tal fine questa Corte non ritiene di dover mutare l'orientamento già espresso nella sentenza n. 80 del 21 aprile 1971: "La fissazione di quel tempo in dieci anni dalla costituzione della rendita e non in un periodo diverso, non costituisce il risultato di una mera scelta, arbitraria o ingiustificata; oltre che rispondere al bisogno di certezza dei rapporti giuridici, ha riscontro nel dato di rilievo sanitario e statistico, secondo cui, nella grande maggioranza dei casi, entro il decennio dalla costituzione della rendita, le condizioni dell'infortunato si stabilizzano e la misura dell'inabilità raggiunge il più alto livello".

Parimenti il legislatore si é basato su analoghi dati statistico- sanitari per stabilire il quindicennio come misura di stabilizzazione degli esiti invalidanti delle malattie professionali.

Finché le acquisizioni della osservazione scientifica sull'id quod plerumque accidit in materia di invalidità da infortunio e da malattia professionale resteranno invariate, la diversità dei due termini temporali non sarà censurabile né sotto il profilo della irrazionale disparità di trattamento, in violazione dei principi di ragionevolezza e di quello di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, né sotto quello della incongrua attuazione legislativa del precetto di cui all'art. 38 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 83 e 137 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 ("Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"), sollevata dal Pretore di Milano con ordinanza del 16 dicembre 1981, reg. ord. n. 185 del 1982, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1987.

 

Il Presidente: ANDRIOLI

Il Redattore:P. CASAVOLA

Depositata in cancelleria il 17 giugno 1987