Sentenza n.75 del 1987

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SENTENZA N. 75

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del capo I del titolo VII, ivi compreso l'art. 270, del regio decreto 23 maggio 1924 n. 827 (Regolamento per l'esecuzione della legge sulla contabilità generale dello Stato); degli articoli 204 e seguenti del regio decreto 12 febbraio 1911 n. 297 (Regolamento per l'esecuzione della legge comunale e provinciale); del capo IV del titolo II del regio decreto 18 novembre 1923 n. 2440 e successive modificazioni (Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato); e degli articoli 87, 295, 296, 324, 325 del regio decreto 3 marzo 1934 n. 383 e successive modificazioni (Testo unico della legge comunale e provinciale) in riferimento agli articoli 3, 28 e 97, 23 e 53 Cost., promosso con l'ordinanza emessa il 7 giugno 1977 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. Alessio Tubi e il Comune di Giulianova, iscritta al n. 654 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 325 dell'anno 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1986 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 7 giugno 1977 (pervenuta alla Corte costituzionale il 4 settembre 1979) il Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. Alessio Tubi e il Comune di Giulianova ha sollevato d'ufficio "questione di legittimità costituzionale della norma di legge, in motivazione meglio identificata, secondo la quale i debiti pecuniari della pubblica Amministrazione e specificamente dei Comuni diventano liquidi ed esigibili e quindi produttivi di interessi solo alla data di emissione, da parte della stessa P.A., del relativo mandato di pagamento o atto equipollente, anziché alla data che risulterebbe dall'applicazione dell'ordinaria disciplina civilistica in materia e dalle eventuali pattuizioni stipulate fra le parti interessate, per contrasto con gli articoli 3, 28 e 97, 53 e 23 della Costituzione".

Nella parte motiva dell'ordinanza viene richiamata "la disciplina della contabilità dello Stato (e specie la normativa di cui al Capo IV del Titolo II regio decreto 18 novembre 1923 n. 2440 e succ. modif. - articoli 49 a 72 - e quella di cui al Capo I del Titolo VII del relativo Regolamento regio decreto 23 maggio 1924 n. 827 - specie all'articolo 270 -)" dalla quale si evincerebbe "l'esistenza di una norma imperativa di legge in senso formale" secondo la quale i debiti pecuniari della P.A. divengono liquidi ed esigibili e, quindi, produttivi di interessi, soltanto dalla data di emissione dell'ordine o mandato di pagamento o atto equipollente.

Viene altresì rilevata l'applicabilità di detta norma di legge "anche ai debiti degli enti pubblici territoriali, e segnatamente dei Comuni, in forza della normativa riguardante la loro contabilità, richiamante o sostanzialmente riproducente quella relativa alla contabilità dello Stato (cfr.T.U. della legge comunale e provinciale, regio decreto 3 marzo 1934 n. 383 e succ. modif., specie agli articoli 87, 295, 296, 324 e 325; e il relativo Regolamento regio decreto 12 febbraio 1911 n. 297 agli articoli 204 seguenti)".

2. - Oggetto del giudizio a quo é la domanda di condanna del Comune convenuto al pagamento degli interessi legali in favore della società attrice Alessio Tubi; interessi chiesti sulla somma capitale (accertata con sentenza non definitiva) di Lit.136.091.046 - quale prezzo per fornitura di tubi - secondo le decorrenze previste in un documento allegato (doc. 23) e cioè dalla data di ciascuna fattura.

3. - Il Tribunale rileva che la domanda potrebbe trovare sicuro accoglimento qualora la parte convenuta fosse un soggetto di diritto privato (o ente pubblico economico), secondo l'ordinaria disciplina civilistica relativa alla decorrenza degli interessi legali considerati "vuoi come interessi moratori ex art. 1224, primo comma, in rapporto all'art. 1219, secondo comma, n. 3 c.c.; vuoi e più appropriatamente, come interessi corrispettivi ai sensi dell'art. 1282 in rapporto all'art. 1498 c.c. e alla particolare disciplina contrattuale stipulata tra le parti".

Da ciò il contrasto con l'art. 4 Cost. della "norma di diritto amministrativo sopra precisata" ostativa nella fattispecie (trattandosi di un Comune, quale parte convenuta) all'accoglimento della domanda.

4. - La norma impugnata renderebbe "praticamente inoperante la responsabilità dei pubblici funzionari che ingiustificatamente omettano o ritardino l'emissione del mandato di pagamento o atto equipollente" in danno del creditore della P.A., in contrasto con l'art. 28 Cost.

5. - Viene altresì invocato l'art. 97, primo comma, Cost. la cui lesione deriverebbe dal "fatto notorio che, proprio a causa del potere discrezionale praticamente illimitato che la norma amministrativa in esame conferisce ai pubblici funzionari, i medesimi sono agevolati e addirittura psicologicamente incentivati a consumare i più disparati delitti contro la P.A.", (dall'abuso d'ufficio, alla corruzione, alla concussione). Inoltre, gli ingiustificati ritardi nell'emissione dei mandati di pagamento, che la norma consente senza alcuna conseguenza civilistica per la P.A. e per i suoi funzionari, sarebbero fonte di disorganizzazione della P.A.

6. - Infine viene rilevato che in forza della norma impugnata si attuerebbe un vero e proprio finanziamento da parte dei creditori della P.A. (ai quali non spettano gli interessi) nei confronti della medesima, in contrasto con i principi di proporzionalità e progressività di cui all'art. 53 Cost. e con il principio di legalità delle prestazioni di cui all'art. 23 Cost. non essendo la norma "sufficientemente articolata per soddisfare alle esigenze minime irrinunciabili derivanti dall'art. ult. cit".

7. - L'Avvocatura generale dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha depositato una memoria nella quale preliminarmente si considera come il Tribunale non definisca chiaramente il thema decidendum, astenendosi dal qualificare i presupposti e la natura degli interessi in contestazione (moratori ovvero corrispettivi) con la conseguente inammissibilità della questione "perché proposta in astratto".

Inammissibile sarebbe pure l'impugnazione del regio decreto 23 maggio 1924 n. 827 stante la natura regolamentare dello stesso, nonché del regio decreto 12 febbraio 1911 n. 297, ugualmente privo di forza di legge.

"Assolutamente irriducibili al pur ambiguo tema della questione proposta" risulterebbero, poi, le disposizioni degli articoli 87, 295, 296, e 325 regio decreto 3 marzo 1934 n. 383.

Viene infine osservato che "la procedimentalizzazione della spesa pubblica" (capo IV, titolo II, regio decreto 18 novembre 1923 n. 2440 modif.dalla legge 5 agosto 1978 n. 468), "al di là di eventuali disfunzioni in sede applicativa, che non toccano la legittimità dei precetti normativi", risponderebbe funzionalmente alle esigenze di buon andamento della P.A. di cui all'art. 97 Cost.

8. - Il giudizio fissato per la camera di consiglio del 2 luglio 1981 veniva rinviato con ordinanza n. 17 del 1981 alla pubblica udienza, che si é tenuta il 10 dicembre 1986.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza in esame osserva testualmente che i debiti pecuniari della Pubblica Amministrazione "diventano liquidi ed esigibili e quindi produttivi di interessi solo alla data di emissione del relativo mandato di pagamento o atto equipollente, anziché alla data che risulterebbe dall'applicazione dell'ordinaria disciplina civilistica in materia e dalle eventuali pattuizioni stipulate fra le parti interessate".

La relativa norma impugnata sarebbe stata secondo il Collegio remittente "in motivazione meglio identificata" e contrasterebbe con gli articoli 3, 23, 28, 53 e 97 Cost.

In realtà, il giudice a quo si é limitato ad elencare una serie indistinta di disposizioni, senza argomentazioni di sorta attinenti al loro contenuto in relazione al principio che se ne sarebbe inteso ricavare. In particolare, é stata impugnata l'intera "normativa di cui al capo IV del titolo II", tutto il procedimento di spesa cioè (dall'art.49 al 72 e successive modificazioni) contenuto nel regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Amministrazione del patrimonio e contabilità dello Stato); nonché gli articoli 87, 295, 296, 324, 325 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 e successive modificazioni (testo unico della legge comunale e provinciale) relativi alle procedure contrattuali e di gestione delle spese negli enti locali.

Inoltre, viene contestualmente riportata la normazione regolamentare rispettiva e cioè il "capo I del titolo VII del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, specie all'art. 270" nonché "gli articoli 204 e seguenti" del regio decreto 12 febbraio 1911, n. 297.

2. - É evidente l'intento del Tribunale di ritenere enucleabile sic et simpliciter dal complesso delle disposizioni di cui innanzi una norma-principio su di cui potersi esercitare, indi, il sindacato di questa Corte.

Così posta la questione é inammissibile.

Sono senz'altro insuscettibili d'esame, infatti, le disposizioni regolamentari (in punto specifico, la sentenza n. 83 del 1967 per il regolamento della legge comunale e provinciale e la sentenza n. 71 del 1981 per quello di contabilità dello Stato).

Quanto ai contenuti delle disposizioni con forza di legge, la mera e genericamente diffusa impugnazione cui si é fatto or ora cenno non consente di desumere, in alcun modo, il convincimento del remittente e meno che meno - in base a questo - il principio normativo su cui appuntare esame ed eventualmente censura.

Invero, come chiaramente risulta, siffatti contenuti altro non costituiscono che il compendio normativo dei procedimenti (di spesa) della Pubblica Amministrazione; talché neppure può rilevare, in alcun senso, che - in tempi successivi all'ordinanza - siano intervenute talune riforme strutturali per l'ammodernamento di questi procedimenti (legge 5 agosto 1978, n. 468), con l'abrogazione espressa - tra l'altro - dell'art.49 regio decreto n. 2440/1923, con cui si dà inizio alla seriazione sospettata di illegittimità costituzionale.

Tutto ciò prescindendo dalla ulteriore considerazione che il Collegio remittente - come rileva l'Avvocatura dello Stato nei confronti dell'astratta, palmare genericità dell'ordinanza - non fornisce il benché minimo elemento circa la specie di interessi in contestazione, onde poterne in apice radicare la rilevanza concreta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del capo I del titolo VII, ivi compreso l'art. 270, del regio decreto 23 maggio 1924 n. 827 (Regolamento per l'esecuzione della legge sulla contabilità generale dello Stato); degli articoli 204 e segg. del regio decreto 12 febbraio 1911 n. 297 (Regolamento per l'esecuzione della legge comunale e provinciale); nonché del capo IV del titolo II del regio decreto 18 novembre 1923 n. 2440 e successive modificazioni (Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato); degli articoli 87, 295, 296, 324, 325 del regio decreto 3 marzo 1934 n. 383 e successive modificazioni (Testo unico della legge comunale e provinciale), sollevata dal Tribunale di Torino con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli articoli 3, 28 e 97, 23 e 53 Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 5 marzo 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE