Sentenza n.129 del 1987

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SENTENZA N. 129

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

        ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 53, secondo comma, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1983 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione di Salerno, sul ricorso proposto da Colucci Raffaele e Amministrazione Provinciale di Salerno ed altri, iscritta al n. 879 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 dell'anno 1984;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 1986 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

Udito l'Avvocato dello Stato Paolo di Tarsia di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione di Salerno, con ordinanza emessa il 14 aprile 1983 nel giudizio promosso da Raffaele Colucci per l'annullamento delle operazioni elettorali del giorno 8 e 9 giugno 1980 e dell'atto di proclamazione degli eletti relativi al rinnovo del Consiglio provinciale di Salerno, collegio di Pontecagnano-Faiano, ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 53, secondo comma, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali).

Premesso che a fondamento della domanda il ricorrente adduceva l'omessa vidimazione delle liste elettorali prima che fosse iniziato lo spoglio dei voti in taluni seggi, secondo quanto previsto dall'art. 53 del d.P.R. citato, il giudice a quo osserva che l'articolo 2, lettera c), del decreto legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito in legge, con modificazioni, con legge 14 maggio 1976, n. 240, nel prescrivere tutti gli adempimenti da effettuarsi prima dello spoglio dei voti, nulla più dispone sulla necessità della vidimazione delle liste. La portata innovativa di tale disposizione - e, correlativamente, abrogativa della precedente - deve peraltro ritenersi limitata al caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative, dato l'inequivoco riferimento in tal senso operato dal titolo del testo legislativo in questione che, tra l'altro, consente chiaramente di individuare quali norme sono in ogni caso applicabili (come, ad es., l'art. 1) e quali, invece, solo allorché le consultazioni siano contemporanee (come gli artt. 2, 3, 4 e 5). Da qui una diversità di disciplina in ordine alla necessità della vidimazione delle liste da parte del presidente del seggio e di due scrutatori - alla cui omissione consegue la nullità delle votazioni - del tutto priva di ragionevolezza posto che la (scarsa) rilevanza garantistica dal legislatore evidentemente attribuita a quell'adempimento formale nel caso in cui le elezioni politiche ed amministrative si svolgano in unico contesto temporale non giustifica più una diversa disciplina allorché le consultazioni elettorali amministrative avvengano separatamente.

La sollevata questione - conclude il giudice a quo - non può infine considerarsi già risolta dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 43 del 1961, ritenne bensì la norma costituzionalmente legittima ma in riferimento all'art. 48, secondo comma, Cost.; e che, in quella sede, operò inoltre il raffronto tra elezioni amministrative e politiche, concludendo che la non prevista nullità delle votazioni per omessa vidimazione delle liste é, per le elezioni politiche, giustificata dalla considerazione che le eventuali invalidità delle operazioni elettorali sono deferite al giudizio del Parlamento.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che la questione venga dichiarata manifestamente infondata siccome basata sull'erroneo presupposto che l'art. 2, lettera c), del d.l. n. 161 del 1976, abbia abrogato la norma denunciata nella parte in cui prevede la vidimazione delle liste, con riguardo al caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni amministrative e politiche. All'omesso richiamo, da parte del d.l. n. 161 del 1976, delle norme sulla vidimazione e di tutte quelle non direttamente connesse con l'abbinamento delle elezioni amministrative con quelle politiche non può invero attribuirsi alcuna portata abrogativa, posto che il provvedimento normativo mirava soltanto a coordinare lo svolgimento contemporaneo delle operazioni elettorali, apportando le sole modifiche necessarie per stabilire l'ordine cronologico dei vari adempimenti. Della immanente vigenza della disposizione denunciata costituirebbe poi un sintomo la circostanza che, pur dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 161 del 1976, l'adempimento delle liste elettorali continua ad essere previsto negli stampati predisposti per i seggi elettorali anche nel caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative.

Considerato in diritto

1. - L'art. 53, secondo comma, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 prevede che, al termine delle votazioni per l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, le liste degli elettori "prima che si inizi lo spoglio dei voti, devono essere, a pena di nullità della votazione, vidimate in ciascun foglio dal presidente e da due scrutatori e chiuse in piego sigillato...".

Il 20 giugno 1976 si svolsero contemporaneamente le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nonché dei consigli delle regioni a statuto ordinario, delle assemblee e dei consigli delle regioni a statuto speciale, dei consigli provinciali e dei consigli comunali.

Nell'imminenza di tali molteplici consultazioni ed in ragione della loro concomitanza venne emanato il d.l. 3 maggio 1976, n. 161, convertito con l. 14 maggio 1976, n. 240, il cui art. 2 - alla lettera c) - prevede che, in caso di contemporaneo svolgimento di elezioni politiche ed amministrative, il seggio, ultimate le operazioni di riscontro dei voti, "procede alla formazione dei plichi contenenti gli atti relativi a tali operazioni nonché le schede avanzate".

Il giudice a quo rileva che quest'ultima disposizione non contempla più l'adempimento della vidimazione e ne fa discendere l'intervenuta abrogazione dell'art. 53 del d.P.R. n. 570 del 1960 in tutti i casi in cui le elezioni amministrative e politiche si svolgano simultaneamente.

In tale ipotesi, l'omessa vidimazione delle liste, in quanto non espressamente prescritta, non sarebbe più causa di nullità, in ciò evidenziandosi una irrazionale difformità di disciplina rispetto alle consultazioni elettorali amministrative che si tengono indipendentemente dalle altre. Tale diversità di regime integrerebbe il denunciato vizio di illegittimità costituzionale.

2. - Dai lavori preparatori della l. 14 maggio 1976, n. 240, che ha convertito il d.l. 3 maggio 1976, n. 161, risulta la natura tecnica del provvedimento legislativo, finalizzato ad uniformare taluni adempimenti organizzativi, in precedenza diversamente disciplinati a seconda del tipo di elezione, onde consentire il contemporaneo svolgimento di molteplici consultazioni: non a caso l'art. 2 della citata l. n. 240 del 1976 rinvia alla futura emanazione di un testo unico la sistemazione organica della materia. Il procedimento elettorale é risultato semplificato, ma nessun intervento abrogativo é stato effettuato circa l'adempimento della vidimazione delle liste.

Questa consiste nella sottoscrizione di ciascun foglio da parte del presidente e di due scrutatori; é tradizionalmente prevista nell'ordinamento sin dal T.U. n. 5821 del 1889: mediante tale attività il seggio attesta di aver identificato l'elettore e certificato il suo voto proprio su quella lista che era stata autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale. La vidimazione ha perciò finalità di accertamento, al pari di quella, ad esempio, che la legge richiede al notaio per il libro-giornale dell'impresa (art. 2216 c.c.) o per i fogli sui quali é redatto il testamento olografo (art. 620 c.c.), nonché al pretore mandamentale per ciascuna pagina dei registri dello stato civile (art. 20, r.d. 9 luglio 1939, n. 1238).

Con tale adempimento, in conclusione, si tende ad impedire che si verifichino sostituzioni o manipolazioni delle liste successivamente alla conclusione delle votazioni: la vidimazione garantisce la certezza e regolarità delle liste medesime onde consentire le operazioni di riscontro dei voti e si colloca perciò prima di queste.

Viceversa l'art. 2 d.l. n. 161 del 1976, come ha statuito il Cons. giust. amm. reg. Sicilia nella sentenza n. 170 del 5 dicembre 1984, ha riguardo al momento - cronologicamente successivo - dell'iter procedimentale elettorale in cui, già effettuato il riscontro, sulla base di liste perciò vidimate, devono essere formati i plichi, dei quali, per le anzidette esigenze di coordinamento, é prescritta la confezione in unico contesto anziché, dispersivamente, alla fine di ogni singola consultazione.

Deve perciò escludersi che la norma del 1976 abbia portata abrogatrice delle disposizioni che prevedono modalità tipiche dei singoli procedimenti elettorali ed in particolare dell'art. 53, d.P.R. n. 570 del 1960. L'esigenza accertativa delle liste permane comunque anche in caso di elezioni abbinate: essa é sempre tutelata attraverso l'obbligo della vidimazione, operazione essenziale per ogni tipo di elezione che non può mai venire meno, rileva il giudice sopra citato, sia che si tratti di consultazioni separate, sia che si tratti di consultazioni contestuali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, secondo comma, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 ("Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali"), sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal T.A.R. per la Campania, sezione di Salerno, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: FERRARI

Depositata in cancelleria il 15 aprile 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI