Ordinanza n.161 del 1987

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ORDINANZA N. 161

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali) promosso con ordinanza emessa il 31 dicembre 1979 dal pretore di Nardò nel procedimento civile vertente tra, Trotta Antonio e Fidelpol - Vigilanza, iscritta al n. 115 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 124 dell'anno 1980;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 26 marzo 1987 il Giudice relatore Francesco Greco;

Ritenuto che il pretore di Nardò, con l'ordinanza in epigrafe, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 604/1966 in relazione agli artt. 3, 24, 101 e segg. Cost.;

che, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata, stabilendo che il licenziamento deve essere impugnato, sotto pena di decadenza, con "qualsiasi atto scritto", nel termine di sessanta giorni dalla relativa comunicazione, contiene una previsione di eccessiva genericità, la quale conferisce al giudice poteri interpretativi esorbitanti dalla sua funzione istituzionale, quale é delineata dagli artt. 101 e segg. Cost.;

che, invero, nell'ambito di tale previsione, la scrittura non potrebbe ritenersi richiesta né ad substantiam (difettando espresse comminatorie di nullità per la mancata osservanza di tale forma) né ad probationem (posto che la norma non fa menzione di tale esplicita funzione);

che, di conseguenza, l'apprezzamento della corrispondenza del caso di specie all'archetipo normativo finisce per essere legato a criteri sproporzionatamente soggettivi: il che irrazionalmente si discosta dalla sua maggiore precisione usata dal legislatore allorché con la stessa legge n. 604/1966 ha stabilito (art. 2) che il licenziamento deve essere comunicato per iscritto al lavoratore sotto pena di inefficacia, ovvero con gli artt. 633 e 634 cod. proc. civ. e con l'art. 198 cod. proc. pen. ha indicato chiaramente la forma degli atti rispettivamente necessari per ottenere un decreto ingiuntivo o per proporre una valida impugnazione nel rito penale;

che le esposte censure si palesano infondate prima facie;

che, in effetti, la norma impugnata ha inteso più che imporre una forma vincolata per l'atto in questione, semplicemente assicurare, attraverso la forma richiesta, il controllo sull'osservanza del termine stabilito, come é reso palese anche dalla prevista equivalenza dell'intervento dell'organizzazione sindacale;

che proprio la genericità della previsione tende ad assicurare idoneità all'impugnativa posta in essere non solo con documenti sottoscritti dalla parte interessata ma anche con ogni altro scritto a questa riferibile, con la condizione esplicitamente posta, dell'idoneità a rendere nota la volontà del lavoratore di impugnare il licenziamento;

che, pertanto, rispetto a siffatte proposizioni normative, il giudice può utilizzare i consueti strumenti ermeneutici ed avvalersi di poteri di valutazione ed apprezzamento non diversi da quelli che valgono per la generalità dei casi soggetti alla sua cognizione, stabilendo la norma chiaramente le modalità e la funzione dell'atto di impugnazione del licenziamento;

che l'evenienza di diverse interpretazioni da parte di giudici diversi, lungi dal costituire la conseguenza patologica dei termini in cui la norma é formulata, é fisiologicamente connaturata al nostro sistema giudiziario;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e segg. Cost., dal Pretore di Nardò con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: GRECO

Depositata in cancelleria il 13 maggio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE