Sentenza n.133 del 1987

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SENTENZA N. 133

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

        ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 17 legge 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 16 maggio 1979 dal T.A.R. del Lazio sul ricorso proposto da Accoroni Albino ed altri contro Ministero della Pubblica Istruzione ed altro, iscritta al n. 913 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43 dell'anno 1980;

2) ordinanza emessa il 22 gennaio 1979 dal T.A.R. del Lazio nel ricorso proposto da Palermo Francesco Paolo ed altri contro Ministero della Pubblica Istruzione ed altri, iscritta al n. 137 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 dell'anno 1981;

3) ordinanza emessa il 16 maggio 1979 dal T.A.R. del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Colaci Giovanni ed altri contro Ministero della Pubblica Istruzione ed altri, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 248 dell'anno 1981;

4) ordinanza emessa il 19 novembre 1979 dal T.A.R. del Lazio sul ricorso proposto da Caputo Esposito Hilde ed altri contro Ministero della Pubblica Istruzione ed altri, iscritta al n. 284 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 dell'anno 1983;

Visti gli atti di costituzione di Palermo Francesco Paolo ed altri e di Spagna Rita ed altri;

Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1987 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

Uditi gli Avvocati dello Stato Ivo Braguglia e Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 22 gennaio 1979 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - adito da alcuni insegnanti per l'impugnativa dei provvedimenti con i quali il Provveditore agli studi di Bari aveva loro negato l'immissione in ruolo per mancanza dell'occupazione di cattedra o posto orario - ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dell'art. 17 della legge 30 luglio 1973, n. 477. Tale disposizione prevede che vengano immessi in ruolo gli insegnanti incaricati a tempo indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche i quali abbiano già conseguito il titolo di abilitazione valido per l'insegnamento per il quale sono incaricati e che nell'anno scolastico 1973/74 occupino una cattedra o posto orario.

Premette il giudice a quo che i ricorrenti, abilitati per l'insegnamento di applicazioni tecniche, nell'anno scolastico 1973/74 vennero utilizzati in parte per tale materia ed in parte per altre attività, secondo la previsione dell'art. 2 del decreto legge 19 giugno 1970, n. 336 (convertito in legge 26 luglio 1970, n. 571) che consentiva l'impiego di personale anche nel doposcuola ovvero in attività integrative.

Rileva il T.A.R. che non per loro colpa i ricorrenti avevano ricoperto un posto orario solo in parte comprendente le materie per le quali erano abilitati, bensì per effetto di una specifica norma, dettata nel quadro del riassetto della scuola media. Secondo l'ordinanza nel concetto di posto orario dovrebbe ricomprendersi anche il raggruppamento di ore di insegnamento relative a diverse classi di concorso (purché in numero non inferiore a quello previsto per una cattedra) e non occorrerebbe che tali ore siano necessariamente concernenti la stessa classe di concorso, come invece ritenuto dal Consiglio di Stato che, restrittivamente interpretando la norma impugnata, ha escluso l'immissione in ruolo per i docenti che, come i ricorrenti, non avessero ricoperto un posto orario costituito da insegnamenti della medesima classe di concorso.

Tale interpretazione, secondo il giudice rimettente, creerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra docenti immessi o no in ruolo in dipendenza della circostanza, del tutto casuale, di avere ricoperto o meno un posto orario con identiche materie d'insegnamento, venendo altresì a determinare una situazione di contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento della P.A.

Ancor più evidente sarebbe, secondo il T.A.R., la violazione dell'art. 97 Cost. in quanto l'art. 17 citato avrebbe introdotto un sistema di reclutamento che non trae origine da una procedura concorsuale, consentendo viceversa l'immissione in ruolo a chi 1) fosse in possesso di titolo abilitante, cioè del requisito minimo per insegnare, 2) fosse incaricato a tempo indeterminato (ma tale espressione indica soltanto un rapporto sostitutivo delle altrui prestazioni e cioè una supplenza), 3) avesse ottenuto una cattedra od un posto orario per l'anno scolastico 1973/74.

Osserva il giudice a quo come tale ultimo requisito venga a dipendere dalla collocazione nella graduatoria provinciale ov'é attribuita rilevanza talvolta preponderante ai fini del punteggio a fattori quali: le condizioni familiari o la qualità di ex combattente, che nulla hanno a che vedere con la capacità didattica. A sostegno della propria tesi il T.A.R. richiama le procedure applicative dell'art. 17 denunziato, disciplinate dalla circolare del Ministero della Pubblica Istruzione n. 146 del 17 giugno 1974 che ha sostituito il requisito della effettiva occupazione della cattedra o posto orario con quello del possesso dei titoli ad occupare detti posti. Conclude infine escludendo che la sentenza n. 24 del 1978 della Corte costituzionale, la quale ha risolto negativamente un problema d'illegittimità della norma denunciata, sia applicabile al caso di specie.

La parte privata, costituitasi nel giudizio dinanzi a questa Corte, ha insistito sulla discriminazione di cui sarebbero oggetto i docenti esclusi dall'immissione in ruolo solo in funzione della casuale non rispondenza della classe di concorso con quella delle materie insegnate, nonché sulla violazione del principio di buon andamento della P.A. causata dall'eccedenza delle immissioni in ruolo rispetto ai posti realmente disponibili.

Con ulteriore memoria ed analoghi argomenti, la medesima parte ha poi criticato la giurisprudenza del Consiglio di Stato (riferendosi peraltro soltanto alla prima di una serie di conformi decisioni) circa il concetto di posto orario, elemento che ha altresì sostenuto essere estraneo alla fattispecie da cui trasse origine la sentenza n. 24 del 1978 della Corte costituzionale (che avrebbe riguardato un caso di cattedra completa).

2. - Con tre ordinanze, due emesse il 16 maggio ed una il 19 novembre 1979 il T.A.R. del Lazio ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., del citato art. 17, nonché dell'articolo unico della legge 14 agosto 1974, n. 391. Tale norma dispone che gli insegnanti di ruolo della scuola media utilizzati negli istituti e scuole d'istruzione secondaria superiore ed artistica ai sensi del decreto legge 21 settembre 1973, n. 567, convertito con modificazioni nella legge 15 novembre 1973, n. 727, ovvero per effetto di provvedimenti amministrativi adottati anteriormente alla data dell'1 ottobre 1973, possono chiedere di essere immessi nei ruoli dei predetti istituti per le cattedre a posti orario in cui sono stati utilizzati per l'anno scolastico 1973/74.

Al giudice amministrativo avevano ricorso alcuni insegnanti inclusi nelle graduatorie nazionali ad esaurimento previste da diverse leggi speciali che consentivano l'immissione in ruolo in relazione ai posti disponibili in organico per scorrimento nelle graduatorie stesse. I docenti avevano impugnato i provvedimenti ministeriali di assegnazione della sede a coloro che erano stati immessi in ruolo ex art. 17 legge n. 477 del 1973 lamentando la mancata estensione del beneficio. Rileva il giudice a quo la disparità di trattamento determinatasi tra i ricorrenti, per quali il reperimento del posto é condizione per l'immissione in ruolo ed i c.d. "diciassettisti", immessi a prescindere dall'effettiva disponibilità dell'organico.

Tale ultima circostanza sarebbe confermata dalla disposizione da ultimo impugnata, estensiva del beneficio, la quale prevede all'ultimo comma, l'utilizzazione dei docenti che non trovino collocazione nelle scuole di titolarità anche in istituti di grado inferiore e per l'insegnamento di materie affini. Le ordinanze argomentano in modo pressoché identico a quella di cui sopra, rilevando come il mancato, previo reperimento di posti in organico abbia violato il principio del buon andamento della P.A., risolvendosi l'immissione in ruolo in una "forma raffinata d'estrazione a sorte". Infatti i docenti che, inclusi nelle graduatorie speciali si trovavano ad occupare una cattedra o un posto orario, sono stati immessi in ruolo ex art. 17 legge citata godendo di una precedenza assoluta nell'assegnazione della sede diversamente da intere categorie, escluse dal beneficio in quanto non raggiungevano il trattamento di cattedra ovvero si trovavano nella situazione degli insegnanti di cui sopra.

A parere del giudice rimettente le denunziate norme, prescindendo dall'esaurimento delle precedenti graduatorie, e non prevedendo la sistemazione degli iscritti alle medesime anteriormente ai beneficiari delle norme stesse, avrebbero realizzato un'ingiustificata disparità di trattamento, tenuto conto del fatto che gli organici per l'assegnazione delle sedi ai c.d. "diciassettisti" vennero formati alla data del 31 marzo 1976 (allorché la situazione di questi ultimi era del tutto analoga a quella dei ricorrenti).

Si sono costituite alcune parti private le quali hanno rilevato come l'immissione in ruolo dei "diciassettisti" sia avvenuta sulla base di elenchi alfabetici e come il principio secondo cui l'immissione in ruolo deve avvenire seguendo l'ordine delle graduatorie sia stato ripristinato dall'art. 13 della legge 9 agosto 1978, n. 463.

3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in tutti i giudizi tramite l'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate, richiamando la sentenza n. 24 del 1978 della Corte costituzionale ed escludendo, con particolare riguardo alla prima questione, che dall'eventuale dichiarazione d'illegittimità dell'art. 17 possano derivare conseguenze favorevoli ai ricorrenti.

Nel merito l'Avvocatura rileva come il giudice a quo non abbia distinto i due momenti della immissione in ruolo e dell'assegnazione di sede. Inoltre - si sostiene ancora negli atti d'intervento - il fatto di non occupare un posto orario corrispondente a cattedra dipende da una collocazione meno favorevole in graduatoria (e perciò da una forma di selezione attuata con determinate garanzie) ove la valutazione dei titoli didattici - e segnatamente delle qualifiche ha un rilievo preponderante rispetto a quelli attinenti a situazioni di famiglia.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - con quattro ordinanze emesse tutte nel 1979, e precisamente: il 16 maggio (r.o. 913/1979 e 298/1981), il 22 gennaio (r.o. 137/1981) ed il 19 novembre (r.o. 284/1983) - ha impugnato, denunciandone il contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., l'art. 17 legge 20 luglio 1973, n. 477 ("delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato") e l'articolo unico della legge 14 agosto 1974, n. 391 ("integrazione dell'art. 17" della predetta legge n. 477 del 1973). Risultando le censure rivolte alle medesime disposizioni, i relativi giudizi vanno riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - Sono due le questioni che vengono sottoposte al giudizio della Corte. Esse fanno parte di quell'inesauribile contenzioso germinato a causa e nell'ambito del fenomeno del c.d. "precariato" nella scuola, la cui genesi può collocarsi addirittura verso la metà degli anni '50 e cui negli anni successivi il legislatore tentò di porre riparo con una incessante serie di espedienti: la sostituzione dei concorsi per esami con quelli per soli titoli; l'inquadramento in ruolo degli abilitati con un certo numero di anni di servizio; la trasformazione degli incarichi annuali in incarichi a tempo indeterminato; l'introduzione del principio della non licenziabilità; la creazione degli istituti del "posto orario" e della "utilizzazione". Soprattutto, poiché si era formata una massa di insegnanti a titolo precario, che premeva ed urgeva per la propria sistemazione a titolo definitivo, vennero istituite graduatorie nazionali ad esaurimento, che garantivano la graduale immissione in ruolo degli insegnanti appartenenti a determinate categorie. All'uopo, fu disposto che venisse riservata a questi un'aliquota dei posti vacanti all'inizio di ogni anno - fissata poi (art. 4, terzo comma, legge n. 477 del 1973) nella misura del 50 per cento - e si stabilì il criterio dello scorrimento delle graduatorie, in maniera che gli insegnanti ivi iscritti potessero man mano venire collocati nei ruoli.

2.1. - Era questo il sistema vigente in materia, quando con la legge n. 477 del 1973 - e precisamente con l'art. 17, primo e secondo comma, onde vennero denominati "diciassettisti" quanti ne beneficiarono - fu disposto che "gli insegnanti incaricati a tempo indeterminato nelle scuole secondarie e artistiche che abbiano già conseguito il titolo di abilitazione... e che nell'anno scolastico 1973-74 occupino una cattedra o posto orario sono nominati in ruolo, con decorrenza 1ø ottobre 1974" e "mantengono la cattedra o il posto che attualmente ricoprono". Poco più di un anno dopo, tale disposizione é stata integrata con l'articolo unico della legge n. 391 del 1974, a sensi del quale (primo comma) "gli insegnanti di ruolo della scuola media utilizzati negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore... possono chiedere di essere immessi nei ruoli dei predetti istituti per le cattedre o posti orario in cui sono utilizzati per l'anno scolastico 1973-74, sempre che siano in possesso della relativa abilitazione" e la loro "immissione in ruolo ha effetto dal 1ø ottobre 1974", soggiungendosi (secondo comma) che il personale non utilizzato "nelle scuole di titolarità viene impiegato nell'ambito della provincia nell'insegnamento proprio della stessa cattedra o posto orario e, ove ciò non sia possibile, nell'insegnamento di materie affini anche in istituti e scuole di grado inferiore". Insomma, in virtù dell'art. 17, gli incaricati nelle scuole secondarie nell'anno 1973-74 vennero immessi in ruolo, con decorrenza 1ø ottobre 1974; in virtù dell'articolo unico, vennero immessi nei ruoli delle scuole secondarie superiori, con la stessa decorrenza, gli insegnanti di ruolo nelle scuole medie, che fossero stati utilizzati in quelle secondarie superiori nell'anno 1973-74.

3. - La questione sollevata per prima dal giudice a quo - con ordinanza (n. 137/1981) pervenuta a questa Corte il 18 febbraio 1981, benché emessa il 22 gennaio 1979 - riguarda il caso di insegnanti abilitati ed incaricati a tempo indeterminato per l'insegnamento di applicazioni tecniche maschili ai quali fu negata l'immissione in ruolo, benché fossero stati utilizzati, nell'anno scolastico 1973-74, in prevalenza per l'insegnamento effettivo e solo in parte per altre attività.

Il T.A.R. del Lazio, ritenendo "infondata la tesi restrittiva" sostenuta dal Consiglio di Stato, ed "ormai prevalente", secondo cui "per aversi un posto orario non solo é necessario un determinato numero di ore di insegnamento..... ma occorre anche che esse siano relative ad insegnamenti compresi nella stessa classe di concorso", formula l'esplicita richiesta di una nuova e diversa interpretazione dell'impugnato art. 17. Ma la Corte non ravvisa motivo di discostarsi sul punto dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, che essa ha fatto propria con la sentenza n. 24 del 1978. In fondo, le censure risultano mosse, non già alla legge, bensì all'applicazione - asseritamente distorta - che ne é stata fatta con circolari, ordinanze, istruzioni ministeriali. É ad opera di queste, infatti, che é stata posta la limitazione della "stessa classe di concorso" e che é stato riconosciuto il beneficio dell'immissione in ruolo, oltre che agli insegnanti impiegati nel doposcuola, nelle classi differenziate, nei corsi di aggiornamento, nei corsi serali, etc., persino a chi non occupasse - ma soltanto "avesse titolo" per occupare - una cattedra o posto orario. Se così é, le asserite violazioni dei principi d'eguaglianza e dell'onere di buona amministrazione non discendono tanto dall'art. 17, quanto da atti amministrativi, sui quali il giudice delle leggi non può esercitare alcun sindacato.

La questione deve, quindi, dichiararsi infondata.

4. - Con le altre tre ordinanze - due delle quali (r.o. 288/81 e 284/83) sono pervenute a questa Corte, rispettivamente, nel 1981 e nel 1983, benché tutte emesse nel 1979 - si imputa all'art. 17, legge n. 477 del 1973 ed all'articolo unico legge n. 391 del 1974 di avere privilegiato, fra gli insegnanti inclusi nelle medesime graduatorie ad esaurimento, quelli che avevano ottenuto nell'anno scolastico 1973-74 una cattedra o un posto orario, violando così in danno dei ricorrenti l'ordine risultante dalle graduatorie ed il criterio dello scorrimento di queste. Ed anche a riguardo di tale questione si chiede di volere adottare un'interpretazione nuova e diversa da quella del Consiglio di Stato, il quale ebbe a statuire che tutte le cattedre e tutti i posti orario occupati dai "diciassettisti" dovevano essere - e, quindi, legittimamente furono - attribuiti a questi ultimi.

Ma osserva in contrario il giudice a quo che detta interpretazione comporta "violazione degli artt. 3 e 97 Cost. sotto il profilo che l'immissione in ruolo dei diciassettisti non consegue, ma precede il reperimento dei posti in organico". Questi sarebbero stati reperiti solo alla data del 31 marzo 1976, e pertanto - si afferma nelle ordinanze - non potrebbe negarsi il contrasto con l'articolo 97 Cost. della disciplina che ha disposto l'immissione in ruolo dei "diciassettisti" con decorrenza 1ø ottobre 1974. Stando così le cose, dovendosi cioè riferire alla data del 31 marzo 1976 "il reperimento dei posti da assegnare, non sembra" - prosegue il T.A.R. del Lazio - "che possa negarsi che a tale data....., ai fini dell'attribuzione del 50 per cento dei posti disponibili e vacanti all'inizio di ogni anno ai beneficiari delle leggi speciali, la situazione degli inclusi nelle graduatorie nazionali si presentava eguale a quella dei già immessi in ruolo ai sensi dell'art. 17 ma ancora in attesa del reperimento delle sedi da assegnare".

Al riguardo, non può non convenirsi con l'Avvocatura dello Stato, quando rileva che "il Tribunale amministrativo ha confuso i due diversi concetti di posto in organico e di posto disponibile in una determinata scuola": per posto in organico si deve intendere "un'entità esistente nell'ambito di una dotazione complessiva numericamente determinata" e per posto disponibile "un'entità localizzabile in una sede precisa". Alla luce di tale chiarimento, risulta palese l'errore nel quale é caduto il giudice rimettente nell'assumere come comune referente temporale, sia per i diciassettisti, sia per i ricorrenti, la data del 31 marzo 1976 all'evidente scopo di dare una qualche consistenza alla denunciata disparità di trattamento, pur se il decreto ministeriale invocato dallo stesso giudice indicasse esplicitamente detta data "ai fini dell'assegnazione definitiva della sede", non già dell'immissione in ruolo. Ed é conseguente alla rilevata confusione la contraddittorietà delle ordinanze nelle parti in cui, dopo avere equiparato i ricorrenti ai "diciassettisti", questi vengono definiti "già immessi in ruolo ai sensi dell'art. 17 ma ancora in attesa del reperimento delle sedi da assegnare". Risultando pertanto viziata l'argomentazione su cui fondamentalmente si regge la denunciata violazione degli artt. 3 e 97 Cost., non può accogliersi la richiesta di reinterpretazione degli impugnati articoli nel senso prospettato dal T.A.R. del Lazio, e pertanto anche la questione in esame va dichiarata infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe:

a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, legge 20 luglio 1973, n. 477 ("Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato"), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio (r.o. 137/1981);

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, legge 20 luglio 1973, n. 477 e dell'articolo unico della legge 14 agosto 1974, n. 391 ("Integrazione dell'articolo 17" della predetta legge n. 477 del 1973), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio (r.o. 913/1979, 298/1981 e 284/1983).

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: FERRARI

Depositata in cancelleria il 15 aprile 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI