Ordinanza n.110 del 1987

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 110

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

        ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt.12, secondo comma, e 13 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato) e dei corrispondenti artt. 82, primo comma, e 86, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del Testo Unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con l'ordinanza emessa l'11 dicembre 1979 dalla Corte dei Conti sul ricorso proposto da Fiore Maria iscritta al n. 698 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2/1 ss. dell'anno 1986;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1987 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

Ritenuto che:

1) la Corte dei Conti, con ordinanza dell'11 febbraio 1979 (pervenuta alla Corte il 9 ottobre 1985), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, secondo comma, e 13 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato) e dei corrispondenti artt. 82, primo comma, e 86, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento all'art. 3 Cost.;

2) il giudice a quo deduce che la normativa censurata, la quale condiziona il diritto a pensione di riversibilità alla circostanza che l'inabilità a proficuo lavoro sussista al momento della morte del dipendente o pensionato, viola il principio di uguaglianza in quanto:

a) la distinzione tra orfani che siano divenuti inabili prima della morte del genitore ed orfani la cui inabilità sia successivamente insorta é fonte di discriminazione di situazioni oggettivamente identiche;

b) per effetto dell'annullamento da parte della Corte (sent. n. 37/85) delle analoghe norme in materia di pensioni di guerra, si é venuta a creare una ingiustificata disparità di trattamento tra orfani maggiorenni di guerra o di pensionati di guerra e orfani maggiorenni di dipendenti civili o militari dello Stato, per quanto riguarda la disciplina del requisito dell'inabilità;

3) é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che conclude per l'infondatezza della questione, in quanto già dichiarata non fondata con sentenza n. 142 del 1984;

Considerato che:

1) come rilevato dall'Avvocatura dello Stato, la questione sotto entrambi i profili dedotti - é stata già esaminata dalla Corte e, con sentenza n.142 del 1984, dichiarata non fondata sulla base delle seguenti considerazioni:

a) il sistema della pensione di riversibilità presuppone un nesso causale fra lo stato di bisogno del figlio inabile ( e non abbiente) e l'evento-morte del genitore. Precisamente, lo stato di inabilità, nullatenenza e bisogno viene in considerazione proprio per via della convivenza, a carico del padre, del figlio maggiorenne, che versi nelle dette condizioni: convivenza interrotta dal decesso del genitore. Alla base della normativa censurata vi é l'evidente esigenza di provvedere immediatamente ai bisogni di chi, pur maggiorenne, gravava, perché non abbiente ed inabile al lavoro, sul genitore defunto: pertanto, il momento in cui devono sussistere gli estremi del beneficio pensionistico é necessariamente quello stesso in cui il figlio perde il sostegno paterno;

b) quanto alla diversa disciplina tra il regime delle pensioni di guerra e quello oggetto di censura sotto il profilo del momento in cui devono risultare soddisfatte le condizioni del trattamento pensionistico i due regimi anzidetti non hanno alcun tratto in comune, che possa giustificare la richiesta declaratoria d'incostituzionalità. La disciplina sottoposta al giudizio della Corte tiene, anzi, opportunamente conto delle caratteristiche finalità che, nell'ambito delle sue previsioni, valgono a distinguere i due ordinamenti pensionistici;

2) le esposte considerazioni valgono anche per le disposizioni della legge n. 46 del 1958 - non oggetto di censura nel giudizio deciso con la citata sentenza n.142/84 - in quanto di contenuto sostanzialmente identico a quello del Testo Unico del 1973; né vengono addotte, nel presente giudizio, argomentazioni diverse che possano indurre la Corte a modificare la detta decisione;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, secondo comma, e 13 della legge 15 febbraio 1958, n.46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato) e dei corrispondenti artt. 82, primo comma, e 86, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092 (Approvazione del Testo Unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento all'art. 3 Cost., sollevata dalla Corte dei Conti con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: LA PERGOLA

Depositata in cancelleria il 7 aprile 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE