Sentenza n.170 del 1987

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SENTENZA N. 170

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 69, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa il 14 dicembre 1978 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra l'I.N.P.S. e Scala Eugenio, iscritta al n. 623 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 310 dell'anno 1979.

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.P.S., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1987 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Uditi l'avv. Pasquale Vario per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 14 dicembre 1978, pervenuta alla Corte costituzionale il 18 agosto 1979 (R.O. n. 623 del 1979), la Corte d'appello di Milano, nel procedimento civile tra l'I.N.P.S. e Scala Eugenio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, "nella parte in cui detta norma non comprende nell'importo corrispondente al trattamento minimo" (da farsi comunque salvo ai fini del primo comma) le indennità od assegni aggiuntivi per i familiari a carico del titolare della pensione.

Il giudizio era pervenuto alla Corte d'appello di Milano a seguito di sentenza di rinvio della Cassazione, in causa fra Scala Eugenio pensionato I.N.P.S. e l'I.N.P.S. medesimo.

In quest'ultima sentenza (n. 1532 del 14 aprile 1978) la suprema Corte affermava che l'art. 69 della l. n. 153 del 1969 consente, oltre alla cessione, al sequestro e al pignoramento delle somme spettanti al pensionato, anche la compensazione con crediti dell'I.N.P.S., purché nel rispetto dei limiti previsti. Rinviava la causa alla Corte d'appello di Milano per nuovo esame, relativo anche ad ogni altra questione dedotta dalle parti nella pregressa fase di merito e non esaminata dal precedente giudice d'appello.

2. - Il giudice di rinvio, attuale remittente, ha considerato che lo Scala aveva già sollevato, nel corso del precedente giudizio, nella fase di gravame, cioè, innanzi alla Corte d'appello di Genova, eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 69 citato, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, ove esso venisse interpretato nel senso che il trattamento minimo, che deve essere comunque fatto salvo, non comprenda anche l'indennità aggiuntiva per i familiari a carico del pensionato.

La Corte d'appello ha osservato che, essendo il trattamento in concreto percepito dallo Scala di L. 29.150 (di cui L.25.000 mensili pari al trattamento minimo di legge e L.4.150 pari all'indennità aggiuntiva per la moglie a carico), la trattenuta di L. 4.150 mensili operata dall'I.N.P.S., a far tempo dal 1ø agosto 1970, lederebbe il trattamento minimo.

Ha rilevato altresì che:

ad ogni titolare di pensione avente moglie e figli a carico viene corrisposta una indennità aggiuntiva fissa ai sensi dell'art. 21 l. n. 903/1965 (oggi, in seguito all'art. 4 d.l. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni in l.16 aprile 1974, n. 114, gli assegni familiari di cui al t.u. n. 797/1955 e successive modificazioni);

la ratio di tali disposizioni legislative é quella di far sì che la pensione sia proporzionata alle reali e concrete esigenze di vita del titolare della pensione stessa; talché ben può dirsi che esse sono ispirate al dettato di cui all'art. 3 (in linea generale) e di cui all'art. 38, secondo comma (in linea particolare) della Carta costituzionale;

il fatto che - nei casi di titolare della pensione con familiari a carico - al trattamento minimo fissato dalla legge vengano aggiunte dette indennità od assegni non sembra alterare o mutare il carattere di minimum vitale del trattamento pensionistico complessivo, in quei casi corrisposto, costituito sia dal trattamento minimo di legge sia da quelle provvidenze aggiuntive che concretano una integrazione del trattamento in relazione al carico familiare;

peraltro, il carattere eccezionale dell'art. 69 della l. n. 153 del 1969 non sembra autorizzare una interpretazione della stessa esorbitante dal significato proprio delle parole e dalle ipotesi in essa previste e, cioè, in termini estendenti l'intangibilità del trattamento pensionistico oltre "l'importo corrispondente al trattamento minimo".

In siffatta situazione, sempre ad avviso del giudice a quo, non sembra privo di fondamento il ritenere che l'art. 69 l. n. 153/1969, là dove questo (dopo aver - al suo primo comma - previsto che la pensione possa essere oggetto di cessioni, sequestri e pignoramenti entro dati limiti e per dati debiti verso l'I.N.P.S. e, secondo quanto deciso dalla suprema Corte nel presente giudizio anche di compensazione entro gli stessi limiti e per gli stessi debiti) subordina detta possibilità, per quanto attiene alle pensioni ordinarie a carico della assicurazione generale obbligatoria, a che venga fatto comunque salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo (art. cit., secondo comma), sia in contrasto con il accennato dettato costituzionale.

3.1 - Nel giudizio si é costituito l'Istituto nazionale della Previdenza Sociale secondo il quale "il dubbio di illegittimità costituzionale prospettato dalla Corte d'appello di Milano non sembra possa essere dichiarato fondato alla luce della ratio che ispira la normativa che si sospetta violata".

"É innegabile che gli assegni familiari corrisposti ai lavoratori in attività di servizio e le quote di maggiorazione della pensione per carico familiare - l'importo delle quali é stato uguagliato ai primi per effetto dell'art. 46 della legge 30 aprile 1969, n. 153 - sono emolumenti avulsi dal trattamento pensionistico, il cui importo é correlato alla anzianità assicurativa secondo un sistema di calcolo contributivo o retributivo a prescindere dal carico di famiglia del titolare della pensione".

Ritiene, pertanto, l'I.N.P.S. che la non omogeneità per natura e funzione delle provvidenze aggiuntive suddette con il trattamento pensionistico impedisca quella assimilazione legislativa e quel criterio di uguaglianza che possano giustificare una identità di disciplina normativa apprezzabile sul piano della costituzionalità.

3.2 - Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha contestato la fondatezza della questione sollevata dalla Corte d'appello di Milano, rilevando che "mentre il trattamento pensionistico costituisce la principale fonte di reddito per il nucleo familiare (fonte generalmente correlata alla anzianità lavorativa ed alla consistenza economica del reddito di lavoro), le quote di maggiorazione aggiuntive a tale trattamento concretano sostanzialmente una prestazione previdenziale accessoria quale genericamente diretta a concorrere al fabbisogno del nucleo familiare in vista ed a ragione della presenza di persona a carico".

"Ma tale prestazione, che prescinde da un effettivo stato di bisogno dell'intero nucleo familiare e non é nemmeno correlata ad un presunto stato di necessità della persona per la quale viene erogata presenta, dunque, un complesso di caratteristiche così diverse dal trattamento pensionistico, da non poter essere assimilato a questo e da non poter godere della previsione normativa denunciata, che peraltro non appare in contrasto con i precetti costituzionali".

Si conclude, perciò, chiedendo che venga dichiarata infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale.

3.3 - L'I.N.P.S. ha depositato, in data 10 gennaio 1987, una memoria nella quale pur insistendo sulla infondatezza si ricorda, tuttavia, la giurisprudenza della Corte di cassazione, affermante "con valore di diritto vivente", quanto alla impignorabilità salvo che per causa di alimenti, la identità originaria di natura, di struttura e di finalità fra quote di maggiorazione ed assegni familiari.

Considerato in diritto

1. - La legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) prevede - art. 69, primo comma - che le pensioni e gli altri assegni ivi contemplati possano essere ceduti, sequestrati o pignorati nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l'Istituto nazionale della previdenza sociale. Per le pensioni ordinarie liquidate dalla assicurazione generale obbligatoria viene comunque fatto salvo, al successivo secondo comma, l'importo corrispondente al trattamento minimo.

É tale ultimo disposto che il giudice remittente sospetta di incostituzionalità: non facendo esso espressamente salve dalle procedure anzicennate, nei limiti del trattamento minimo, anche le quote di maggiorazione corrisposte per familiari a carico, verrebbe a risultare alterata la proporzione con le concrete esigenze di vita del titolare della pensione, garantite dagli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost.

2.1 - La questione non é fondata.

L'art. 4 del decreto legge 2 marzo 1974, n. 30 convertito nella legge n. 114 dello stesso anno ha sostituito alle quote di maggiorazione gli assegni familiari, previsti dal testo unico approvato con d.P.R. n. 797 del 1955.

La riportata disposizione dispiega effetto esplicito a partire dal 1ø gennaio 1974. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di cassazione riconosce, come ammette lo stesso I.N.P.S., che le quote in questione partecipavano anche innanzi della connotazione intrinseca di aggiunta alimentare (per la moglie e i figli), ricomponendosi, così, in una disciplina unitaria con gli assegni familiari, per identità di caratteristiche e di scopi dei cespiti di maggiorazione.

In punto, la giurisprudenza della Cassazione ha osservato, ancora, che l'art. 46 della medesima legge n. 153 del 1969 - recante il disposto formante oggetto della presente impugnativa - prevedeva le quote di maggiorazione pari, nella misura, agli assegni familiari. Da qui la evidente sostanziale identità, nello stesso contesto di legge, tra le due forme integrative; cosicché nell'art. 69 successivo nulla doveva venir stabilito per le quote in discorso quanto alla loro impignorabilità, essendo questa riconosciuta - integralmente si badi bene e non nei limiti minimali - in altro applicabile disposto di legge: l'art. 22 del testo unico del 1955.

2.2. - In concreto, dunque, nei confronti del titolare di pensione, per la moglie ed i figli a carico, trovano riferimento ab origine tutte le norme del testo unico sugli assegni familiari (cfr. sentenza n. 120 del 1985): in particolare, per quel che interessa qui, l'indicato art. 22, là dove é disposto che gli assegni di famiglia non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti se non per esclusiva causa di alimenti a favore di coloro per i quali essi vengono corrisposti.

2.3 - La Corte non ha motivo per discostarsi ora da questi lineari principi, ricordando solo, come già esposto in narrativa, che la giurisprudenza ha ravvisato rientrare nel quadro globale del sistema di cui s'é discorso anche l'istituto della compensazione, pertinente alla fattispecie in esame.

Conclusivamente, nessuna lesione nei termini di raffronto indicati dal giudice a quo, appare essersi verificata nei riguardi di un trattamento maggiorativo che é a carattere strettamente alimentare e al quale l'ordinamento - come si é chiarito - ha perciò accordato e accorda, col sancirne l'intangibilità in assoluto, una tutela piena ed esaustiva.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) sollevata dalla Corte d'appello di Milano, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1987

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 15 maggio 1987

Il direttore della cancelleria: VITALE